E' una notizia del 03 agosto 2011.
Il giudice accoglie la richiesta della donna: l'uomo potrà decidere in sua vece di negare il consenso ai farmaci salvavita se la situazione sarà senza speranza.
«Voglio che mio marito possa negare il consenso alle emotrasfusioni e ad altre terapie volte a protrarre artificiosamente la mia vita laddove i medici ritengano che la mia situazione sanitaria sia senza speranza». E’ questa la frase con la quale una donna di 48 anni di San Polo di Piave, nel Trevigiano, ha chiesto e ottenuto che il marito diventasse il suo «testamento biologico» vivente. Il caso, reso noto in un convegno di biotica di maggio, è tornato al centro della cronaca. La donna, testimone di Geova e ammalata di sclerosi multipla da vent’anni, aveva scritto le sue volontà nel 2007. Poi, tra dicembre dello scorso anno e gennaio, si è dovuta operare: una tracheotomia. Durante la convalescenza, ha chiesto e ottenuto di essere sentita dal giudice civile Clarice di Tullio direttamente in ospedale, proponendole un ricorso per ottenere che il marito diventasse il suo «amministratore di sostegno», una figura giuridica che può compiere degli atti al posto dell’altra persona: si usa spesso con gli anziani in casa di riposo o coi disabili fisici che non possono muoversi. Il giudice trevigiano ha motivato il proprio assenso con un dispositivo, che ha ottenuto il parere favorevole anche della procura di Treviso, e che è stato giudicato «motivato, articolato, condivisibile e giuridicamente ineccepibile» da parte dalla dottoressa Valeria Castagna, che veste il ruolo di presidente del tribunale di Treviso nell’assenza del dottor Giovanni Schiavon. La donna, che ha superato l’operazione e ed è in grado di intendere e di volere, a questo punto prosegue la sua vita normalmente. Qualora dovesse perdere conoscenza e si dovesse decidere sul suo destino, sarà il marito a dover decidere al posto suo e la sua volontà, almeno stando alla legislazione vigente, non dovrebbe essere modificabile.
Fonte
Mauro