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09/01/2010 19:22 | |
Vi propongo un pezzo interessante del libro in oggetto che sto leggendo:
La tendenza a bollare la credenza in un Essere trascendente e la religione in genere come prodotti dell’ansia degli individui generata dalle loro paure naturali e dalla loro condizione di mortali è uno dei temi più abusati dell’ateismo, che ha visto tra gli altri il celebre psicanalista Sigmund Freud come uno dei più convinti sostenitori. Già in Totem e Tabù (scritto in cui Freud esamina la religione nelle sue manifestazioni storiche) si fa dell’immagine del divino una proiezione ricorrente della figura paterna: “Dall’esame psicoanalitico dell’individuo scaturisce con particolare evidenza che ciascuno conferma il proprio dio a immagine del padre, che l’atteggiamento di ciascuno nei confronti del dio dipende dal suo atteggiamento nei confronti del proprio padre carnale […]; e che in fondo il dio non è altro che un padre di un ordine più elevato”. La religione e il teismo sarebbero, pertanto, destinati a un inesorabile tramonto con l’avanzare del progresso culturale e civile conseguente al rafforzamento dello spirito scientifico nella società. Scrive sempre Freud:
“Prendere posizione riguardo al valore di verità delle dot-
trine religiose non rientra nel piano di questo studio. Ci
basta averle individuate nella loro natura psicologica come
illusioni. […] Sarebbe davvero molto bello che ci fossero un
dio creatore dell’Universo e benigna provvidenza, un ordine
morale universale e una vita ultraterrena; ma è almeno molto
strano che tutto ciò sia così come non possiamo fare a meno
di desiderare che sia"
In breve: l’esistenza di Dio è una cosa troppo bella per essere vera.
Ma la considerazione secondo cui il timore della morte e il desiderio di immortalità sono una componente imprescindibile della natura umana appare tanto scontata da fare delle affermazioni di Freud e di Mainardi la classica “scoperta dell’acqua calda”. Infatti, sia constatare che Dio assomiglia alla figura paterna nel bambino e la fede religiosa risponde a un bisogno intrinseco all’animo umano, sia rilevare che alcuni aspetti della religione sono utili a superare il problema della morte e a placare le nostre angosce esistenziali, non significa dire assolutamente qualcosa di nuovo rispetto a quanto già sa intuitivamente ciascuno di noi e a quanto apertamente si propongono da sempre le religioni del mondo. Tutto ciò non costituisce e non può costituire minimamente una confutazione dell’esistenza di Dio o della fede religiosa, come erroneamente credeva Freud e (ahi noi) crede ancora oggi il professor Mainardi, perché gli elementi psicologici e adattativi presenti nelle credenze metafisiche e religiose non dimostrano di per sé la loro fondatezza o falsità. Anzi, caso mai risulta vero l’esatto contrario: è proprio perché l’anelito al divino e alla fede religiosa è costitutivo dell’essere umano, è proprio perché il bisogno di credere in Dio risulta presente dalla nascita in ciascun individuo della nostra specie come la necessità di nutrirsi che si può concludere che a esso potrebbe realmente corrispondere un Ente trascendente in grado di giustificare l’imperfetta natura umana.
In proposito lo psicologo evoluzionista inglese Justin Barrett si è giustamente chiesto: “Perché Dio non avrebbe dovuto disegnarci in modo tale da farci considerare la fede nel divino un fatto naturale?”. In effetti, che cosa c’è di anomalo e di contrario alla religiosità o all’esistenza di un Creatore nel riscontrare che certi fenomeni psicologici come la fede in Dio e i culti religiosi hanno una spiegazione scientifica e un loro fondamento nella stessa natura umana? L’individuazione delle motivazioni psicologiche di una determinata credenza non comporta infatti di per sé che la credenza stessa debba cessare di esistere o sia totalmente falsa. Come ha correttamente osservato Barrett, anche se la scienza riuscisse “a dare una spiegazione convincente sul perché io credo che mia moglie mi ami”, non certo per questo “dovrei smettere di credere che ella davvero mi ami”. Allo stesso modo, se la psicologia, l’antropologia, l’etologia ed eventuali altre scienze riescono a fornire una spiegazione naturalistica del perché si crede in Dio, di sicuro non per tale ragione diventa insensato e non più giustificato credere in Dio. Al contrario, il bisogno del divino e di una vita ultramondana può essere a buon diritto interpretato (ed è stato effettivamente interpretato) come la griffe del Creatore impressa nella coscienza stessa della sua creatura.
Se vi fa piacere in seguito posterò altri punti interessanti del libro.
Ciao
Ely
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