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La politica: proviamo a leggere la Bibbia

Ultimo Aggiornamento: 20/02/2012 16:55
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16/02/2012 19:37
 
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Alcuni tratti:

Parto da un primo riferimento biblico, la lettera a Diogneto.
E' uno dei primi scritti esistenti, siamo nella seconda metà del II° secolo. La lettera a Diogneto fa parte dei più suggestivi documenti della letteratura cristiana che appartiene ai cosiddetti "Padri apostolici". Il documento è un breve scritto che un ignoto cristiano rivolge ad un amico, per spiegare e difendere la fede cristiana. In sintesi la lettera dice: "I cristiani non si differenziano dal resto degli uomini, nè abitano città particolari. Partecipano a tutte le attività di buoni cittadini e accettano tutti gli oneri. Vivono nel corpo, ma non secondo il corpo. Trascorrono la vita sulla terra, ma la loro cittadinanza è quella del cielo.
Obbediscono alle leggi stabilite, ma con il loro modo di vivere sono superiori alle leggi. Sono poveri, ma arricchiscono molti. In una parola i cristiani sono nel mondo quello che è l'anima nel corpo. L'anima abita nel corpo, ma non proviene dal corpo; anche i cristiani abitano in questo mondo, ma non sono del mondo". Questo riferimento costante a essere nella città nel mondo ma non del mondo, quindi questo senso di appartenenza, questo partecipare alla vita sociale e politica della città è sempre stato presente all'interno della Chiesa, fin dai primi secoli. Don Mimmo Natale mette in risalto il riconoscimento della regalità di Dio, come creatore......

Prendiamo un secondo riferimento biblico, quello sul potere, lo prendiamo da quel famoso discorso di Gesù con Pilato, lo troviamo nel Vangelo sec. Giovanni al cap. 19. Dopo la flagellazione di Cristo, Pilato non ravvedendo in Lui nessuna colpa, fa l'ultimo tentativo di salvarlo e dice: "Perché non rispondi, non sai che ho il potere di metterti in libertà e il potere di metterti in croce"? Gesù risponde: "Tu non avresti nessun potere su di me, se non ti fosse stato dato dall'alto". Gesù si sottomette al potere dell'uomo ma ricorda, all'uomo che va a gestire il potere, all'uomo che va a governare, che chi governa non è il padrone assoluto e che il potere è un servizio non è un diventare Dio in persona. Ecco un'altro fondamento ontologico del comportamento umano, che dimostra proprio quanto veramente fede e politica sono più strettamente correlati di quanto si pensi. Facciamo un altro accenno veloce al rapporto Chiesa/Stato......

Nel libro dell'apocalisse s'attesta chiaramente la degenerazione del politico. Don Rocco d'Ambrosio la sottolinea benissimo nel suo libro "La vigna di Nabot". Fa una riflessione proprio sulla degenerazione della politica che diventa proprio la peste apocalittica, ma il libro dell'apocalisse non racconta la fine del mondo, non racconta come sarà la fine del mondo! Racconta come è la fine dei mondi quando la politica e il governo degenera e produce delle storture. E' un racconto dei tempi di crisi, dei tempi di grande difficoltà, dove sembra che arrivi la fine del mondo. In realtà il libro dell'apocalisse
è un libro di speranza, un libro che evidenziando le storture, indirettamente ci riporta alla prospettiva giusta del vivere sociale. Però il rischio della degenerazione c'è tutto. Ecco su questi tre pilastri: la relazione come atto d'amore e come partecipazione alla vita sociale, il potere come servizio e il rapporto Stato/Chiesa come autonomia relazionale, ci possiamo chiedere: che cosa possiamo fare noi? Qual è il nostro ruolo concreto? La fede che cosa può dire alla politica? Come si esprime di fatto nella vita di oggi? La fede non è solo ortodossia! Non è solo un credere a dei principi, a dei dogmi, ma questa ortodossia deve tradursi in ortoprassi....

www.gioiadelcolle.info/2009/08/22/la-politica-proviamo-a-leggere-la-bibbia-capitol...
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19/02/2012 22:45
 
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i tdg cosa dicono?
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apaarte alcuni versetti, di dare a cesare quel che di cesare e il brano che dio ha costituito un governo sulla terra che "comandi" fino al suo ritorno quali sono gli altri brani da leggere?
e con tutto questo si può dire che Gesù non ha mai parlato di politica?

La prima definizione di "politica" (dal greco πολιτικος, politikós) risale ad Aristotele ed è legata al termine "polis", che in greco significa città, la comunità dei cittadini; secondo il filosofo, "politica" significava l'amministrazione della "polis" per il bene di tutti, la determinazione di uno spazio pubblico al quale tutti i cittadini partecipano

Il vocabolo politica è un derivato dell’aggettivo politico, parola colta che proviene a sua volta dal latino politicus.
Politicus deriva dal greco politikos, alla cui radice è polis, cioè città intesa come prodotto e culla della cultura classica, con riferimento ad Atene.

Polis proviene da un’antica base indoeuropea presente, ad esempio, anche nel sanscrito pur, un vocabolo che ritroviamo nella denominazione di Singapore, che vuol dire città dei leoni.

Nell’antica Grecia polis divenne il termine con cui si indicava la città come stato autonomo, che all’epoca era l’organizzazione politica del Paese.

Da polis proviene polites - cioè il cittadino, nel pieno dei suoi diritti e dei suoi doveri, contrapposto allo schiavo e allo straniero - e da polites ha avuto origine l’aggettivo politikos, con il valore iniziale di tutto ciò che appartiene ai cittadini.

Poiché la città coincideva con lo Stato, politikos acquistò il significato di ciò che è relativo allo stato, o pubblico, e con politike tekhne si intendeva l’arte e la scienza delle cose pubbliche, cioè del governo.

Probabilmente il filosofo greco Platone è il primo autore che ha utilizzato il termine politica in questa accezione.

Politica è un vocabolo di fondamentale importanza nella tradizione della democrazia occidentale, e la storia di questo termine rispecchia emblematicamente quella dei popoli e delle idee che sono alla base della civiltà europea.

La parola politica entra infatti nella nostra lingua nel Duecento, nel momento in cui nei grandi Comuni italiani gli intellettuali si interrogano sulle modalità dell’organizzazione del potere statale nelle loro città.

Sul finire del XIII secolo, Brunetto Latini definiva la politica la scienza e l’arte di governare lo stato.

Anche l’aggettivo politico compare nella lingua italiana nel Duecento, mentre politico come sostantivo riferito ad una persona è più recente.

Locuzioni quali economia politica e scienze politiche risalgono all’Illuminismo e alla Rivoluzione Francese, quando tutti i termini legati a questa sfera hanno assunto il loro valore attuale.

Ancora oggi nel linguaggio comune, con politica ci si può riferire alla linea di condotta di un singolo, ad esempio in espressioni come scegliere la politica sbagliata, e si può parlare della politica di un’azienda o di politica editoriale.

Ma l’uso più comune del vocabolo si collega a quanto si compie per indirizzare l’azione dello stato nei vari settori.

La politica può essere interna, estera, finanziaria; oppure si può parlare di politica dei prezzi, dei salari e di politica pensionistica.

In una Repubblica democratica come quella italiana tutti possono partecipare attivamente all’organizzazione politica del Paese attraverso i partiti: al contrario di ciò che avviene nelle dittature, fare politica e parlare di politica è possibile non soltanto per coloro che sono politici di professione ma per ogni cittadino.

www.educational.rai.it/lemma/testi/politica/politica.htm
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