Accompagnare - Due, sono meglio di uno

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francocoladarci
00venerdì 31 dicembre 2010 18:20

Riporto un pensiero di don Battista Cadei, sull'accompagnare.


ACCOMPAGNARE
È diverso dal semplice «stare insieme». Si «sta insieme» nello scompartimento di un treno dove il passeggero non ti rivolge un saluto, o lo ricambia con un mugugno, senza levare gli occhi dal giornale e tanto meno abbozzare un sorriso, insomma con un linguaggio non verbale che dice: Lasciami in pace, non mi si parli non dico di politica o di calcio, ma neppure di che tempo fa. Stranieri tra stranieri, per puro caso sullo stesso binario, senza sapere qual è la destinazione dell’altro e quale bagaglio di preoccupazioni porta con sé.

Qualcosa di simile accade in qualche condominio, anche nel caso
che ci si trovi «insieme» sullo stesso ascensore. Il nostro mondo è
pieno di persone «sole», pur immerse nel formicolio o nella ressa
di folle sconfinate.

«Accompagnare», dal latino «cum pane», nel senso di «mangiare
lo stesso pane», significa condividere la vita a livello profondo.
Certo, c’è un proverbio che dice: Meglio soli che «male»
accompagnati. Ma quel «male» nega che sia un vero accompagnare, così come il «falso» oro non è oro. Il vero «accompagnare» è star «vicini col cuore». E il cuore sa tante cose: sa parlare e sa tacere; sa affacciarsi e sa tenersi in disparte; ma è sempre lì: ad accogliere uno sfogo o una telefonata, a far sentire, appunto, che si è lì . È l’amicizia: merce rara, per cui si comprende come il proverbio biblico: «Un amico fedele è rifugio sicuro: chi lo trova, trova un tesoro» (Sir 6,14), sia diventato di dominio universale, e nessuno lo contesta. Del vero «accompagnare» la Bibbia dice: «Meglio essere in due che uno solo, perché otterranno migliore compenso per la loro fatica. Infatti, se cadono, l’uno rialza l’altro. Guai invece a chi è
solo: se cade, non ha nessuno che lo rialzi» (Qo 4,9-10).

Ma l’accompagnamento, sempre utile e auspicabile per tutti, in qualche caso è indispensabile: quando uno è caduto, è ferito, è debole, è smarrito. Nel nostro campo, ci sono persone per le quali è
assolutamente necessario un accompagnatore, cioè un cristiano che affianca, con amorevole discrezione, una persona, per es. che esce da certe esperienze religiose e intraprende il cammino di(ri)avvicinamento alla fede e alla Chiesa Cattolica. È uno dei compiti indicati da un documento della CEI:
N°14 – Dicembre 2010 2

«Preparare adeguata accoglienza e sostegno a quanti, dopo essere stati membri di sette e movimenti religiosi, decidono la strada del ritorno alla comunità di fede cattolica» (NOTA PASTORALE DEL
SEGRETARIATO PER L'ECUMENISMO E IL DIALOGO DELLA CEI, L'impegno pastorale della Chiesa di fronte ai nuovi movimenti religiosi e alle sette, 44). Non vi è nulla di nuovo: è il ruolo originario del
padrino dell'iniziazione cristiana. La persona che entra o rientra nella Chiesa ha bisogno non solo di istruzione, ma anche di formazione e di esperienza ecclesiale. Per lo più si tratta di un cammino lungo (anche di anni): l'esperienza e le idee precedenti continuano ad influire; per cui si rende necessario un accompagnatore individuale, che stia vicino con competenza, discrezione, rispetto,
pazienza, fiducia.

È un cuore vicino a un cuore: si cammina insieme, si sosta insieme. Alcune volte si fanno cose apparentemente neutre: uscire a mangiare la pizza o a fare shopping o anche solo a guardare le vetrine … In realtà gli si dedica tempo e amicizia. E non è detto che uno è «accompagnatore» e l’altro è «accompagnato»: ambedue svolgono l’uno e l’altro ruolo insieme. Se si ha cuore, ci si accorge che chi aveva assunto il compito di «accompagnatore» è a sua volta arricchito
dall’«accompagnato». Pur coi nostri limiti: senso di superiorità, spigolosità, impazienze, non manchiamo di «accompagnare»! Se amiamo veramente la persona ferita e smarrita, rispetteremo i suoi tempi, e continueremo ad amarla anche se non giungesse là dove a noi sembrerebbe giusto accompagnarla.

dicembre 2010 don Battista Cadei



Ho evidenziato l'ultima parte poiché ritengo il nocciolo del discorso.
Franco
nevio63
00venerdì 31 dicembre 2010 18:54
Bellissimo pensiero caro Franco

che merita un inno:



[SM=g9581] [SM=x2119909] [SM=x2257481]
jack-l'indipendente
00venerdì 31 dicembre 2010 21:25


Sono d'accordo pressocchè con tutto quello che hai postato Franco



[SM=g7348] [SM=g8920]




santapazienzauno
00giovedì 6 gennaio 2011 22:25



È un cuore vicino a un cuore: si cammina insieme, si sosta insieme. Alcune volte si fanno cose apparentemente neutre: uscire a mangiare la pizza o a fare shopping o anche solo a guardare le vetrine … In realtà gli si dedica tempo e amicizia. E non è detto che uno è «accompagnatore» e l’altro è «accompagnato»: ambedue svolgono l’uno e l’altro ruolo insieme. Se si ha cuore, ci si accorge che chi aveva assunto il compito di «accompagnatore» è a sua volta arricchito
dall’«accompagnato». Pur coi nostri limiti: senso di superiorità, spigolosità, impazienze, non manchiamo di «accompagnare»! Se amiamo veramente la persona ferita e smarrita, rispetteremo i suoi tempi, e continueremo ad amarla anche se non giungesse là dove a noi sembrerebbe giusto accompagnarla.
dicembre 2010 don Battista Cadei




Non riesco ad accompagnarti"


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