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Conoscere la Bibbia

Ultimo Aggiornamento: 10/04/2010 00:58
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Seconda parte: Genesi.

2. MITO, STORIA, SAPIENZA, LETTERATURA.

Seconda considerazione: abbiamo detto che protagonista è l’uomo, nostro primo capitolo: MITO, STORIA, SAPIENZA, io ne aggiungerei un altro: LETTERATURA. Abbiamo un testo che studia l’uomo, che cerca di sondare i segreti del cuore dell’uomo. Sappiamo che ci sono parecchie strade per sondare i segreti dell’uomo.

1. Il mito

La prima strada è la strada più evidente e più antica, usata costantemente dall’umanità: quella del MITO, del mito simbolico. E qui una volta per tutte dimentichiamo quella superficiale definizione del mito che lo equipara semplicemente a favola, o leggenda, o qualcosa del genere, per cui si ha sempre paura ad usare questo termine applicandolo alla Bibbia, perché sembra spregiativo. In realtà il mito è stato una delle grandi manifestazioni della cultura umana e soprattutto è stato la prima grande teologia.
Il mito, preso seriamente, è un modo per parlare del mistero quando questo mistero ha in sé un che ineffabile, un qualcosa che non può essere del tutto espresso con le categorie normali. E allora si ricorre alla forza del simbolo, forza che regge tutti coloro che vogliono penetrare nel mistero.
Ecco allora, anche nella Bibbia, l’uso di miti. La Bibbia si muove proprio partendo da una serie di ricerche “mitiche” che erano state fatte nell’antichità.
Io adesso vi citerò solo alcuni di questi grandi miti. Nell’interno della Bibbia questi miti si vedono quasi in radiografia. La Bibbia li ha presi, li ha trasformati, qualche volta ha anche cancellato i loro elementi negativi e li ha riproposti.
Possiamo dire perciò che nella Bibbia converge la ricerca dell’umanità antica.
La Bibbia ci invita ad essere attenti ai grandi miti del nostro tempo, intendendo “mito” sempre nel senso scientifico del termine. Siamo invitati cioè a capire quei frammenti di verità grandi o piccoli che sono sepolti nei miti moderni, che sono le ideologie, la letteratura, la ricerca dell’uomo sotto i cieli più diversi. Siamo perciò come l’uomo della bibbia, attenti a queste riflessioni sul mistero dell’uomo.
La Bibbia, per esempio, dimostra di conoscere il famoso Enuma Elish, il celebre poema mitico dell’antico Vicino Oriente. L’Enuma Elish è un impasto di visione politeistica e immanentistica. Dio è frammentato ed anche disseminato nell’interno del terreno della storia, per cui alla fine è un Dio un po’ contaminato. Per questo la bibbia prenderà con cautela quest’immagine.
L’immagine però di questo mito dell’antica Mesopotamia la troveremo riedita dalla bibbia, con opportune ma decisive correzioni. Facciamo un esempio. L’uomo secondo l’Enuma Elish è creato proprio da una serie di terreni; sono argille, sono sabbie diverse. Il Dio trionfatore, il Dio creatore, Marduk, prende questa pasta debole, peritura, mortale, materiale e con essa costruisce la creatura.
Vedremo che anche la bibbia ripete questo simbolo per indicare la nostra fragilità, la parentela dell’uomo con la materia. Però ecco il salto: la Bibbia introduce un intervento particolare di Dio. Dio alita in questa pasta creata, in questa statua e lascia una traccia misteriosa.
Invece il dio dell’antico Oriente prende questa pasta e la miscela col sangue maledetto del dio Kingu, il dio ribelle, ucciso dal dio della creazione; per cui noi uomini abbiamo sempre nelle nostre arterie il sangue viziato, malato; l’uomo non può essere portato al male, è quasi l’interlocutore negativo di Dio.

Prendiamo invece un altro testo proveniente dall’altro estremo della cosiddetta Mezzaluna fertile, ossia l’antico vicino Oriente, culla della civiltà: l’Egitto. Nel c. I della Genesi sentiamo risuonare la frase: “Dio disse”, la parola di Dio che crea. Ora noi sappiamo che nella cosiddetta teologia di Memphis, la grande capitale egiziana, riteneva che il dio creatore creasse attraverso la forza della sua parola. Egli la lancia come se fosse un fulmine e la parola, il suo ordine crea.
Ecco una battuta di un testo egiziano da cui subito vedrete la diversità rispetto alla Bibbia:

“Ormai la voce risuonò, era la voce del dio Ptah, e questa voce divebbe cuore e lingua e ogni cosa. Per il suo discorso sono formate le cose, e tutte le cose portano dentro di sé il cuore e la voce di Ptah”.

Dio è entrato ormai, ed è imprigionato nell’interno dell’uomo; ormai tra Dio e l’uomo non c’è più distanza. Se la cultura mesopotamica metteva un abisso tra Dio e l’uomo, questa cultura invece, più di tipo immanentistico, ha cancellato le distanze: ormai l’uomo è diventato Dio e Dio l’uomo.
Da ultimo un testo che fa molto discutere e vi fa vedere come la bibbia ha ascoltato e vagliato il mito e la ricerca degli altri popoli.
Il testo viene dalla grande scoperta archeologica del nostro secolo (dal 1964 in avanti) fatta da italiani e che riguarda la città di Elba, una grande capitale della Siria. Uno studioso italiano, il prof. Matthiae, ha diretto gli scavi e un epigrafista, il prof. Pettinato, ha interpretato questo testo.
Ora vi leggo la versione discussa, in cui è possibile sentire un’eco molto evidente della narrazione biblica. La traduzione del testo sarebbe questa:

“Signore del cielo e della terra.
Non c’era la terra,
egli l’ha creata.
Non c’era la luce del giorno,
egli l’ha creata.
Non c’era la luce mattutina,
egli l’ha creata”.


Qui abbiamo quasi il muoversi, seppur diverso, del primo capitolo della Genesi. Se vogliamo anche nello stesso avvio dell’Enuma Elish (“Quando dall’altro”) possiamo sentire qualcosa che assomiglia ancora agli inizi della creazione stessa, così come è raccontata dalla Bibbia:

“Quando dall’alto il cielo non era ancora stato nominato,
e in basso non portava nome”.


E’ più o meno la stessa riga del c. 1 della Genesi. Però, sempre per quel principio secondo cui la Bibbia purifica dalle scorie questi miti antichi, ecco subito quello che il testo biblico non accetta:

“… fu allora… che gli dèi furono formati dal seno delle acque”.

Gli dèi vengono creati dal nulla, c’è anche per essi una creazione; essi non sono eterni.

2. La storia

Seconda parola: la storia. Evidentemente fino a non molto tempo fa molti pensavano, e forse qualcuno lo pensa ancora adesso, che queste pagine fossero la descrizione delle avventure del primo uomo, la registrazione storica di quello che ha fatto questo “signor Adamo”, che è vissuto, se stiamo all’ipotesi dell’australopiteco, 6 milioni di anni fa; o, se vogliamo, di quell’essere che cominciò ad avere un grado superiore di espressività umana qualche milione di anni dopo.

Ecco, questa convinzione ha fatto sì che la pagina venisse letta come una pagina di storia. Evidentemente non è possibile avere una pagina di storia parlando di quel primo uomo. La storia, di sua natura, suppone la documentazione da cui non si può prescindere e che nel nostro caso è ovviamente impossibile.
Allora noi dobbiamo dire che questa pagina biblica non è storica nel senso storiografico del termine; non ci vuole raccontare ciò che è avvenuto agli inizi; per cui dobbiamo lasciar perdere tutte le fatiche che fanno anche dei bravi scienziati cattolici, passati e presenti, per tentare di mettere d’accordo il testo biblico della creazione e vedere se c’è la possibilità di compatibilità col grande big-bang iniziale, con l’evoluzionismo o meno. Questi scienziati perdono il loro tempo, perché questo tipo di descrizione non è una descrizione scientifica, anche se usa un modello scientifico del tempo.
Si tratta di una storia in senso qualificato; è la storia esistenziale, è la verifica attraverso un procedimento a ritroso, partendo dall’orizzonte presente all’autore. L’orientale, guardando il suo orizzonte cerca di spiegarne il perché, risalendo alle origini.
Egli mette idealmente un punto di partenza, il quale sia come un riflettore che spiega tutto ciò che segue. Però quello che avviene nell’interno di queste pagine è ciò che avviene sotto gli occhi dell’autore di allora. Quell’uomo che viene descritto nei cc. 2 e 3 della Genesi è l’uomo ebreo del X sec. a.C., anche se la sua esperienza viene retroproiettata quasi agli inizi: se io prendo un inizio, io prendo tutta la catena della storia umana.

Io ora ho davanti le lacrime e le glorie dell’uomo, io devo spiegarle e allora cerco di spiegarle attraverso una riflessione che retroproietto, che sposto su quel punto di partenza ideale in modo che tutto l’uomo sia descritto e compreso oggettivamente. E allora non è la storia di un determinato tempo, è la storia che sempre riappare sulla faccia della terra. Questa pagina è una grande meditazione sull’uomo storico, così come sempre entra in scena sulla faccia della terra.

3. La sapienza

Terza parola: la sapienza. Gli studiosi hanno chiamato queste pagine “sapienzali”. La sapienza è una specie di atteggiamento fondamentale che l’uomo della Bibbia assume nei confronti dell’essere, del reale. E’ la vera e propria filosofia, è la vera e propria teologia. La Bibbia in queste pagine non vuole rispondere alla domanda: quando è avvenuto questo? Come è avvenuto questo? Ma in queste pagine la Bibbia vuole rispondere ad un’altra domanda: che senso ha tutto questo?
Allora la domanda fondamentale, la domanda di struttura è quella che vuole sviscerare il senso delle cose: abbiamo una direzione nella vita, nel nostro esistere? Come siamo nel nostro interno profondo? Che senso ha l’uomo? Che senso ha il mondo?

Queste sono le domande della sapienza di Israele, le domande penultime e ultime. Solo le domande penultime concernenti tutti i problemi concreti: perché c’è il vestito? Perché c’è la fatica nel lavoro? Perché le doglie del parto? La Bibbia si preoccupa anche di rispondere a queste domande molto penultime.
La Bibbia si interroga: perché esiste la violenza sessuale? E cerca di risolvere il problema con una spiegazione che tutto sommato è ben attendibile anche ai nostri giorni. E ancora: perché nel mondo c’è questa dicotomia, questa antitesi continua, questa ostilità tra la natura e l’uomo? La natura si ribella all’uomo e l’uomo la usa in una maniera ingiusta.

Perché l’uomo è tentato? Perché l’uomo, che pure ha tutto, è insoddisfatto? Perché l’uomo che ha davanti a sé tutto l’orizzonte del cosmo, è scontento alla sera di questa avventura e vuole ancora qualcos’altro?
Che senso ha il matrimonio? Che senso ha il fatto che noi sentiamo Dio lontano? E che senso ha invece sentirlo vicino, che passeggia con noi la sera? O sentirlo invece laggiù separato da una frontiera invalicabile, con delle guardie impossibili?

Queste sono le domande fondamentali della storia, della filosofia, della teologia; sono le domande dell’uomo, che è apparso e che apparirà sulla faccia della terra, appena comincia ad avere un bagliore, o appena si ferma un istante e si interroga sul “perché”, sul “che senso ha tutto questo?”.

4. La letteratura

L’ultima parola: la letteratura. Noi abbiamo davanti due capitoli, non tre: dobbiamo nettamente distinguere il c. 1 dai cc. 2 e 3. Più esattamente il c. 1 va fino al c. 2 versetto 4°; poi comincia un’altra mano. E’ proprio come se due autori si sedessero ad un tavolo e componessero due diversi ritratti della stessa persona, da due angolature differenti. Sono autori molto diversi. Uno è giovanissimo; ha un’esperienza tutta particolare, ha avuto grandi avventure ed ora è tornato alle sue origini, vuole ritrovare ancora le radici di se stesso. E’ pieno di desiderio, pieno di ottimismo; vuole rivedere tutte le meraviglie che stanno dietro alle sue spalle. Questo autore in realtà è una tradizione, è detto convenzionalmente il sacerdote, la TRADIZIONE SACERDOTALE.
La tradizione sacerdotale è fiorita attorno alla fine del VI sec., quando gli ebrei avevano vissuto l’esperienza tragica, drammatica dell’esilio di Babilonia e stavano preparando il grande rientro in terra. Ho detto che è una figura giovane, è una persona dispersa, sbandata, è andata a finire lungo i fiumi di Babilonia e ora vuole ricomporre la sua identità, vuole sapere chi è, si dipinge. Ecco il primo capitolo della Genesi.
Dall’altra parte abbiamo invece l’uomo molto più antico, molto più glorioso, una figura monumentale; è la TRADIZIONE chiamata JAHVISTA, perché usa il nome sacro, impronunciabile JHWH del Signore, il nome specifico di Dio.
Questa tradizione è fiorita quando in Israele c’era lo splendore di Salomone, ne X sec. a.C. Quest’uomo appartiene agli intellettuali di Salomone, rappresenta quel gusto di conoscenza, di approfondimento, di scavo della realtà che aveva Salomone. Ebbene, quest’uomo presenta, con quello scetticismo che è proprio degli intellettuali, la figura dell’uomo: da un lato l’uomo in tutta la sua grandezza, in tutte le sue potenzialità (c. 2); dall’altro l’uomo con tutte le sue miserie (c. 3).

Abbiamo quindi due penne diverse, due tradizioni lontane secoli, le quali si interessano sempre all’unico uomo, allo stesso personaggio. Quest’unico uomo, quest’unico personaggio si chiama Adam, “l’uomo”. E allora mito, storia, sapienza, letteratura, tutte sono al servizio per “conoscerci”, non semplicemente per “conoscerle”, questo lontano, strano uomo.

Ed eccoci all’ultima brevissima considerazione. Questi capitoli della Genesi da sempre suscitano interesse, e lo suscitano anche ai nostri giorni. Potremmo perciò fare una lista di dati che creano interesse nella cultura anche contemporanea, tutte le volte che si sfogliano queste pagine. Perché nell’interno di queste pagine l’uomo si accorge che la bibbia vuole dirgli qualcosa, e questo qualcosa per i credenti è sigillato dalla rivelazione. La sapienza, il mito, la storia, la letteratura portano in sé non soltanto la ricerca dell’uomo, ma anche il mistero della rivelazione di Dio. Ed è per questo che credenti e non credenti si orientano verso queste pagine, anche perché esse sono di solito lette come le pagine della protostoria o della paleoantropologia, sono sempre le pagine di un inizio. E noi sappiamo che l’uomo quando appare sulla terra è sempre un inizio, e quando noi iniziamo una giornata facciamo sempre un inizio nella creazione.

Nel 1984 è uscito un romanzo di un famoso romanziere americano ebreo, Bernard Malamud, che ha avuto un grande successo negli Stati Uniti – da noi è uscito da Einaudi col titolo Dio mio, grazie. E’ la storia di uno scienziato che sopravvive casualmente a un cataclisma nucleare planetario, e sopravvive con una scimmia.
E comincia a ricomporre la nuova umanità. Il messaggio è tutto ritmato, talora ironicamente, altre volte drammaticamente, su quella trama biblica che noi leggeremo. Solo che questo autore non ci permette nessuna parola di speranza: vinceranno le scimmie, e le scimmie faranno sull’uomo una specie di rito sanguinolento, dopo che esse saranno state riportate all’”umanità”. L’uomo nuovo, nato da questa scimmia, ritorna ad essere ancora l’uomo vecchio, l’uomo che celebra solo gli olocausti, che ama soltando grandi riti di sangue.
Abbiamo iniziato con la lettura visiva di un regista. Dovremmo però idealmente leggere la bibbia, e leggere quindi questa pagina dalla Genesi, anche con l’ascolto di un musicista. Pensiamo, allora a Haydn, e al suo oratorio: La creazione. Ecco, proviamo a vedere che cosa può dire la pagina biblica attraverso la rimeditazione di una musica. Perché questa pagina è anche musica.

Io vorrei avere la capacità della poesia in qualche momento, per potervi descrivere lo stupore della nascita dell’uomo, come la descrive la tradizione jahvista, o come il Cantico dei Cantici descrive lo stupore con cui l’uomo in quella mattina si sveglia trovando la sua donna. O ancora ritrovare quell’entusiasmo che in narratore “giovane”, quello della tradizione sacerdotale, ha nel guardare il mondo che si sta formando, il mondo creato, con tutte le sue meraviglie che vanno dall’infinitamente grande all’infinitamente piccolo.
Vorrei che ci fosse la possibilità di studiare anche l’uomo attraverso l’occhio scientifico, l’occhio della paleoantropologia, l’occhio della cosmologia, un occhio freddo magari, che cerca di studiare meccanismi di cui noi siamo testimoni, ma che un po’ ci sfuggono.

Attorno alla Genesi, che non è libro di scienza, che non è pagina di poesia né di storia soltanto, ma che è studio dell’uomo, dovremmo fare confluire molte voci.
Allora l’invito che io vi rivolgo è quello di cominciare da soli, co una lettura modesta ma paziente. Potremmo idealmente immaginare che questo testo ci sia noto. Tentiamo, però non soltando di conoscerlo con quell’impressione lontana che si ha fin da bambini, quando ci si raccontava questo brano come se fosse un testo pieno di curiosità, un testo tutto sommato mitico nel senso deteriore del termine. Proviamo a identificare da soli – lasciando che il testo parli – qualcuno di questi simboli che affiorano continuamente; proviamo già a far sì che questo testo ci interroghi, e poi insieme pazientemente lo scaveremo e vedremo che cosa correttamente ci deve dire.
Esso ci deve dire una cosa fondamentale: chi è l’uomo; ci deve correttamente spiegare chi noi siamo e perché noi siamo così.


Fine seconda parte, continua...

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