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17/01/2010 15:11 | |
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Non è, dunque, casuale riscontrare tanto in Odifreddi quanto in Mainardi lo steso vizio di fondo del positivismo comteano: pretendere di surrogare la fede religiosa con la fede nella conoscenza scientifica. Non per nulla Auguste Comte, nella seconda fase della sua riflessione, tramutò la filosofia scientifica in una vera e propria religione.
In opere quali il Sistema di politica positiva e il Catechismo positivista egli giunse perfino a proporsi come guida spirituale del nuovo mondo, come “Gran Sacerdote” di un nuovo ordine religioso che sostituiva al culto di Dio quello dell’umanità intera definita “Grande Essere”.
Certo i due scienziati italiani non giungono a tanto, non pretendono cioè di fondare una nuova religione e di ergersi a capi carismatici di essa (almeno fino a ora); tuttavia, è in loro del tutto evidente una concezione religiosa della scienza. Mainardi, per esempio, parla apertamente di “culto della ragione”, alla stregua degli Illuministi e dei rivoluzionari francesi che elevarono agli altari la “dea Ragione”.
Odifreddi, a sua volta, sembra praticare una sorta di liturgia delle scienze logiche e matematiche non lontana dal misticismo: “L’esperienza matematica – egli scrive – si sviluppa attraverso le stesse tappe dell’esperienza mistica: concentrazione, meditazione, illuminazione. Essa può quindi adeguatamente fornire le basi per una religione completamente decostruita, punto di arrivo finale del percorso di dissoluzione del teismo nell’ateismo”.
Come ha scritto magistralmente il teologo cattolico Henri De Lubac, il positivismo trova così “i suoi fedeli e il suo culto, perché ha il suo idolo [la scienza]. Il posto di Dio è ben occupato”.
Tornando all’affermazione di Richard Dawkins secondo cui la professione di scienziato e la condizione di uomo di fede sono tra loro alternative, ossia si escludono a vicenda come in un aut-aut (o si è scienziati o si è teisti, mai entrambe le cose insieme), viene spontaneo domandarsi come consideri scienziati quali Galilei, Pascal, Newton, Volta, Pasteur, Mendel, Maxwell, Planck, Einstein, Lamaitre ed Eccles che hanno tutti dichiarato di credere in Dio.
Max Planck, in particolare, ha criticato aspramente l’atteggiamento antireligioso e antimetafisico dei positivisti, facendo notare come alla base dei successi di molti grandi uomini di scienza si collochi spesso un vero e proprio atto di fede, ossia una “fiducia pre-scientifica” nella presenza fuori di noi di una realtà oggettiva da scoprire: “Quando grandi maestri del passato [come Copernico, Keplero, Newton, Huygens e Faraday] fecero dono alla scienza delle loro idee”, a sostenerli contro i pareri contrari di insigni autorità del loro tempo “fu la loro fede incrollabile nella realtà della loro immagine del mondo, fosse essa fondata su base artistica o su base religiosa”
Ely
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