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L'Aquila, un anno dopo. Le carriole ridanno valore alle macerie

Ultimo Aggiornamento: 06/04/2010 08:50
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A un anno di distanza, Anna C. racconta come si vive oggi nel capoluogo abruzzese. 'Gli aquilani escono dal guscio' e armati di carriole smistano macerie e ricostruiscono... il tessuto sociale della città.

Una casa e un negozio di antiquariato nel centro storico, "prima"; un container su una piazzola di cemento, nei mesi successivi al terremoto; un appartamento in affitto a 20 km da L'Aquila, oggi, mentre cerca di riavviare la propria attività e si impegna a portare avanti, insieme al "popolo delle carriole" i diritti di una cittadinanza duramente provata. Senza smettere di aggiornare il suo seguitissimo blog: Miss Kappa.

Un anno fa Anna C. ci raccontava il terremoto che l'aveva costretta "a nuova vita, ché quella precedente era spezzata". Oggi l'abbiamo ricontattata, per avere la testimonianza di un'altra L'Aquila. Quella che i tiggì non raccontano.

«La mancanza di un'informazione corretta è un problema enorme» esordisce Anna «E la cosa più grave è che il messaggio falsato di efficienza e attenzione alla popolazione da parte delle istituzioni è passato anche a chi vive ancora sotto le tende. Mesi di martellamenti mediatici sul ritornello del "va tutto bene" hanno lavato il cervello persino agli aquilani».

Perché, cosa non va ancora?
«Sono pochissime le persone che sono riuscite a tornare a casa; nel centro storico non è stato fatto quasi nulla, è ancora invaso dalle macerie e tutt'oggi rimane inaccessibile; 28mila aquilani che hanno scelto l'autonoma sistemazione (io sono tra questi) percepiscono con ritardi di mesi un sussidio di 200 euro; i cittadini vivono nell'incertezza; le attività produttive sono tutte ferme e abbiamo oltre 16mila persone 'a spasso', tra disoccupati e cassaintegrati...»

Comunque stato fornito un alloggio a migliaia di persone... O no?
«Certo, e sappiamo bene che nessuno ha la bacchetta magica. Ma la logica degli interventi è assurda. Anziché adoperarsi per fare entrare le persone nelle case poco lesionate si preferisce pagare loro 50 euro giorno per un soggiorno in albergo, sulla costa. Ciò significa che una famiglia costa in media 6000 euro al mese, 72mila euro l'anno... E le case, poiché mancano i fondi, rimangono nelle stesse condizioni dell'indomani del 6 aprile, in una città fantasma.»

Negli ultimi mesi si assiste a una crescente partecipazione della popolazione alle sorti della propria città. Qualcosa sta cambiando?
«A partire dalla divulgazione delle intercettazioni degli imprenditori che pensavano agli affari della ricostruzione ["Io stamattina ridevo alle tre e mezzo dentro al letto"], è partito un movimento di cittadini animato dal desiderio di riappropriarsi della città. Domenica 14 febbraio eravamo in 400 a dire che il 6 aprile "noi non ridevamo". Poche settimane più tardi eravamo in 6.000 (dati della questura) a dire "liberiamo L'Aquila dalle macerie", armati di carriole. La voglia di partecipazione cresce a vista d'occhio».

Cosa chiede il "popolo delle carriole"?
«Varcata la soglia della "zona rossa", i cittadini che erano scesi in piazza per protestare hanno realizzato con sgomento che il centro storico era ancora sommerso dalle macerie. E' nato un movimento spontaneo, trasversale agli schieramenti politici, con una consapevolezza precisa: le strade e le piazze vanno sgomberate, ma le macerie sono una ricchezza!»

In che senso?
«Non vogliamo che le macerie vengano portate via indiscriminatamente (per poi doverle ricomperare perché utili alla ricostruzione), come ha annunciato di voler fare il Governo, quale tempestiva risposta al nostro lavoro. Le nostre macerie contengono materiale immediatamente riutilizzabile, come ferro, legno, rame, plastica, vetro. Noi facciamo un minuzioso smistamento degli inerti - nonostante i divieti e le intimidazioni - e abbiamo constatato che il materiale realmente da smaltire non supera il 30% degli sbandierati cinque milioni di tonnellate.
Non si può buttare tutto indistintamente, scavando e ripulendo le strade dai detriti ci siamo accorti che dalle macerie uscivano pezzi di vita delle persone».

Adesso che "L'Aquila finalmente è uscita dal guscio", come si è organizzato il movimento e come procede il rapporto con le istituzioni?
«Le proposte per lo smaltimento delle macerie sono pronte in un documento dettagliatissimo. E altri temi sono stati affrontati e saranno discussi in tavoli di lavoro a cui partecipano anche ingegneri e architetti, che produrranno i documenti da portare in Comune. L'organizzazione del movimento procede con il modello della democrazia partecipativa. Per aiutarci a gestire la situazione è stato anche avviato un corso, che ho potuto seguire, con la partecipazione di facilitatori volontari (perlopiù docenti universitari e sociologi) che ci hanno aiutato a uscire dalle riunioni con risultati e proposte concrete».

E le carriole degli aquilani tornano nelle piazze ogni domenica per ricostruire, oltre alla città, il suo tessuto sociale. Come scrive Miss Kappa: "Sappiamo che sarà dura. E che il percorso di ricostruzione della nostra città lungo e periglioso. Ma la ricostruzione sociale è iniziata da noi... Noi vogliamo continuare ad essere liberi. E a rivendicare il diritto alla partecipazione. Alla trasparenza. Alla verità." (laura ferrari)

notizie.virgilio.it/cronaca/l-aquila-anno-dopo.html

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