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Intervista al Dalai Lama

Ultimo Aggiornamento: 21/03/2012 09:10
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ascoltate cosa dice dal minuto 9, riguardo al fatto che molte persone si convertono al buddismo..

[SM=g9508]
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Il Dalai Lama in Italia: «Conversioni europee al buddhismo? Meglio di no»
Martedì 05 Febbraio 2008 06:00
«Ho 72 anni e mi sento abbastanza bene. Ho una mente tranquilla. Ma questa tranquillità mentale non mi ha fatto ancora ricrescere i capelli...». Non rinuncia mai a una battuta Tenzin Gyatso, il XIV Dalai Lama, e i suoi occhi si fanno fessura. Il Palasharp di Milano è gremito. E le oltre 9 mila persone, accorse qui per la tre giorni di lezioni dal titolo "La via della pace interiore" (7-9 dicembre 2007), sono silenziose e attente. A quel punto, la massima autorità religiosa del Tibet torna al tono serio: «Quella che mi accingo a trasmettervi è la pratica di una vita. Non ho una mente di illuminazione, ma aspiro a ottenerla. Trasmettere questi insegnamenti è ciò che dà significato alla mia esistenza». Ecco alcune delle domande, alle quali il Dalai Lama ha risposto al termine dell’incontro.

• In una recente intervista, lei ha dichiarato che potrebbe reincarnarsi in una donna, se sarà più utile, e che la reincarnazione femminile è la più alta possibile. Perché preferirebbe questa forma?
«Perché le donne sono più attraenti... (ride forte)».

• Non esclude nemmeno che la reincarnazione avvenga mentre lei è ancora in vita...
«Tutto è possibile. Anche un mio maestro sosteneva che ci fosse questa eventualità».

L’interesse nei confronti del buddhismo sta crescendo ovunque. Qual è la sua opinione riguardo alle conversioni?
«È consigliabile che ognuno rimanga nella propria tradizione. Chi si converte, rischia la confusione. Ricordo un’amica polacca che, nel corso della vita, si era convertita al buddhismo; quando arrivò in punto di morte, sentì di doversi rivolgere al Creatore. Dunque? Era confusa. Al contempo, ognuno deve poter prendere dalle altre religioni gli strumenti che lo aiutano a sviluppare alcune qualità: ad esempio, chi pratica la meditazione, sa quanto questa aiuti a essere compassionevoli».


• Lei ha detto: «La compassione non è qualcosa di religioso. Piuttosto è qualcosa di biologico».
«Sì. Io stesso l’ho sperimentato: il primo seme di compassione mi è stato trasmesso da mia madre, e non dal buddhismo. La pace interiore deriva dalla compassione: un valore laico che si comunica tramite l’educazione, e che dovrebbe essere insito nella società moderna e invece non lo è. Gandhi stesso credeva che fosse necessario un grande rispetto nei confronti dei fedeli di tutte le fedi, compresi i non credenti».

• Le fedi hanno filosofie differenti. È un problema?
«Questo poco importa. Importa invece cosa si fa nel presente e come si costruisce il futuro; importano i "punti di comunione", più che i fossati che ci separano. Solo da un costante sforzo per promuovere la conoscenza nasce poi il reciproco rispetto».

www.consolata.org/imc/news/3049.html
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Passato e presente Febbraio 2012

Tutti noi abbiamo un passato.
Alcuni di noi respirano nel presente, ma vivono nel passato e ciò è in contrasto con il messaggio del Buddha, che ci esorta invece a considerare solo il ‘qui e ora’.

La maggior parte di coloro che si avvicinano al Buddhismo ha alle spalle toccanti o drammatiche esperienze personali. Solo una minima parte arriva al Buddhismo per altri motivi. Nonostante questo però tutti tendiamo a vivere nel passato e il nostro presente è vincolato dalle nostre esperienze passate. Verrebbe allora da chiedersi: ‘Ma allora quand’è che il nostro passato diventa passato? Se il passato guida il presente, allora non è passato, ma è presente.’ Alla luce di questo, quale risposta diamo a questa domanda?

Fatti i dovuti calcoli risulta che noi non viviamo mai il presente: in ogni frangente della nostra vita volgiamo la testa indietro o avanti e, a seconda di ciò che vediamo, agiamo. Non pensare al futuro ci appare incoscienza e non basarci sul nostro passato ci appare pazzesco, o pazzia. In effetti non considerare né il passato né il futuro a priori, può apparire effettivamente così, ma il punto è l’importanza che noi diamo sia al passato che al futuro. Nella realtà conosciamo soltanto il passato e questo ci porta a pensare che tutto dipenda da noi, dalle nostre capacità, dalla nostra razionalità, dal nostro ‘grado evolutivo’. Ma allora se siamo convinti di questo, perché ci siamo avvicinati al Buddhismo, e soprattutto perché ci siamo avvicinati ad una religione? Domanda questa a cui è complicato rispondere.

Quale senso ha tutto questo? Quale senso ha il nostro comportamento abituale? Quanto la nostra pratica del buddhismo si limita all’invocazione delle parole del Buddha e alle preghiere? Nella nostra vita nel mondo quanto c’è della parola del Buddha? Qual è il nostro atteggiamento nei confronti di tutto ciò che ci circonda? Questo che sto facendo rispecchia in qualche modo l’insegnamento del Buddha o è frutto soltanto delle mie aspirazioni o delle mie esperienze passate? Quanto ci interessa davvero stare bene e cosa siamo disposti a dare di noi stessi per questa causa? Queste sono domande che ognuno di noi dovrebbe porsi, specialmente in quei momenti in cui ci rendiamo conto che siamo forse troppo indulgenti con noi stessi. Dovremmo essere coscienti quindi che spesso tendiamo a praticare più una nostra religione anziché il buddhismo.

In ogni frangente della vita dovremmo chiederci: ‘Cosa farebbe il Buddha al mio posto?’

Certamente il Buddha viveva in un’epoca diversa dalla nostra e lo sappiamo bene, ma sappiamo anche che il suo insegnamento ha colpito e colpisce tuttora milioni di persone sul nostro pianeta! Conosciamo bene l’attualità del messaggio del Buddha ed è per questo che abbiamo deciso di seguirla, ma la seguiamo veramente? Quanto ci sforziamo di seguirla? Quanto tendiamo a manipolarla fino a plasmarla alla nostra vita? Questo dovrebbe farci riflettere.
Il passato ci serve per comprendere il presente, non per viverlo al nostro posto. Il futuro allo stesso modo è qualcosa di troppo incerto per poterci basare le nostre esistenze.

Il buddhismo ci insegna che per arrivare alla meta non bisogna preoccuparsi della meta stessa, ma di ogni singolo passo che intercorre fra noi e la meta, fra noi e il nostro obiettivo. Per fare un esempio si potrebbe dire che se noi camminando, considerassimo soltanto ciò che è di fronte a noi, ad una distanza di 4-5 metri, potremmo incorrere nello spiacevole inconveniente di inciampare in qualcosa posto ad una distanza inferiore! Per questo, per arrivare dove abbiamo deciso di andare, dobbiamo preoccuparci di ogni singolo passo, di dove mettiamo i piedi. Allo stesso modo per conquistare la nostra serenità dobbiamo preoccuparci di ogni singolo momento, e di ogni singolo giorno che compone la nostra vita. In questo modo avremo davvero la certezza che non abbiamo perso la direzione nel corso del tempo. Se noi ci preoccupiamo di seguire solo la direzione finiremo per inciampare in qualcosa di molto più vicino a noi: il nostro ego, la nostra inadeguatezza, la nostra debolezza e cose di questo genere.

Alla guida di un Sangha vengono sempre poste molte domande, si potrebbe anche dire che viene fatta richiesta di molte risposte.
Nella meditazione di oggi ho voluto portare delle domande anche io, delle domande che ritengo ci si debba porre per non perdere il contatto con la realtà. Siamo tutti ben predisposti alla critica e questa nostra particolare caratteristica spesso si trasferisce anche nei confronti dell’insegnamento del Buddha, considerandolo a volte obsoleto, arrivando a pensare anche che le nostre preghiere non siano ascoltate da nessuno. Siamo come dei malati che criticano la cura data dal dottore senza averla mai provata. Questo può far sorridere, ma pensate a quanto c’è di vero in questo.

Imparare a praticare gli Insegnamenti del Buddha nella nostra vita, questa è la nostra meta, che tendiamo però a perdere di vista ogni volta che ci alziamo dall’altare e cominciamo a vivere. L’invocazione delle parole del Buddha, dei mantra e delle nostre preghiere recano in sé innumerevoli meriti - come ci viene descritto dal Buddha nel Sutra del Loto. Ma nel Sutra si dice anche di vivere secondo i suoi insegnamenti, secondo gli insegnamenti racchiusi nel Sutra stesso senza interpretazioni personali o adattamenti, perché soltanto allora potremmo asserire di praticare gli insegnamenti del Buddha. Potremmo quindi dire di aver fatto la nostra cura e di essere sotto cura del Buddha.
Il Sutra del Loto è realmente una guida per la nostra vita di tutti i giorni, ma fin quando non comprendiamo davvero quale sia l'atteggiamento giusto per studiare ogni singolo capitolo, studiare non ci porterà a nessun risultato. Ogni volta che leggiamo un capitolo del Sutra del Loto, dovremmo fare bene attenzione anche alle singole parole usate, perché dietro spesso si nascondano i vari “segreti”. Chiediamoci cosa ci vuole dire il Buddha con questo Insegnamento. Chiediamoci cosa possiamo fare noi per vivere quel determinato Insegnamento e sopra ad ogni cosa, cosa possiamo fare per portare questo Insegnamento alle persone che ci circondano. Il più grande errore è quello di considerare solo la meta senza tenere in considerazione il modo con cui ci arriviamo. Bisogna essere disposti a sacrificare la meta se questa ci porta ad accettare compromessi di ordine morale. Praticare il Sutra del Loto è praticare l'umiltà giorno per giorno, è chiedersi se si è davvero umili, se si è stati umili. Il Sutra del loto non è distante dalla nostra vita e la nostra comprensione dello stesso è subordinata a quanto noi lo consideriamo vicino a noi. Incontro spesso persone che si vogliono avvicinare al percorso che noi di Hokke Shoshu percorriamo e spesso sono persone che hanno praticato il Sutra del Loto soltanto davanti ai loro altari, ma raramente si incontrano persone che lo hanno praticato nella loro vita. Persone che da molti anni, dieci, venti e più anni hanno studiato il Sutra del Loto come libro, ma il Sutra non è un libro, rappresenta la voce santa del Buddha e finché noi non comprendiamo questo sarà e resterà solo come un fumetto! Spesso quando si ha la fortuna di accorgersi di questo, nasce in noi il desiderio di ricominciare, e ci sentiamo sereni, ma dopo poco scatta la presunzione e allora tendiamo a considerare tutto alla luce di ciò che sappiamo o crediamo di sapere. Questo non è ricominciare, ma solo percorrere una strada parallela a quella che abbiamo percorso per tanti, troppi anni. Sono davvero poche le persone che realmente incominciano, che realmente sono disposte a mettersi nelle mani di una guida, probabilmente perché a loro volta lo sono stati anche loro, ma la strada che indicavano era sbagliata e anche se hanno ricominciato da capo continuano, sbagliando, a sentirsi ancora guide e questo gli impedisce di crescere, di raggiungere ciò che davvero desiderano: la serenità. Incontro spesso persone così, e mi fa male riconoscere che basterebbe che si accorgessero di questo maligno errore, per voltare davvero pagina e godere dei benefici della fede. Non riuscire a comprendere però come dicevamo, non è e non deve essere una colpa. Il compito di una guida non è altro che quello di indicare l'inghippo, ma indicarlo è difficile, perché dentro ad ognuno di noi l'orgoglio danza come le foglie d'autunno ed è difficile fermare la musica, specie quando si è fra quelli che si è guidato. Allora ci vuole amore, per ascoltare, fiducia in chi ci parla e si deve pregare davvero con il cuore per riuscire a sedersi e ascoltare anche quando l'entusiasmo dei primi giorni tende ad affievolirsi, perché è difficile ammettere di aver sbagliato, specie quando non si comprende che lo si è fatto in buona fede. Ecco, dove dovremmo prendere la forza, dalla nostra buona fede, allora comprenderemmo che tutto non è perso, che la nostra esperienza ci servirà, che tutto ciò che dicevamo, che insegnavamo se messo nella giusta ottica può essere davvero di grande aiuto alle persone. Questo davvero dovremmo comprendere, e il Sutra del Loto ci parla di tutto questo. I discepoli presenti alla grande adunanza anche loro credevano di aver compreso, anche loro erano guide, ma il Buddha li ha guidati ad una nuova comprensione. Quando il Buddha ha incominciato a predicare il Sutra del Loto tutti coloro che credevano di aver capito e che non ci fosse più nulla da capire, o che non sono riusciti a comprendere ciò che dicevamo prima, si sono alzati e hanno lasciato l'assemblea. Ora sta a noi decidere a quale gruppo appartenere.
Abbiate cura di voi.
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