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Conoscere la Bibbia

Ultimo Aggiornamento: 10/04/2010 00:58
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Undicesima parte: Genesi

2. SECONDO PROTAGONISTA: IL SERPENTE

Ora introduciamo un secondo simbolismo, un secondo protagonista del racconto. Poi intrecceremo i due simboli.
Il secondo protagonista si chiama SERPENTE. Lo si trova proprio in inizio, nelle prime battute stesse del racconto:

"Il serpente era la più astuta di tutte le bestie".

Ora, il serpente era entrato in scena anche nel racconto di Ghilgamesh. Il serpente, a livello di tradizione, è diventato subito una realtà precisa. Però badate bene: questa identificazione non è della tradizione jahvista. E' solo nel libro biblico della Sapienza (I sec. a.C.), c. 2,24 che dice:

"E' per invidia del diavolo che la morte è entrata nel mondo e ne fanno epserienza coloro che gli appartengono".

Ecco subito allora una precisa identificazione: il SERPENTE è il DIAVOLO. Questa tradizione continuerà, ed è anche l'opinione comune corrente.

Invece l'autore antico l'idea del diavolo sicuramente non era ancora presente. Agli occhi di questo autore del X sec. a.C. l'idea era un'altra. Ed era un'idea molto più fine, molto più acuta. Per noi il serpente incarna anche quella specie di eredità che possediamo da sempre, quell'eredità che ci parla di paura: è infatti qualcosa di viscido, di freddo e a volte di velenoso. Per la tradizione orientale il serpente era invece un simbolo circoscritto e ricco di grandi significati.
E se andiamo a vedere in alcune culture, anche lontane dalla Bibbia, c'è sempre, bene o male, un serpente primordiale che si attorciglia nei grandi miti della creazione.

Il serpente, però, che l'autore aveva davanti agli occhi, era un serpente che rimandava ad una realtà precisa, nei cui confronti la profezia e prima della profezia le tradizioni bibliche, hanno dovuto continuamente protestare.

In Israele, ancora oggi, si possono trovare resti di santuari cananei, santuari posti in alture. Questi santuari avevano collezioni di massebot, cioè di stele sacre, che non soltanto il tempo, ma la devozione dei fedeli ha completamente rese lisce, a furia di versarvi sopra olio, a furia di baciarle. C'erano dei pali sacri, scomparsi, ma di cui si vedono ancora gli infissi, le cosiddette ashere; c'erano dei templi veri e propri: pensiamo al tempio bellissimo cananeo di Meghiddo, col suo altare meraviglioso, al tempio di Hazor, con tutta la distribuzione delle camere sacrali intorno.

I cananei erano gli indigeni della Palestina. E gli ebrei avevano subito sentito il fascino della loro religione, religione del corpo, della materia, del movimento, della vita, così come si sperimente. Dio, dove lo devo andare a cercare, se non tutte le volte che io vedo il mio prato fiorire? Dio, dove lo devo andare a cercare se non quando ho un figlio da mia moglie, cioè ho la possibilità di avere delle braccia che lavorano nei campi e quindi avere prosperità? Dio, dove lo vedo se non nel moltiplicarsi dei parti del gregge?

Ed ecco allora la tentazione di quella che la bibbia sprezzantemente chiama "la prostituzione sacra": sacerdotesse che nell'interno dei templi rappresentavano o la dea Astarte, la dea della fecondità, o il dio Baal, il dio fecondatore, il toro sacro (ricordiamo quel famoso toro d'oro adorato dagli ebrei nel deserto del Sinai, come si narra in Esodo 32-34). La tentazione degli ebrei di materializzare Dio nel simbolo della fecondità era quindi indotta dall'ambiente in cui viviamo. E all'interno di questi culti c'era anche il serpente. Il serpente era una componente fallica, era un simbolo che si collegava al rito complesso del culto della fecondità e comprendeva anche il commercio sesuale con la sacerdotessa. Il fedele andava al tempio e la sacerdotessa gli trasmetteva un pò dell'energia di Dio per cui lui sarebbe ritornato caricato quasi del seme di Dio.
Era una religione corposa, una religione che spiegava, quasi in maniera visiva, che cos'è la vita e che cos'è Dio. E allora, proprio all'inizio di questa pagina, quando sta per consumarsi il peccato dell'uomo, l'autore ha messo quel tentatore che tutti i lettori conoscevano e che noi solo attraverso questo ragionamento riusciamo a capire e a decifrare.

Il vero tentatore è l'idolo. L'uomo appare sulla faccia della terra con la sua libertà. Questa libertà nuda trova davanti a sé il fascino del bene e del male, deifinti da Dio. Egli deve fare la sua scelta, deve prendere la sua decisione, e questa scelta e questa decisione è sostenuta paradossalmente da una realtà morta, da uno dei tanti idoli.

Fine undicesima parte, continua...

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