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L'illusione dell'ateismo

Ultimo Aggiornamento: 04/03/2011 21:32
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18/02/2010 21:06
 
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Se si guarda all’esempio dei primi scienziati dell’epoca moderna, è evidente l’influenza determinante esercitata su di loro dalla fede nel Dio cristiano per il conseguimento tanto di un nuovo metodo scientifico quanto di scoperte innovatrici nei campi della cosmologia, dell’astronomia e della fisica.

Copernico, Keplero e Galilei sono sospinti a cercare un nuovo ordine cosmologico e fisico da una duplice convinzione: da un lato le difficoltà a conciliare i fenomei osservati con il sistema tolemaico e la fisica aristotelica; dall’altro la fiducia incondizionata nell’esistenza di un Dio creatore e ordinatore che – come dirà più tardi Einstein – non avrebbe mai “giocato a dadi” con il mondo, che per sua stessa natura non avrebbe nemmeno potuto creare qualcosa di disarmonico o irrazionale.

Non è pertanto storicamente vero che la fede sia risultata di ostacolo alla nascita e allo sviluppo della scienza, come purtroppo si è soliti sentir dire da più parti, ma all’opposto la sincera adesione al credo cristiano da parte degli scienziati della cosiddetta “rivoluzione scientifica” si è dimostrata un fattore imprescindibile per il rinnovamento della scienza nel XVI e nel XVII secolo. La fede degli uomini di scienza è così risultata una colonna portante di quella visione del mondo che ha indirizzato le ricerche e le ipotesi scientifiche moderne.


La conferma più eclatante di questa simbiosi tra fede e ricerca scientifica posta a fondamento della scienza moderna ci viene da uno dei maggiori scienziati di tutti i tempi: Isaac Newton (1642 – 1727). Newton è stato, infatti, l’uomo di scienza che, pur avvalendosi della deduzione matematica e delle osservazioni empiriche nel suo lavoro scientifico, ha reputato impossibile per la conoscenza scientifica afferrare il senso vero delle cose senza ricorrere alla presenza creatrice e ordinatrice di Dio. In lui e per lui la teologia viene prepotentemente a costituire non solo l’imprescindibile complemento delle descrizioni necessariamente incompiute della realtà che ci provengono dalla scienza, ma anche il presupposto dell’indagine scientifica stessa.

Non deve, quindi, assolutamente stupire se Newton non trovò disdicevole applicare alle scienze naturali lo stesso metodo adottato in teologia, finendo così per inserire tranquillamente nei libri di fisica affermazioni teologiche; mentre, per converso, utilizzò nei testi di ermeneutica biblica criteri di analisi tipici della ricerca scientifica moderna. Egli procede da un postulato della cui certezza è assolutamente sicuro: “Dio è il Signore”, ovvero il monarca assoluto dell’Universo, che ha cerato ogni cosa secondo la sua volontà e che continua ad essere costantemente presente nell’ordine cosmico. Come ha testimoniato anche Voltaire (1694 – 1778), Newton “era intimamente convinto dell’esistenza di un Dio: col quale nome intendeva non solo un Essere infinito, onnipotente, eterno e creatore, ma un Signore avente un rapporto con le sue creature, perché, senza questo rapporto, la conoscenza di un Dio sarebbe soltanto un’idea sterile”.
Pertanto, se la parola della Bibbia è ispirata dallo stesso creatore della realtà fisica, se l’autore della rivelazione profetica contenuta nella Sacra Scrittura e l’artefice del mondo sono la stessa “persona”, si deve logicamente dedurre che sussistono anche un unico linguaggio e un’unica struttura della verità validi tanto per i testi sacri quanto per le cose naturali.



[Modificato da Elyy. 18/02/2010 21:07]
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