Acta Minaccia La Libertà Di Internet

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mauro.68
00domenica 19 febbraio 2012 18:37
Anche se in Italia è forse poco conosciuta, nel resto d’Europa la parola ACTA è probabilmente tra le più chiacchierate del momento. Si tratta del famigerato accordo anticontraffazione (Anti-Counterfeiting Trade Agreement) firmato il 26 gennaio 2012 nella sede del ministero degli esteri giapponese. Con questa firma, agli Stati che già hanno aderito, cioè Australia, Canada, Giappone, Corea del Sud, Marocco, New Zealand, Singapore e USA, si sono aggiunti 22 membri dell’Unione europea, nonché la medesima Unione.
In realtà si tratta di una firma preliminare, dopo di ché il trattato ACTA dovrà passare al vaglio di numerose commissioni europee, per poi essere ratificata dal Parlamento e infine dai singoli Stati membri. La firma definitiva era inizialmente fissata per i primi di giugno, però le proteste che hanno scosso l’intera Europa, dalla Polonia alla Slovenia, dalla Lituania alla Svezia, alla Francia, fino alla Germania, probabilmente ne faranno ritardare il cammino.

Ma di cosa si tratta esattamente?
ACTA è un trattato commerciale i cui prodromi si rintracciano nel lontano 2002 quando gli Usa proposero una serie di accordi da negoziare con altri Stati al fine di realizzare una standardizzazione delle regole e delle norme per la tutela dei marchi, dei brevetti e della proprietà intellettuale. Quindi, uno strumento per rafforzare la protezione del copyright, per combattere la pirateria e la diffusione di prodotti contraffatti, in particolare i farmaci.
A dirla in questo modo pare una buona cosa, se non ché molti dubbi sono sorti intorno a questo trattato, nel lungo cammino della sua negoziazione. Innanzitutto perché il trattato è stato segreto per molti anni, solo nel 2008 si sono avuti i primi testi non ufficiali. Poi, quando finalmente è stato diffuso il primo testo dell’accordo, subito si è potuto notare che molte disposizioni avrebbero un impatto non proprio positivo sulla rete.

ACTA in sostanza prevede la realizzazione di una sorta di governance superiore, una Commissione che potrà modificare i termini e le regole del trattato, modifiche che verranno recepite automaticamente dai singoli Stati aderenti. Tale Commissione non sarà eletta democraticamente, bensì nominata, quindi la funzione legislativa dell’Unione Europea, nelle materia di cui tratta ACTA, finirà per essere sostanzialmente demandata ad un organo non rappresentativo, non democraticamente eletto, e che non risponderà ai cittadini europei.

Scendendo nel dettaglio le norme di ACTA prevedono l’introduzione di regole condivise per tutti gli Stati aderenti, i quali avranno l’obbligo di conformare il proprio diritto interno a tali procedure. In particolare, si prevede che la valutazione dell’illiceità di un contenuto immesso in rete sarà demandata alla cooperazione tra i detentori dei diritti, cioè delle multinazionali, e i provider, cioè i fornitori di servizi online, altre multinazionali. In sostanza sarà il titolare dei diritti a chiedere la rimozione di un contenuto, valutandolo come illecito, senza che nessuno potrà contestare tale valutazione, e se il fornitore di servizi online non “coopererà” per impedire la diffusione del contenuto, potrebbe doverne rispondere in prima persona. È evidente che la cooperazione tra le multinazionali consentirà di rimuovere tutti quei contenuti che i detentori dei diritti riterranno, a loro insindacabile giudizio, “illeciti”. Insomma, la funzione giudiziaria, cioè la valutazione degli illeciti, verrà demandata agli accordi tra multinazionali.

È evidente che nella stretta tra le multinazionali, i cui interessi convergenti costringeranno alla collaborazione, i cittadini saranno gli unici a perderci. Il rischio concreto è che qualunque cosa possa semplicemente dare fastidio a qualche grande aziende verrà rimosso dal web.

Ecco perché da gennaio 2012 in molti Stati d’Europa i cittadini sono scesi in piazza protestando contro questo accordo commerciale che, con la pretesa di tutelare gli interessi economici delle multinazionali, rischia di limitare fortemente la libertà degli internauti, con gravi conseguenze anche sulla libertà di espressione. E gli effetti delle proteste non si sono fatti attendere: in Polonia il premier ha sospeso la ratifica del trattato, sostenendo che è necessario sentire il parere dei cittadini; in Slovenia il primo ministro ha sostenuto di non aver compreso bene le implicazioni del trattato; anche nella Repubblica Ceca il trattato è stato sospeso, e per ultima anche la Germania ha fatto un passo indietro.
Adesso ACTA è in forse; il suo cammino a livello europeo proseguirà, a fine febbraio è prevista una votazione in una Commissione, ma le manifestazioni in tutta Europa, con gente preoccupata per la propria libertà in rete che è scesa in piazza nonostante il freddo glaciale degli ultimi giorni, fanno ben sperare che un tale draconiano accordo possa essere accantonato del tutto.

Fonte

Mauro
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