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L'illusione dell'ateismo

Ultimo Aggiornamento: 04/03/2011 21:32
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08/01/2010 19:09
 
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Ho cominciato a leggere questo interessante libro intitolato appunto "L'illusione dell'ateismo - perchè la scienza non nega Dio" di Roberto Giovanni Timossi, ed. San Paolo

A causa di vari impegni e impedimenti sono andata a rilento nella lettura ma mi prefiggo nei prossimi giorni di andare avanti in maniera più spedita.

Vi farò sapere, e magari nel tempo vi posterò qualche brano interessante.

Ciao,
Ely
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08/01/2010 20:52
 
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ah,beata te che riesci a leggere, io ancora sono ferm alla pag 20 del libro di Benedetto, la sera non c'è la faccio più da quando ho incominciato a lavorare, devo trovare degli spazi nei week.
tienici aggiornati che sono argomenti importanti da sapere..


bacioni [SM=g1915407]
--------------------------------------------------
AVER PAURA DEL DIAVOLO E' UNO DEI MODI DI DUBITARE DI DIO ...
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09/01/2010 19:22
 
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Vi propongo un pezzo interessante del libro in oggetto che sto leggendo:

La tendenza a bollare la credenza in un Essere trascendente e la religione in genere come prodotti dell’ansia degli individui generata dalle loro paure naturali e dalla loro condizione di mortali è uno dei temi più abusati dell’ateismo, che ha visto tra gli altri il celebre psicanalista Sigmund Freud come uno dei più convinti sostenitori. Già in Totem e Tabù (scritto in cui Freud esamina la religione nelle sue manifestazioni storiche) si fa dell’immagine del divino una proiezione ricorrente della figura paterna: “Dall’esame psicoanalitico dell’individuo scaturisce con particolare evidenza che ciascuno conferma il proprio dio a immagine del padre, che l’atteggiamento di ciascuno nei confronti del dio dipende dal suo atteggiamento nei confronti del proprio padre carnale […]; e che in fondo il dio non è altro che un padre di un ordine più elevato”. La religione e il teismo sarebbero, pertanto, destinati a un inesorabile tramonto con l’avanzare del progresso culturale e civile conseguente al rafforzamento dello spirito scientifico nella società. Scrive sempre Freud:

“Prendere posizione riguardo al valore di verità delle dot-
trine religiose non rientra nel piano di questo studio. Ci
basta averle individuate nella loro natura psicologica come
illusioni. […] Sarebbe davvero molto bello che ci fossero un
dio creatore dell’Universo e benigna provvidenza, un ordine
morale universale e una vita ultraterrena; ma è almeno molto
strano che tutto ciò sia così come non possiamo fare a meno
di desiderare che sia"

In breve: l’esistenza di Dio è una cosa troppo bella per essere vera.

Ma la considerazione secondo cui il timore della morte e il desiderio di immortalità sono una componente imprescindibile della natura umana appare tanto scontata da fare delle affermazioni di Freud e di Mainardi la classica “scoperta dell’acqua calda”. Infatti, sia constatare che Dio assomiglia alla figura paterna nel bambino e la fede religiosa risponde a un bisogno intrinseco all’animo umano, sia rilevare che alcuni aspetti della religione sono utili a superare il problema della morte e a placare le nostre angosce esistenziali, non significa dire assolutamente qualcosa di nuovo rispetto a quanto già sa intuitivamente ciascuno di noi e a quanto apertamente si propongono da sempre le religioni del mondo. Tutto ciò non costituisce e non può costituire minimamente una confutazione dell’esistenza di Dio o della fede religiosa, come erroneamente credeva Freud e (ahi noi) crede ancora oggi il professor Mainardi, perché gli elementi psicologici e adattativi presenti nelle credenze metafisiche e religiose non dimostrano di per sé la loro fondatezza o falsità. Anzi, caso mai risulta vero l’esatto contrario: è proprio perché l’anelito al divino e alla fede religiosa è costitutivo dell’essere umano, è proprio perché il bisogno di credere in Dio risulta presente dalla nascita in ciascun individuo della nostra specie come la necessità di nutrirsi che si può concludere che a esso potrebbe realmente corrispondere un Ente trascendente in grado di giustificare l’imperfetta natura umana.

In proposito lo psicologo evoluzionista inglese Justin Barrett si è giustamente chiesto: “Perché Dio non avrebbe dovuto disegnarci in modo tale da farci considerare la fede nel divino un fatto naturale?”. In effetti, che cosa c’è di anomalo e di contrario alla religiosità o all’esistenza di un Creatore nel riscontrare che certi fenomeni psicologici come la fede in Dio e i culti religiosi hanno una spiegazione scientifica e un loro fondamento nella stessa natura umana? L’individuazione delle motivazioni psicologiche di una determinata credenza non comporta infatti di per sé che la credenza stessa debba cessare di esistere o sia totalmente falsa. Come ha correttamente osservato Barrett, anche se la scienza riuscisse “a dare una spiegazione convincente sul perché io credo che mia moglie mi ami”, non certo per questo “dovrei smettere di credere che ella davvero mi ami”. Allo stesso modo, se la psicologia, l’antropologia, l’etologia ed eventuali altre scienze riescono a fornire una spiegazione naturalistica del perché si crede in Dio, di sicuro non per tale ragione diventa insensato e non più giustificato credere in Dio. Al contrario, il bisogno del divino e di una vita ultramondana può essere a buon diritto interpretato (ed è stato effettivamente interpretato) come la griffe del Creatore impressa nella coscienza stessa della sua creatura.



Se vi fa piacere in seguito posterò altri punti interessanti del libro.

Ciao
Ely


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17/01/2010 15:11
 
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...

Non è, dunque, casuale riscontrare tanto in Odifreddi quanto in Mainardi lo steso vizio di fondo del positivismo comteano: pretendere di surrogare la fede religiosa con la fede nella conoscenza scientifica. Non per nulla Auguste Comte, nella seconda fase della sua riflessione, tramutò la filosofia scientifica in una vera e propria religione.
In opere quali il Sistema di politica positiva e il Catechismo positivista egli giunse perfino a proporsi come guida spirituale del nuovo mondo, come “Gran Sacerdote” di un nuovo ordine religioso che sostituiva al culto di Dio quello dell’umanità intera definita “Grande Essere”.

Certo i due scienziati italiani non giungono a tanto, non pretendono cioè di fondare una nuova religione e di ergersi a capi carismatici di essa (almeno fino a ora); tuttavia, è in loro del tutto evidente una concezione religiosa della scienza. Mainardi, per esempio, parla apertamente di “culto della ragione”, alla stregua degli Illuministi e dei rivoluzionari francesi che elevarono agli altari la “dea Ragione”.
Odifreddi, a sua volta, sembra praticare una sorta di liturgia delle scienze logiche e matematiche non lontana dal misticismo: “L’esperienza matematica – egli scrive – si sviluppa attraverso le stesse tappe dell’esperienza mistica: concentrazione, meditazione, illuminazione. Essa può quindi adeguatamente fornire le basi per una religione completamente decostruita, punto di arrivo finale del percorso di dissoluzione del teismo nell’ateismo”.

Come ha scritto magistralmente il teologo cattolico Henri De Lubac, il positivismo trova così “i suoi fedeli e il suo culto, perché ha il suo idolo [la scienza]. Il posto di Dio è ben occupato”.

Tornando all’affermazione di Richard Dawkins secondo cui la professione di scienziato e la condizione di uomo di fede sono tra loro alternative, ossia si escludono a vicenda come in un aut-aut (o si è scienziati o si è teisti, mai entrambe le cose insieme), viene spontaneo domandarsi come consideri scienziati quali Galilei, Pascal, Newton, Volta, Pasteur, Mendel, Maxwell, Planck, Einstein, Lamaitre ed Eccles che hanno tutti dichiarato di credere in Dio.

Max Planck, in particolare, ha criticato aspramente l’atteggiamento antireligioso e antimetafisico dei positivisti, facendo notare come alla base dei successi di molti grandi uomini di scienza si collochi spesso un vero e proprio atto di fede, ossia una “fiducia pre-scientifica” nella presenza fuori di noi di una realtà oggettiva da scoprire: “Quando grandi maestri del passato [come Copernico, Keplero, Newton, Huygens e Faraday] fecero dono alla scienza delle loro idee”, a sostenerli contro i pareri contrari di insigni autorità del loro tempo “fu la loro fede incrollabile nella realtà della loro immagine del mondo, fosse essa fondata su base artistica o su base religiosa”




[SM=g1916242] Ely





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21/01/2010 15:55
 
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Scegliere il puro caso e l’insensata necessità genera spontaneamente nell’animo umano un disagio enorme: concepire una struttura così meravigliosa e complessa come l’Universo quale mero prodotto di coincidenze imprevedibili, per altro statisticamente assai meno probabili dell’estrazione di un biglietto vincente in una lotteria nazionale, appare difficile da accettare. Un disagio tale deve aver provato anche uno dei maggiori astrofisici attivi in Francia: Hubert Reeves. Egli ha, infatti, sentito il bisogno di esprimersi così:

Più si comprende l’Universo, più ci appare vuoto di senso, scrive il fisico Steven Weinberg ne I primi tre minuti.
Lo sfido a ripetere queste parole ascoltando, come sto facendo in questo momento, Le Nozze di Figaro di Mozart, “Spesso la musica mi prende come un mare”. Quando, con Beethoven o Wagner, mi imbarco per una crociera, questo verso di Baudelaire a volte mi torna in mente. Guidato da questi timonieri geniali, trasportato, spinto da onde profonde, sento salire in me un irresistibile sentimento di esaltazione e di riconoscenza per la vita e per l’Universo che l’ha generata. I suoni, i colori, le parole sono gli alfabeti degli artisti. […] Grazie al lavoro degli artisti, la realtà acquisisce nuove dimensioni, l’Universo guadagna splendore e ricchezza.

In effetti, all’intelligenza umana ripugna considerare senza significato tanto l’ordine cosmico e il miracolo della vita, quanto le grandi conquiste della creatività e del pensiero umano. Se non si temono i bisticci di parole, sembra francamente privo di senso non attribuire un “senso” a opere come la Cappella Sistina di Michelangelo, l’Amleto di Shakespeare, la Nona Sinfonia di Beethoven, la Passione secondo Matteo di Bach e la Divina Commedia di Dante Alighieri.
Inoltre, è altrettanto assurdo ritenere che scoperte scientifiche sensazionali come la gravitazione universale, la teoria della relatività e la meccanica quantistica abbiano come sfondo il nulla e nient’altro che il nulla.
Ha pienamente ragione Reeves quando respinge le conclusioni di Weinberg e individua significati importanti anche al di fuori dei freddi dati scientifici.

Non vi è, dunque, alcunché da eccepire e tantomeno da sorprendersi se scienziati, filosofi e religiosi alla fine si ritrovano a percorrere insieme, sia pure da punti di vista diversi, la medesima strada: quella della ricerca di un “senso del mondo” che deve necessariamente risiedere “fuori del mondo”.
Il fisico Paul Davies l’ha riconosciuto apertamente: “Ogni cosa e ogni evento dell’universo fisico richiedono, per giustificare la propria esistenza, il ricorso a qualcosa d’altro, al di fuori di essi […]. Bisogna quindi ricorrere a qualcosa di non fisico e di sovrannaturale: Dio”.
Per questa ragione la scienza, “contrariamente a un’opinione diffusa, non elimina Dio”*; anzi secondo Albert Einstein “la fisica deve addirittura perseguire finalità teologiche, poiché deve proporsi “non solo di sapere com’è la natura […], ma anche di […] sapere perché la natura è così e non in un’altra maniera”, con l’intento di arrivare a capire “se Dio avesse davanti a sé altre scelte quando creò il mondo”.


*Cfr. G. Holton in The Advancement of Science and Its Burdens, Cambridge University Press, New York 1986, p.91.



[SM=g1916242] Ely




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21/01/2010 17:37
 
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21/01/2010 17:41
 
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03/02/2010 22:31
 
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..Il professor John Durant dell’Imperial College – direttore assistente dello Science Museum di Londra e primo docente universitario a ricoprire una cattedra di “Divulgazione della scienza” (la stessa materia insegnata da Richard Dawkins) – ritiene addirittura che “sarebbe opportuno cercare di educare gli scienziati in modo un po’ più aperto”, in quanto “la scienza non è in condizione di provare la verità o la falsità di proposizioni metafisiche e teologiche”, come invece vorrebbero i neopositivisti e gli atei scientisti…

..Nei confronti dei colleghi che “parlano della scienza come se fosse l loro dio”, l celebre fisico, matematico e cosmologo Hermann Bondi (dichiaratamente agnostico) è arrivato addirittura a inveire: “Mi fanno ridere. Sempre che non mi salga la pressione e non vada fuori dai gangheri!”..

La ricerca scientifica, infatti, progredirebbe negli aspetti peculiari o nei dettagli, ma i grandi impianti teorici che riguardano il microcosmo (il modello standard della fisica delle particelle) e il macrocosmo (il modello cosmologico standard dell’origine dell’Universo) sarebbero prossimi a essere rimessi in discussione:”I due concetti più popolari della scienza contemporanea, quark e Big Bang, vacillano paurosamente e dovranno forse essere eliminati dalla scienza futura”. …

..Se è giusto stigmatizzare l’immotivato “orgoglio ateo” degli atei scientisti, non si può egualmente chiudere gli occhi di fronte al fatto che buona parte della filosofia contemporanea ha assunto un carattere antiscientifico, facendo non di rado della scienza e della tecnica mali incombenti sul destino del genere umano. ..

..Negli ultimi tempi si è assistito tanto nel mondo cattolico quanto in quello protestante a un cerscente interesse per i l comfronto interdisciplinare tra scienza e fee, tra scienziati e teologi, con un proliferare di convegni e di pubblicazioni su questo tema. Papa Giovanni Paolo II, in particolare, ha a più riprese ripetuto che “cienza e fede devono rimanere collegate per il raggiungimento dell’obiettivo primario, che è la promozione umana, condizione indispensabile per assicurare lo sviluppo dei popoli e delle civiltà”. Ma questo rinnovato fervore per le “questioni di frontiera” tra scienza, filosofia e teologia coinvolge ancora una parte piuttosto esigua di persone e soprattutto rimane a un livello intellettualmente troppo elevato, se non specialistico, riverberando così nella migliore delle ipotesi soltanto una flebile eco sulla platea dei credenti. ..

E’ nella direzione sia dell’eliminazione del pregiudizio di molti credenti nei confronti della scienza contemporanea sia della diffidenza di parte della cultura scientifica moderna verso la teologia natuarle e la dimensione religiosa che intende andare questo libro, dimostrando da un lato che la scienza non contraddice la credenza in Dio, e dall’altro che l’adesione a un culto religioso non contrasta e non coarta il sapere scientifico. Casomai risulta vero il contrario: scienza e fede sono tra loro strettamente complementari per la compiuta realizzazione della persona umana e nel disvelamento del significato profondo delle cose. Così facendo, si metterà pure in piena luce quanto sia infondato e pretestuoso lo scientismo, che purtroppo oggi costituisce buona parte del “bagaglio culturale” della popolazione dell’Occidente…

.. Come ha detto bene l’astrofisico statunitense Allan Sandage, “la scienza rende esplicito l’incredibile ordine naturale […]. Ma la scienza può rispondere solo a un tipo fissato di domande, che concernono il “cosa”, il “dove” e il “come”. […] Non risponde (e in verità non può) al “perché”. […] Se non c’è Dio, niente ha senso”.
La ricerca scientifica, la speculazione filosofica e il discorso religioso debbono dunque incastonarsi tra loro come le tessere di un grande mosaico, sul quale a poco a poco comparirà una sola immagine: quella del Creatore.





[Modificato da Elyy. 03/02/2010 22:36]
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18/02/2010 21:03
 
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Fra i tanti luoghi comuni che caratterizzano la concezione conflittuale delle relazioni tra conoscenza scientifica e credo religioso vi è quello dell’incompatibilità della libera ricerca degli scienziati con la dottrina di una confessione religiosa, di cui il cosiddetto “caso Galilei” rappresenterebbe l’esempio emblematico e storicamente più rilevante.
L’arcinota vicenda del processo inquisitorio e dell’abiura a cui il cattolico Galileo Galilei (1564 – 1642) fu sottoposto dal Sant’Uffizio (l’attuale “Congregazione per la Dottrina della Fede) nell’anno domini 1633 continua, infatti, ancora oggi a essere strumentalizzata da parte dell’ateismo scientista e non solo da esso.

A sentire uno dei più celebri atei scientisti italiani, il logico e matematico Piergiorgio Odifreddi, la scienza sarebbe infatti “geneticamente incompatibile con il dogmatismo e l’imposizione di verità precostituite, e non a caso la Chiesa Cattolica l’ha avversata fin dalla sua nascita, condannando Giordano Bruno a morte nel 1600 e Galileo Galilei agli arresti domiciliari perpetui nel 1633”

A parte il fatto che è piuttosto discutibile classificare Giordano Bruno tra i fondatori della scienza moderna, dopo che nel 1992 la “Pontificia commissione di studi sulla controversia tolemaico-copernicana nei secoli XVI e XVII” presieduta dal cardinale Paul Poupard ha concluso i suoi lavori riconoscendo apertamente e sinceramente gli errori della Chiesa, questa questione trita e ritrita, per la quale sono stati versati fiumi d’inchiostro, sarebbe dovuta risultare a buon diritto superata; ma invece così non è, o per lo meno non si vuole che così sia.

Malauguratamente, tuttora si assiste a prese di posizione come quelle di Odifreddi che assumono a pretesto la disavventura toccata allo scienziato pisano per negare la possibilità di un confronto costruttivo tra sapere scientifico e credo religioso, tra conoscenza scientifica e teologia, se non addirittura per proclamare l’inammissibilità di una convivenza pacifica tra comunità scientifica e comunità religiosa.











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18/02/2010 21:06
 
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Se si guarda all’esempio dei primi scienziati dell’epoca moderna, è evidente l’influenza determinante esercitata su di loro dalla fede nel Dio cristiano per il conseguimento tanto di un nuovo metodo scientifico quanto di scoperte innovatrici nei campi della cosmologia, dell’astronomia e della fisica.

Copernico, Keplero e Galilei sono sospinti a cercare un nuovo ordine cosmologico e fisico da una duplice convinzione: da un lato le difficoltà a conciliare i fenomei osservati con il sistema tolemaico e la fisica aristotelica; dall’altro la fiducia incondizionata nell’esistenza di un Dio creatore e ordinatore che – come dirà più tardi Einstein – non avrebbe mai “giocato a dadi” con il mondo, che per sua stessa natura non avrebbe nemmeno potuto creare qualcosa di disarmonico o irrazionale.

Non è pertanto storicamente vero che la fede sia risultata di ostacolo alla nascita e allo sviluppo della scienza, come purtroppo si è soliti sentir dire da più parti, ma all’opposto la sincera adesione al credo cristiano da parte degli scienziati della cosiddetta “rivoluzione scientifica” si è dimostrata un fattore imprescindibile per il rinnovamento della scienza nel XVI e nel XVII secolo. La fede degli uomini di scienza è così risultata una colonna portante di quella visione del mondo che ha indirizzato le ricerche e le ipotesi scientifiche moderne.


La conferma più eclatante di questa simbiosi tra fede e ricerca scientifica posta a fondamento della scienza moderna ci viene da uno dei maggiori scienziati di tutti i tempi: Isaac Newton (1642 – 1727). Newton è stato, infatti, l’uomo di scienza che, pur avvalendosi della deduzione matematica e delle osservazioni empiriche nel suo lavoro scientifico, ha reputato impossibile per la conoscenza scientifica afferrare il senso vero delle cose senza ricorrere alla presenza creatrice e ordinatrice di Dio. In lui e per lui la teologia viene prepotentemente a costituire non solo l’imprescindibile complemento delle descrizioni necessariamente incompiute della realtà che ci provengono dalla scienza, ma anche il presupposto dell’indagine scientifica stessa.

Non deve, quindi, assolutamente stupire se Newton non trovò disdicevole applicare alle scienze naturali lo stesso metodo adottato in teologia, finendo così per inserire tranquillamente nei libri di fisica affermazioni teologiche; mentre, per converso, utilizzò nei testi di ermeneutica biblica criteri di analisi tipici della ricerca scientifica moderna. Egli procede da un postulato della cui certezza è assolutamente sicuro: “Dio è il Signore”, ovvero il monarca assoluto dell’Universo, che ha cerato ogni cosa secondo la sua volontà e che continua ad essere costantemente presente nell’ordine cosmico. Come ha testimoniato anche Voltaire (1694 – 1778), Newton “era intimamente convinto dell’esistenza di un Dio: col quale nome intendeva non solo un Essere infinito, onnipotente, eterno e creatore, ma un Signore avente un rapporto con le sue creature, perché, senza questo rapporto, la conoscenza di un Dio sarebbe soltanto un’idea sterile”.
Pertanto, se la parola della Bibbia è ispirata dallo stesso creatore della realtà fisica, se l’autore della rivelazione profetica contenuta nella Sacra Scrittura e l’artefice del mondo sono la stessa “persona”, si deve logicamente dedurre che sussistono anche un unico linguaggio e un’unica struttura della verità validi tanto per i testi sacri quanto per le cose naturali.



[Modificato da Elyy. 18/02/2010 21:07]
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Ho finito di leggere questo libro ieri. E' sicuramente un testo ben concepito e molto utile sotto innumerevoli punti di vista. Ottimo è, a mio avviso, il capitolo sulla critica dell'anti-teodicea, ad esempio.
D'altro canto, il volume è manchevole sotto l'approccio metafisico. L'autore non entra mai nel merito della filosofia dell'essere, l'unica che può veramente condurci a Dio in modo razionalmente saldo e, tra le righe, si legge una sua tendenziale ostilità verso la medesima, nonché una sostanziale incomprensione dei fondamenti della filosofia aristotelico-tomistica, derivante da un'implicita sottoscrizione delle critiche razionaliste alla medesima. Non sono, ad esempio, minimamente d'accordo su quanto dice l'autore a proposito di un auspicabile superamento del tomismo (troppo segnato, a suo avviso, da una filosofia della natura che avrebbe fatto il suo tempo) per dare un nuovo slancio alla riflessione teologica. Ad esempio, egli "spiega" come ormai sarebbe insostenibile il concetto di "materia" così come delineato da Aristotele, facendo confusione (come spesso accade) tra la "materia" aristotelica e la "massa" newtoniana e mancando, quindi, totalmente il bersaglio. La fondamentale equivalenza tra masse ed energia che emerge dalla teoria relativistica, infatti, non inficia minimamente il concetto aristotelico di materia, nel quale rientrano sia il concetto di massa che quello di energia che quello, addirittura, di vuoto o nulla quantistico (in quanto ente materiale che nulla ha a che vedere con il vuoto ontologico inteso in senso aristotelico, il quale, come giustamente aveva intuito Aristotele, non può esistere in quanto contraddittorio). A mio parere, anche la critica che l'autore fa all'idea dell'esistenza di universi multipli quale argomento ad hoc onde eliminare Dio dall'orizzonte dell'essere intacca solo la “superficie” del problema, non affrontandolo in senso teoretico.
Suggerisco quindi ai lettori di questo testo di approfondire le tematiche in questo affrontate da un punto di vista più strettamente filosofico, magari leggendo i testi di Gianfranco Basti che Timossi cita nella bibliografia.
[Modificato da Trianello 21/02/2010 08:53]

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Deus non deserit si non deseratur
Augustinus Hipponensis (De nat. et gr. 26, 29)

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24/02/2010 20:35
 
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Ciao Trianello, sono contenta che hai letto questo libro, io sono arrivata a metà [SM=g10897] purtroppo la mia lettura è stata interrotta da altre cose da studiare (per lavoro).

Sulla metafisica, penso sia meglio leggere un altro libro che ne approfondisca il concetto, questo evidentemente non ce l'ha nell'elenco delle priorità da sviluppare infatti il suo scopo è quello di dimostrare quanto ci si illuda scegliendo l'ateismo - pensando di avere solidi motivi per mantenersi tali - come filosofia di vita.


Ciao e grazie per la tua recensione

Ely

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Re:
Elyy., 24/02/2010 20.35:


Ciao Trianello, sono contenta che hai letto questo libro, io sono arrivata a metà [SM=g10897] purtroppo la mia lettura è stata interrotta da altre cose da studiare (per lavoro).

Sulla metafisica, penso sia meglio leggere un altro libro che ne approfondisca il concetto, questo evidentemente non ce l'ha nell'elenco delle priorità da sviluppare infatti il suo scopo è quello di dimostrare quanto ci si illuda scegliendo l'ateismo - pensando di avere solidi motivi per mantenersi tali - come filosofia di vita.


Ciao e grazie per la tua recensione

Ely





oppure per il semplice fatto che non ha le conoscenze giuste per approfondire il fatto.. e lo trovo giusto, non può esporre un concetto se nn si sa bene...
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