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Conoscere la Bibbia

Ultimo Aggiornamento: 10/04/2010 00:58
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Quarta parte: Genesi

2. La “scienza” della Genesi

Prima di entrare in quel messaggio antropologico, teologico, filosofico, sapienziale, possiamo definire qualche traccia di quel famoso involucro, cioè della rappresentazione molto primitiva, ma scientifica per quel tempo, dell’universo e dell’uomo? Si, e scegliamo subito un paragrafo che potrebbe essere comparato ad una mappa, ad una carta geografica del mondo allora conosciuto. E’ una pianta idrografica perché, com’è ovvio, per l’orientale ciò che specifica il mondo sono i fiumi, molto più dei monti, della orografia, molto più delle città. Laddove c’è il fiume, c’è la vita.
Naturalmente il mondo è delineato da quattro punti cardinali. E allora i fiumi dovranno essere necessariamente quattro, e vengono centrati su quel luogo nel quale l’autore vuole mettere in scena la vicenda dell’uomo.
Sul testo gli studiosi hanno molti problemi da decifrare: esattamente quasi tutti i dati del testo.
Due fiumi sono i fiumi popolari della Bibbia, quei fiumi che costituiscono tante volte lo sfondo in narrazioni oppure in oracoli dei profeti. Gli altri sono fiumi misteriosi. Gli studiosi si sono divertiti a identificarli e hanno spaziato dal Nilo al Gange. Ma lasciamoli così, nella mente dell’autore che guarda la sua carta geografica, descritta in Gen 2, 10ss:

“Un fiume usciva da Eden per irrigare il giardino, poi di lì si divideva
E formava quattro corsi. Il primo si chiama Pison: esso scorre
Intorno a quasi tutto il paese di Avila, dove c’è l’oro e l’oro di quella terra è
Fine; qui c’è anche la resina odorosa e la pietra d’onice. Il secondo fiume si chiama
Ghicon; esso scorre intorno a tutto il paese d’Etiopia. Il terzo
Fiume si chiama Tigri, esso scorre ad Oriente di Assur. Il quarto fiume
È l’Eufrate”.


L’autore ha descritto la mappa del mondo. Gli orientali immaginavano la terra come una piattaforma sostenuta da colonne erette sul grande abisso caotico. In pratica il mondo è un’architettura sospesa nel vuoto. Il Vuoto tenta sempre, la Bibbia lo dice con immagini molto belle, di poter demolire l’essere. Quindi nel mondo nel quale noi siamo sospesi, l’uomo vive quasi sempre a un punto di mezzo fra il nulla e l’essere: questa è l’esperienza della fine, della morte, del limite; è l’esperienza della limitazione del creato.

2. LA COSMOLOGIA DELLA GENESI

Prima scena: il testo comincia al versetto 4b del c. 2. La divisione in versetti è una cosa tante volte puramente entriseca e posteriore. Al di là del fatto che gli studiosi dicono che in questo punto comincia la tradizione jahvista, si potrebbe sospettare che l’inizio è qui, perché proprio qui abbiamo una delle forme introduttorie classiche delle antiche cosmologie del mondo orientale. Ricordiamo quel testo classico della cosmologia dell’antico Oriente, un testo delizioso per molti aspetti, costruito con estrema finezza poetica; un testo mitico appartenente alla mitologia che abbiamo cercato di riscattare. Quel testo che abbiamo già citato si intitolava in accadico Enuma Elish, che vuol dire letteralmente: “quando dall’alto”.

Le cosmologie cominciavano sempre con un “QUANDO” che comprendeva la descrizione del nulla, del vuoto, della non-esistenza. Questo “quando” ha dopo di sé l’azione, l’irruzione di Dio, il Creatore.

Ecco, adesso, noi abbiamo la descrizione di questo “quando” e del “poi che ne consegue. Ma per capire bene quale tesi l’autore vuole presentarci, proveremo, a dare prima di tutto uno sguardo d’insieme al capitolo.

1. L’ìncontro con Dio, con gli animali, con il suo simile

Questo capitolo è scandito su tre momenti diversi. Abbiamo innanzitutto il primo momento nel quale avviene una congiunzione, l’incontro di due poli lontani che piano piano si raggiungono: un incontro fondamentale.
Primo incontro: abbiamo DIO LONTANISSIMO e abbiamo la POLVERE DELLA TERRA. Tra questi due poli estremi passa un respiro, il respiro di Dio che fa unire in una specie di dialogo misterioso, che si chiama la creazione, anche se la Bibbia non usa qui questo termine, L’UOMO e DIO.
Il grande protagonista di questa pagina, che si chiama Adam, cioè “l’uomo”, è descritto con la sua prima relazione, col suo primo contatto con Dio.

Secondo quadro: ormai l’obiettivo si sposta sulla piattaforma della terra, ove l’uomo sta camminando e incontra davanti a sé un’altra realtà. Ancora una volta: l’uomo più alto e un’altra realtà più bassa entrano in contatto. Sono L’UOMO e GLI ANIMALI.
L’uomo li domina entrando in una specie di strano dialogo, quello del nome dato agli animali.

Terza e ultima scena: è la scena più gloriosa, descritta in una maniera più impressionante anche dal narratore che ne resta affascinato. Non è più un incontro dall’alto verso il basso o viceversa, è un incontro Ke-negdo, “alla pari”, come dice la Bibbia, cioè gli occhi negli occhi. Ormai l’uomo e la donna insieme. E questo incontro è un incontro anche sessuale; l’incontro completo, sereno, terminale, quello che porta finalmente la pace e la gioia nell’uomo.

Ora, entrando in questo primo movimento del racconto di Gen 2-3, facciamo la scoperta che queste tre relazioni sono descrizione autobiografica della storia di ogni uomo. L’uomo comincia a scoprire come CREATURA nei confronti dell’infinito; l’uomo scopre la SUA DONNA, cioè il SUO SIMILE. Tre grandi fondamentali relazioni che definiscono la vita in pochi elementi.
Tutte le altre relazioni oscillano o verso il primo verso o verso il secondo o verso il terzo rapporto. Cominciamo:

“Quando il Signore Dio fece la terra e il cielo, nessun cespuglio campestre
Era sulla terra, nessuna erba campestre era spuntata, poiché il Signore
Dio non aveva fatto piovere sulla terra e nessuno lavorava il suolo e faceva
Salire dalla terra l’acqua dei canali per irrigare tutto il suolo; allora il
Signore Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici
Un alito di vita e l’uomo divenne essere vivente” (2, 4b-8).


2. Il nulla: assenza dell’acqua

Vediamo gli elementi fondamentali. E’ una pagina non facile; anche il testo ebraico, in qualche punto, risente dell’usura del tempo, non è del tutto limpido. Ebbene, prima di tutto c’è una descrizione simbolica del nulla; una descrizione molto curiosa. L’orientale, come tutti sanno, non riuscirà mai a dire questa parola “nulla” e nella Bibbia riusciamo a trovarla solo quando si comincia a scrivere in greco, nei cosiddetti libri deuterocanonici. Soltanto nel Secondo libro dei Maccabei (7, 28) si riesce a formulare questa espressione “ex ouk onton”, “da ciò che non è”, Dio fece queste cose; è un’espressione legata però alla lingua greca.
L’orientale non riesce a concepire il nulla se non attraverso delle immagini e quelle qui usate sono molto curiose, molto significative. Ci presentano una lettura del mondo. Il nulla che cos’è? E’ quando non c’è l’acqua. Non c’era ancora l’acqua che faceva spuntare l’erba campestre: l’assenza dell’acqua fa sì che tutto il mondo sia come un deserto, quindi un nulla.
Paradossalmente l’altro autore, il sacerdotale; presenterà invece l’acqua come il simbolo del nulla. E’ la stranissima ambivalenza che nella Bibbia ha l’acqua; è la stranissima ambivalenza che sperimenta anche la persona quando ha davanti a sé una sete sconfinata, che la brucia e la porta alla morte e ha davanti a sé l’immensa distesa del mare. Le acque, salate e dolci, sono contemporaneamente acque tempestose e acque dissetanti. Per questo nella Bibbia si contrapporranno continuamente le acque caotiche, le acque della tempesta alle acque dolci.
A un certo momento si dirà in Isaia (c. 8): le acque dell’Eufrate, che rappresentano la superpotenza militare orientale, verranno su Giuda e raderanno al suolo tutto. Gerusalemme resterà con l’acqua alla gola, solo il suo cranio resterà fuori da questa inondazione immensa. Il caos, le potenze negative di questo mondo, sono rappresentate attraverso una simbolica acquatica.

Ma, dall’altra parte, continuamente nella Bibbia c’è l’esaltazione dell’acqua dolce, delicata, dissetante. Ancora Isaia, nel c. 8 sopra citato, continua: voi siete andati a cercare quest’acqua immensa e distruttrice e avete abbandonato l’acqua di Siloe (cioè l’acqua di Gerusalemme) che scorre leggera, l’acqua dolce, umile e semplice, segno della vita e dell’essere.

3. Il nulla: assenza dell’uomo

IL NULLA è rappresentato anche con l’affermazione che non c’era ancora chi lavorasse il suolo, chi irrigasse la terra: l’assenza dell’uomo. Si tratta di una lettura molto primitiva, ma estremamente successiva. La Bibbia considera questo molto diversamente, forse, da come siamo abituati noi; lo considera come un mondo triste se non c’è l’uomo. In seguito diremo che questo mondo è drammatico perché c’è l’uomo. Ma la Bibbia dice anche che questo mondo, se non avesse un occhio che lo guardi, se non avesse un uomo che lo trasformi, sarebbe un mondo triste. E’ il canto dell’uomo centro del creato, con tutti i rischi che comporta questo canto. Eppure la Bibbia lo ripete spesso: l’uomo è quasi come l’asse attorno a cui si dispiegano queste molte sillabe dell’essere che sono ai suoi piedi. Tutte le cose di questo mondo sono come delle parole cadute per terra, che aspettano l’uomo che riesca a coniugarle tra di loro e dare loro un senso.

Il mondo è insensato, è quasi coacervo di tante cose; diventa cosmo, cioè armonia, solo quando c’è l’uomo. Allora l’uomo è la prima creatura in assoluto: mentre nella narrazione sacerdotale è l’uomo è l’ultimo ad essere creato qui, nella tradizione jahvista, è il primo, evidentemente per un primato interiore.

Fine quarta parte, continua...


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