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I FONDAMENTI DEL CRISTIANESIMO - PREMESSA.

Ultimo Aggiornamento: 24/07/2010 00:13
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I DONDAMENTI DEL CRISTIANESIMO - CAP.V Parte I
I FONDAMENTI DEL CRISTIANESIMO
Capitolo 05
La storicità della risurrezione.
Le interpretazioni dei documenti
INDICE
In questo capitolo vedremo:
- come sono stati interpretati nei secoli i racconti della risurrezione
Presenteremo le interpretazioni:
- degli ebrei non cristiani
- della scuola critica
- della scuola mitica
- della scuola tradizionale
1. Il problema: la storicità dei racconti
1. Abbiamo visto che nei documenti antichi riguardanti la risurrezione di Gesù, sono emerse due opinioni
contrastanti:
- un gruppo notevole di documenti (quelli cristiani) dice che Gesù è risorto; però in essi, ci sono, quanto
ai fatti, convergenze di fondo, ma anche notevoli divergenze e contraddizioni;
- altri documenti (quelli ebraici) dicono che i cristiani hanno rubato il cadavere di Gesù ed hanno
ingannato la gente dicendo che Gesù era risorto.
2. Ora, chiunque si ponga seriamente il problema della realtà della risurrezione dovrà valutare
l'attendibilità dei documenti per dare un giudizio di storicità:
- positivo, ove attribuisca maggior peso alle convergenze;
- negativo, ove ritenga maggiormente probanti le varie divergenze e contraddizioni.
* Nel primo caso si dovranno spiegare le divergenze esistenti fra i documenti (tutti affermanti il
medesimo fatto); nel secondo invece sarà necessario spiegare non solo le concordanze, ma soprattutto
come sia sorta l'idea della risurrezione di un uomo-Dio tra ebrei così estranei ad ogni tentazione di
associare all'unico e trascendente Jhwh un qualsiasi uomo, foss'anche Mosè.
3. Il giudizio di storicità non si dà in base ai testi, ma in base al modo di interpretarli, per il quale è
implicata la propria esperienza di vita.
Tutto questo forma il delicato problema della precomprensione del testo: ad un testo si arriva già con
precedenti esperienze di vita che ne condizionano la lettura e l'interpretazione.
4. Una cosa, comunque, è chiara: soltanto una delle due affermazioni è storicamente vera e cioè
- o Gesù è risorto
- o Gesù non è risorto.
Ma quale delle due? In altri termini:
- o è stata la prima comunità cristiana a creare, magari in buona fede, la risurrezione che poi
ha predicato come fondamento del cristianesimo;
- o è stata la risurrezione - fatto reale - a riunire i discepoli, che la morte di Gesù aveva disperso
e a dare inizio alla comunità.
Qual è la causa e quale l'effetto?
Per capire meglio l'argomento e per poter fare una scelta a ragion veduta, è bene conoscere le risposte
che lungo i secoli furono date al problema.
Ecco, perciò, la necessità delle informazioni che seguono.
NOTA BENE: Questo corso è organizzato in capitoli che hanno una logica interna. Consigliamo perciò di leggerli in ordine progressivo.
2
2. Le interpretazioni dei documenti
I testi sulla risurrezione di Gesù furono letti prima di noi da molti, che ne diedero interpretazioni assai
diverse.
Nessuna meraviglia! Che un morto sia tornato in vita è, non diciamo impossibile, perché non sappiamo
che cosa nella storia sia possibile o impossibile, ma almeno contrario alla nostra esperienza ordinaria.
E perciò la risurrezione è un fatto difficile da accettare.
Tuttavia, leggendo i documenti, si ha l'impressione che i testimoni la raccontino come un fatto reale.
Come devono essere giudicati i primi cristiani che si sono presentati come testimoni oculari della
risurrezione1: credibili o non credibili?
Presentiamo in sintesi il quadro delle interpretazioni date lungo i secoli:
LA RISURREZIONE DI GESÚ E’:
* solo un racconto, fatto dai seguaci di Gesù
- in malafede: hanno rubato il cadavere ed hanno ingannato la gente [Ebrei non cristiani]
- in buona fede: si sono ingannati
- nel valutare i fatti che hanno visto [Scuola Critica]
- nell'interpretare le parole degli apostoli [Scuola Mitica]
* un fatto reale [Interpretazione tradizionale]
A) Interpretazioni contrarie alla storicità
Se non si vuole accettare la testimonianza dei primi cristiani nel suo senso più immediato e, a prima
vista, ovvio, allora bisognerà trovare una spiegazione plausibile alla testimonianza stessa. Due possono
essere le spiegazioni:
- o erano in malafede e quindi hanno inventato tutto,
- o erano in buona fede e quindi hanno raccontato la risurrezione come un fatto, ma, in realtà, il
fatto non è successo: semplicemente si sono sbagliati.
1. La malafede dei primi cristiani
L'affermazione della malafede dei primi cristiani è stata fatta da alcuni ebrei (ovviamente n on cristiani)
almeno a partire dall'80-85: "I discepoli di Gesù hanno rubato il suo cadavere ed ingannato la gente
dicendo che era risorto dai morti" (cfr. Mt 27-28, Giustino e i Talmùd ebraici).
2. La buona fede dei primi cristiani
L'ipotesi della malafede dei primi cristiani contrasta col loro comportamento. Resta difficile infatti
accettare che queste persone abbiano avuto il coraggio di testimoniare con la morte un'affermazione che
sapevano falsa.
Tuttavia qualcuno può obiettare che è anche possibile che alcuni apostoli fossero in malafede (i 2-3
asportatori del cadavere) e tutti gli altri (quelli che si sono fatti uccidere per le loro convinzioni) invece
siano stati ingannati da questi 2 o 3.
Questo è possibile, ma a supporto di questa ipotesi non abbiamo alcun documento.
Accettata la buona fede dei testimoni, sorge allora il problema:
come può avvenire che delle persone in buona fede raccontino cose non successe?
I pensatori che hanno tentato di rispondere a questa domanda si possono raggruppare in due grandi
gruppi o scuole, sempre ricorrenti nella storia, dette rispettivamente:
scuola critica e scuola mitica.
1) Scuola critica o razionalista
a) L'origine del problema e la risposta dei razionalisti
Che i racconti evangelici contengano contraddizioni, non è cosa che scopriamo noi oggi: già nell'antichità
vari pensatori, anche cristiani, si erano interrogati sul problema. Valga per tutti l'esempio di
sant'Agostino, che circa nel 400 d.C. scrisse un trattato, intitolato De consensu evangelistarum, il cui
scopo era dichiaratamente quello di dimostrare che le contraddizioni contenute nei vangeli erano solo
apparenti e non turbavano il consenso di fondo dei racconti.
1 A ben guardare gli apostoli non dicono di aver visto Gesù risorgere, ma di averlo visto risorto dopo la sua morte. Gli
apostoli perciò non si presentano come testimoni della risurrezione, ma come testimoni del Risorto.
Corso sui Fondamenti del Cristianesimo – Capitolo 5 di 12
3
Sulla questione si tornò a discutere con maggiore consapevolezza scientifica a p artire dal '700, quando
numerosi autori, cui si dà il nome di razionalisti, riproposero il problema della storicità dei vangeli sulla
base di una minuziosa analisi critica dei medesimi, condotta in opere spesso intitolate Vita di Gesù. Gli
autori di tendenza razionalistica operarono tra il '700 e l' '800, in un'epoca in cui i grandi progressi nel
campo delle scienze "esatte" (matematica e fisica) e delle scienze naturali (chimica, biologia, medicina)
avevano generato negli intellettuali dell'epoca due convinzioni:
1) l'infallibilità della retta ragione
Poiché i progressi scientifici sono il risultato dell'applicazione della ragione a vari campi di ricerca, i
razionalisti conclusero che la ragione, se usata bene (= retta), conduce l'uomo al pieno possesso della
verità;
2) l'inviolabilità delle leggi di natura
La ragione umana aveva dimostrato che il mondo è retto da leggi ferree, eterne, immutabili, che valgono
sempre ed ovunque e non possono essere infrante senza compromettere l'ordine del mondo.
Da queste due convinzioni, essi fecero derivare due corollari:
i) la negazione del soprannaturale, dimensione di cui l'uomo non ha esperienza e su cui, pertanto, nulla
può dire di sicuro. Il soprannaturale o non esiste, o, se anche esiste, non interferisce comunque
assolutamente con la realtà dell'uomo;
ii) la negazione del miracolo: esso, infatti, è un'eccezione alle leggi di natura, per definizione inviolabili.
Pertanto esso è impossibile e, se anche viene raccontato, non può essere accaduto. Il miracolo era
credibile solo a motivo dell'ignoranza delle leggi scientifiche e dell'assenza di spirito critico degli antichi.
Valga ad illustrazione di queste idee questo passo di Reimarus (1694-1768):
"L'unico miracolo di Dio è la creazione. Ulteriori miracoli sono impossibili, perché sarebbero correzioni o
mutamenti ad un'opera che, per essere uscita dalle mani di Dio, deve considerarsi perfetta.
Dio non può volere che l'immutabile conservazione del mondo nella sua totalità. Quindi, se i miracoli sono
impossibili, è impossibile anche una rivelazione soprannaturale che sarebbe essa stessa un miracolo"
(Trattato delle principali verità della religione naturale).
L'applicazione di questi criteri alla lettura dei vangeli produce risultati facilmente prevedibili. Là dove essi
parlano di miracoli, è intervenuta la fede degli evangelisti, che ha deformato la storia. Il compito dello
storico è, pertanto, quello di eliminare dai testi l'elemento fideistico (storia sacra), per ricostruire i fatti
come si sono svolti realmente (storia vera).
Valga ad illustrazione di queste idee questo passo tratto dal dramma Processo a Gesù di Diego Fabbri
(1955):
"Quel miracolo collettivo raccontato un momento fa da Pietro il pescatore (la moltiplicazione dei pani -
ndr), potrebbe essere contestato in cento modi, con cento argomenti. Era una turba, ci ha detto, una
turba numerosa... Ma quale turba? Quanti potevano mai essere? E chi ci dice che ognuno non avesse la
sua brava provvista com'è solita fare la povera gente quando parte per un viaggetto? L'involto, il
cartoccio, la sporta... E quel po' di provvista che tutti avevano fu messo in comune, e bastò a tutti! I
pochi pani e i pochi pesci erano quel che avevano i discepoli. In fondo, ognuno dovette mangiare col
proprio! Dov'è il miracolo? (...) Io non invento. Interpreto. Do spiegazioni logiche, razionali".
Ciò che secondo i razionalisti vale per tutti i miracoli, vale anche per il miracolo per eccellenza, ossia per
la risurrezione. Essa è per loro un semplice racconto, privo di ogni fondamento storico, che può esser
nato:
- o da una vera e propria frode degli apostoli, i quali, per non esporsi al ridicolo dopo la morte di Gesù,
che segnava la fine delle loro ambizioni terrene, trafugarono nottetempo il suo cadavere, diffondendo poi
la notizia della risurrezione.
Questa accusa, già mossa ai cristiani dai capi ebrei, fu ripresa dal Reimarus, primo autore a sottoporre i
vangeli al vaglio della ragione.
- o da un errore degli apostoli, che, pur in buona fede, avevano sbagliato nell'interpretare i fatti (morte
vera di Gesù, sepolcro vuoto, apparizioni) da cui avevano dedotto la risurrezione.
Come esempio, si vedano questi due brani di Ernest Renan:
* "La domenica mattina le donne si recarono di buon'ora al sepolcro; prima fu Maria di Magdala. La pietra
dell'apertura era spostata e il corpo non era più nel luogo dove era stato riposto. Nel medesimo tempo, in
mezzo alla comunità cristiana si diffusero le voci più strane. Il grido: 'Egli è risorto!' sorse tra i discepoli
come un lampo. A tanto l'amore persuase facilmente di prestar fede.
Che era avvenuto? Esamineremo questo punto narrando la storia degli apostoli, e indagheremo l'origine
delle leggende relative alla risurrezione. La vita di Gesù finisce per lo storico con il suo ultimo respiro; ma
NOTA BENE: Questo corso è organizzato in capitoli che hanno una logica interna. Consigliamo perciò di leggerli in ordine progressivo.
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nel cuore dei discepoli e di alcune devote amiche egli aveva lasciato una tale orma di sé, che per varie
settimane fu vivente e consolatore per essi.
Era stato rapito il suo corpo? L'entusiasmo, sempre credulo, fece sorgere più tardi quell'insieme di
racconti, con i quali si cercò di stabilire la fede nella risurrezione? Mancandoci documenti contraddittori lo
ignoreremo sempre. Notiamo tuttavia che la forte immaginazione di Maria di Magdala ebbe in questa
circostanza una parte capitale. Potenza divina dell'amore! Momenti sacri, in cui la passione di
un'allucinata risuscita un Dio al mondo!" (Vita di Gesù, tr. it., 1975, I corvi, p. 240).
* "Il gruppo principale dei discepoli era appunto allora adunato intorno a Pietro. Era notte fonda. Ognuno
comunicava le sue impressioni, e ciò che aveva udito dire: la credenza generale era che Gesù fosse
risuscitato.
All'entrare dei due discepoli (quelli di Emmaus - ndr), gli altri si affrettarono a parlar loro della "visione di
Pietro". Quelli, d'altra parte, n arrarono quello che era avvenuto loro per via e come l'avevano riconosciuto
dal modo di spezzare il pane. La fantasia di tutti si trovò vivamente accesa. Le porte erano chiuse, sia per
timore dei Giudei, sia perché le città orientali sono mute dopo il tramonto; il silenzio quindi era in certi
momenti profondo nell'interno; ogni lieve rumore che si produceva per caso, era interpretato nel senso
dell'aspettazione universale. L'aspettazione suol creare il suo oggetto. Durante un momento di silenzio,
qualche lieve soffio passò sul volto degli astanti. In quelle ore decisive, una corrente d'aria, il cigolìo di
una finestra, un fortuito mormorìo fermano per secoli la credenza dei popoli. Insieme al soffio, parve loro
udire qualche strepito. Alcuni dissero di aver distinto la parola shalòm, "felicità" o "pace", saluto ordinario
di Gesù, parola con cui rivelava la sua presenza. Nessun dubbio è possibile: Gesù è presente; è
nell'assemblea. È la sua voce diletta; ognuno la riconosce" (Gli Apostoli, tr. it., Dall'Oglio, 1966, pp. 16-
17).
b) Le ricerche dei razionalisti: loro impatto e prime reazioni
Gli esiti delle ricerche dei razionalisti suscitarono, al loro tempo, una fortissima impressione: il loro modo
di leggere i vangeli era, infatti, assolutamente nuovo per l'epoca.
Gli effetti sulla pratica religiosa non tardarono a farsi sentire e così, soprattutto in Germania, le chiese,
sia cattoliche, sia protestanti, cominciarono a svuotarsi.
Sicuramente, grazie a loro, l'esegesi biblica compì enormi progressi: leggendo i vangeli come documenti
antichi prima che come testi ispirati, essi ne ripulirono l'interpretazione dalle incrostazioni pietistiche e dal
sentimentalismo che si erano accumulati su di loro nel corso dei secoli. Se oggi noi possiamo applicare ai
vangeli lo stesso metodo storico-critico che usiamo per tutti gli altri testi letterari, lo dobbiamo proprio al
contributo dei razionalisti.
Tuttavia, agli inizi del '900, cominciarono a manifestarsi tra gli studiosi segni sempre più evidenti di
reazione a quel metodo di lettura dei testi, per effetto di varie constatazioni:
1) l'analisi di tutte le Vite di Gesù prodotte nell'arco di un secolo rivelava che ogni autore ricostruiva un
Gesù diverso, per cui spesso i razionalisti si trovavano in contrasto tra loro.
Di qui derivò una prima, importantissima conseguenza: si cominciò a dubitare seriamente dell'infallibilità
della ragione. Se, infatti, essa è davvero infallibile ed è la stessa per tutti gli uomini (presupposto che per
i razionalisti era assolutamente indiscutibile), tutti gli studiosi, applicando la stessa ragione, avrebbero
dovuto pervenire alle stesse conclusioni. Questo, però, era smentito dai fatti.
Da questo primo dubbio ne derivò un altro, circa la reale possibilità di distinguere con sicurezza, sulla
base della ragione, tra storia vera e storia sacra, cioè tra il livello dei fatti bruti e quello della loro
interpretazione. Questo secondo dubbio era confermato da un dato di esperienza: nessun testimone, per
quanto onesto ed imparziale sia, racconta i fatti; tutt'al più, egli racconta i fatti come lui li ha visti. Il che
introduce sempre, in qualunque resoconto storico, una componente soggettiva, con la quale lo studioso
moderno deve fare i conti. Pretendere di separare, in qualunque documento storico, il livello dei fatti da
quello dell'interpretazione che ne dà l'autore significa esporsi al rischio di stravolgere il documento
stesso;
2) il Gesù ricostruito dai razionalisti era, per lo più, un predicatore di morale, e di una morale di stampo
illuministico, spesso coincidente con quella dei singoli interpreti. Ma si poteva attribuire una morale o una
religiosità sette-ottocentesca ad un uomo vissuto nel I sec. d.C.? Si cominciò pertanto a sospettare che le
ricostruzioni dei razionalisti, malgrado le pretese di storicità, mancassero di senso storico.
* Per dirla in breve, si cominciò a pensare che, nelle Vite di Gesù, molto vi fosse di arbitrario e che quel
"principio di ragionevolezza" invocato dai razionalisti si traducesse concretamente nel criterio di accettare
per vero ciò che coincideva con l'immagine di Gesù che ogni autore aveva in mente, interpretando invece
quegli aspetti che non si conciliavano con le sue proprie idee.
Si veda questa ironica osservazione di Charles Perrot contenuta nel suo saggio Gesù e la storia (Borla,
1981, p. 180):
Corso sui Fondamenti del Cristianesimo – Capitolo 5 di 12
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"Altri, infine, ma rifiutati dagli odierni specialisti di critica biblica, cedono ai miraggi di un falso
razionalismo di tipo "storicista" o alle spiegazioni cosiddette parapsicologiche. In effetti si proiettano
subito nella storia riportata da un racconto dato e, non appena non quadra con le loro idee, ne riscrivono
allegramente un'altra! Così Gesù se ne sarebbe andato a spasso un mattino sulla riva... e i discepoli
avrebbero creduto da lontano che egli camminasse sulle acque!".
Tutte queste critiche furono organicamente espresse in un importante studio di Albert Schweitzer,
intitolato: Da Reimarus a Wrede: storia della ricerca sulla Vita di Gesù. Questo saggio, uscito nel 1913, è
un solenne necrologio di tutta la produzione dei Razionalisti, tra cui, a detta dello Schweitzer, si salvano
solo Reimarus e Wrede, rispettivamente il primo e l'ultimo della serie.
Il messaggio, per gli addetti ai lavori, era chiarissimo: se si voleva affrontare il problema "Gesù", era
inutile insistere su un metodo che ormai aveva dato tutto quello che poteva dare. Bisognava percorrere nuove vie.

Segue parte II

Franco


“Quando si vuol cercare la verità su una questione
bisogna cominciare col il dubbio.
(S. Tommaso d’Aquino)”

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