Figlio dell'uomo o essere umano

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flabot
00domenica 18 ottobre 2009 18:28
Nei tre linguaggi semitici più importanti, l'aramaico, l'ebraico e l'arabo, l'espressione "figlio dell'uomo" significa "essere umano".
Nel linguaggio di tutti i giorni, Gesù si definiva un essere umano. Secondo i vangeli, egli usa l'espressione " figlio dell'uomo" approssimativamente ventotto volte.
Per gli occidentali l'espressione "figlio dell'uomo" suona piuttosto strana e ha causato molta confusione in coloro che hanno cercato di interpretare i Vangeli senza conoscere il linguaggio aramaico.
La parola esatta in aramaico è bar-nasha, una parola composta bar significa figlio e . Ma è sbagliato tradurre letteralmente l'aramaico bar-nasha con figlio dell'uomo, la traduzione corretta è essere umano.
Tuttavia molti traduttori biblici hanno tradotto e ancora traducono, questa espressione alla lettera.



Cosa ne pensate di questo ragionamento fatto da un professore universitario? [SM=g1916242] [SM=g1916242]
mauro.68
00domenica 18 ottobre 2009 18:33
se ce la fate a leggere.

In base ai testi evangelici pervenuti, gli appellativi di Yeschuah Bar-Yosef (Gesù [il
“Cristo”] Figlio di Giuseppe), sia datigli che autodatisi, sono numerosi ed hanno o l'aspetto di titoli
qualificativi ― come, ad esempio, “rJabbi” (“maestro”) (cfr. Matteo, XXIII, 7) e “profhvth"”
(letteralmente “a favore parlante”, italianizzato “profeta”) (cfr. Giovanni VI, 14) (1) o l'aspetto di
titoli onorifici (megalomanici) di dominio [come, ad esempio, “uiJoV" tou` qeou`” (“figlio di
dio”) (2) e “kuvrio"” (= “adon” in aramaico, “dominus” in latino e “padrone” in italiano) (3) in
quanto ritenuto figlio del “Temuto (Elohên) Onnipotente (Sahddaj) Padrone-nostro (Adon-aj) IL
QUALE È (YHAWEH) in cielo (djvô = qeoV" = deus = dio)”, “uiJoV" tou` Dauivd” (“figlio di
Davide”), “CristoV"” (“Unto [Re]”) e “basileuV" tou` jIsrahvl” (“re d’Israele”) in quanto
ritenuto di nobile stirpe regale (discendente del Re Davide), “uiJoV" tou` ajnqrwvpou” (“figlio
dell'uomo”) per alludere, dissimulando (4), all’essere sovraumano “incarnato umano”, ecc. ― più
che di nomi indicativi.
L’espressiome “uiJoV" tou` ajnqrwvpou” (“figlio dell'uomo”) si riscontra per la prima volta nel
V.T. in Daniele VII, 13: «…kaiV iJdouV metaV tw`n nefelw`n tou` ejpiV tw`n nefelw`n tou` wj" uiJoV"
ajnqrwvpou h[rceto…» («…ed ecco fra le nuvole al disopra le nuvole del cielo come [= sotto le
sembianze di] figlio d’uomo [bambino (?) o essere umano adulto (?)] venire [un personaggio]…»).
A riguardo, Foot Moore (1920) precisa quanto segue: «…La frase “Figlio dell’Uomo”, che nella
lingua madre di Gesù e dei suoi discepoli non significava altro che “essere umano” in senso lato,
acquistò un significato [specifico] soltanto in tale associazione apocalittica: prese a significare la
figura “quasi di un uomo” che Daniele ed Enoch avevano visto in cielo e che quest’ultimo
identificava con “il giusto e l’eletto”, cioè il Messia…» (cfr: Foot Moore G.: «A History of
Religions», New York, 1920). Infatti, nell'antica Palestina, all'epoca in cui sarebbe vissuto Yeschuah
Bar-Yosef (Gesù [il “Cristo”] Figlio di Giuseppe), le espressioni “bar nasha”, “bar 'enosh”,
“'enosh” ed “'enosha” erano di uso corrente per significare indistintamente “l'uomo”, “un uomo”,
“un individuo”, ecc. ed anche “ognuno”. Inoltre, le prime due espressioni erano anche usate per
significare “ogni uomo” e le seconde due per significare “gli uomini” in senso collettivo.
Comunque, per quanto concerne l'appellativo evangelico di “Bar-nasha”(“Figlio dell’uomo”)
datosi da Yeschuah Bar-Yosef (Gesù [il “Cristo”] Figlio di Giuseppe) si ritiene opportuno riportare,
le seguenti deduzioni tratte da Augstein (1972): tale appellativo è «...Sicuramente il titolo più
sorprendente che Gesù si possa essere attribuito, e che suona “il figlio dell'uomo”. Nei quattro
Vangeli [canonici], per un totale di cinquantuno volte tralasciando i passi comparativi [se si
considerano anche questi il totale supera le sessanta volte], Gesù parla di se stesso in terza persona
definendosi figlio dell'uomo, ed i quattro evangelisti non lasciano dubbi nel collegare a questo titolo
poteri di sovranità di dimensioni sovrannaturali. L'aramaico conosce il termine “figlio dell'uomo”
nel senso primitivo di “uomo”, ma anche in senso cultuale e sovrumano. I testi dei Vangeli, redatti
in greco, non forniscono alcun chiarimento, figlio dell'uomo si dice oJ uijoV" tou` ajnqrwvpou (“il
figlio dell'uomo”), [...] il concetto di figlio dell'uomo si presta magnificamente a oscillare tra una
perifrasi retorica del tipo Io-sono-uno-di-voi e il superuomo ancora da rappresentare. Ma chi dice
che a Gesù era venuta in mente una cosa del genere? Altrettanto bene e, anzi, più plausibilmente, gli
evangelisti potrebbero essersi serviti di tale informazione. [...] cosa vuol dire Gesù quando parla in
terza persona di “figlio dell'uomo”? Si può rispondere: probabilmente non ha voluto parlare di sé
come figlio dell'uomo, se mai ha voluto dare al termine questo significato. [...]. Oggi prevale
l'opinione che Gesù abbia assunto, ricopiandolo, il titolo di figlio dell'uomo per definire la sua
persona, ma che non si sia ritenuto tale. Allo stesso modo si può affermare che non ha mai parlato
di figlio dell'uomo, ma che il titolo gli è stato appioppato in considerazione della sua utilità
programmatica e dell'efficacia del suono. [...]. Il Messia è una figura strettamente nazionale, è
probabile che la tradizione giudaica abbia ripreso il “figlio dell'uomo” dall'apocalittica persiana,
dalle rivelazioni sull'imminente fine del mondo, e l'abbia fuso insieme al concetto di Messia; è
l'uomo trascendente che viene dal cielo, concentrato su Israele (gli evangelisti non sanno
distinguere nettamente tra Messia e figlio dell'uomo, cosa che non sorprende data la lieve
consistenza di ambedue le figure mitiche). Il più antico testo giudaico in cui compaia un figlio
dell'uomo cultico è L'apocalisse (= “rivelazione”) del Libro di Daniele, scritto verso il 165 a. C.,
dopo il processo di ellenizzazione promosso dal sommo sacerdote giudaico Giasone e l'introduzione
del culto di Zeus olimpico nel tempio di Gerusalemme da parte del re siriaco Antioco IV Epifane;
un'umiliazione senza precedenti che diede il via alla rivolta dei Maccabei. Gli scritti apocalittici,
imbevuti di influenze persiane, circolavano come una sorta di dottrine misteriche tra le correnti non
ufficiali del giudaismo, sicuramente tra comunità del convento di Qumran. Nel Libro di Daniele
[VII, 13-14] si legge: “Io stavo ancora assorto nella visione notturna, quando ecco venire in mezzo
alle nuvole il Figlio dell'uomo, che si avanzò fino al Vetusto di giorni [= l'Eterno, cioè il “Temuto
(Elohên) Onnipotente (Sahddaj) Padrone-nostro (Adon-aj) IL QUALE È (YHAWEH) in cielo (djvô
= qeoV" = deus = dio)”], e davanti a lui fu presentato, e questi gli conferì la potestà, l'onore e il
regno. Tutti i popoli, le schiatte e le lingue serviranno a lui; la sua potestà sarà una potestà eterna
che non gli sarà mai tolta, e il suo regno, un regno che non sarà mai distrutto”. Verrà il regno di
Dio, ma egli non regnerà direttamente, bensì attraverso un mediatore dall'aspetto di uomo. Il quale
non era inteso come un capo universale, come si sono messi in testa innumerevoli teologi, ma come
un capo giudeo, un dominatore che giudicherà le popolazioni pagane (“pagano” nei Vangeli si dice
ejqnikov" da e{qno" = popolo). La Bibbia di Gerusalemme vede in ciò l'ultimo anello della catena di
promesse messianiche. Gesù, re del nascente regno di Dio, si definirà figlio dell'uomo e con questo
“indicherà chiaramente che è venuto per compiere le promesse del Libro di Daniele”: il liberatore
come risolutore ultimo e definitivo. Cosa pensano i Vangeli del figlio dell'uomo? Quando la
persecuzione della comunità avrà raggiunto il suo apice, egli piomberà dal cielo come un fulmine
che nessuno si aspetta. Apparirà nella gloria divina, circondato da nuvole e da schiere di angeli. Egli
siede sul trono alla destra di Dio e invia i suoi angeli a radunare gli eletti dai quattro angoli del
mondo. E giudicherà insieme con i dodici rappresentanti del popolo delle dodici tribù. Così,
secondo i Vangeli, Gesù descrive il suo ruolo. Certo un uomo che suscita simili attese, per la
mentalità odierna è salvabile solo a fatica, anche se non vede se stesso, ma un'altra persona, nel
ruolo di figlio dell'uomo che sta per giungere. Ma se Gesù avesse considerato se stesso come il
figlio dell'uomo che sopraggiunge, cosa che nei Vangeli è detta chiara e tonda? Per sostenere oggi
una tesi del genere ci vuole del coraggio, comunque per ristorarci possiamo leggere l'opinione di
Jeremias [cfr. Jeremias J.: «Neutestamentiche Theologie. Teil 1. Die Verkündigung Jesu»,
Gütersloh, 1971]: quando Gesù parla del figlio dell'uomo in terza persona non intende due distinte
persone, una umana, cioè lui, e una sovraumana, cioè un altro (come propone all'incirca Bultmann)
[cfr. Bultmann R.: «Theologie des Neuen Testaments» (VI Ed.), Tübingen, 1968]. Piuttosto egli
considera due diverse situazioni, distinguendo tra il suo presente e il suo futuro in “status
exaltationis”, e questa misteriosa relazione si rivelerebbe nell'uso della terza persona: “Egli non è
ancora il figlio dell'uomo, ma verrà innalzato a figlio dell'uomo”. Cosa resta dunque, se Gesù non
fu il Messia né il figlio dell'uomo né il figlio di Dio e se non si considerò affatto tale? Cosa resta,
oltre ad un fascio di precetti morali? Solo la riferitaci disponibilità a sacrificare la sua vita per
riconciliare Dio con tutti gli uomini. [...]. Se egli non si considera né il Messia, né il figlio dell'uomo
e neppure il secondo Giuda Maccabeo, cioè un re terreno dei giudei, come potrebbe la sua morte
produrre qualche effetto? il buon pastore che sacrifica la sua vita per il gregge non lo fa certo per
niente, ma perché si aspetta un premio o una punizione a seconda che faccia subire o no danni al
gregge prima del periodo di macellazione (il nesso tra le pecore, animali proverbialmente destinati
al sacrificio, e la salvezza dell'uomo sfuma molto sintomaticamente nel perverso). Era inevitabile
che, di fronte alla scarsità delle fonti, a qualcuno venisse l'idea che Gesù, per quanto non erudito
secondo la concezione del suo tempo (“Predicatore vagante”), avrebbe modellato
consapevolmente la propria vita secondo le antiche profezie, avrebbe insomma intrapreso sul
proprio corpo una specie di lavoro da intagliatore di crocefissi. [...]. Secondo questa tesi, Gesù
avrebbe ricavato i propri modelli principalmente da due testi, il Deuteroisaia (“Secondo Isaia”,
scritto intorno al 540 [a. C.]) e il Libro di Enoch, frutto di più stesure tra il 170 ed il 30 [a. C.], che i
primi padri della Chiesa tenevano in grande considerazione fino a che venne relegato tra gli apocrifi
da Gerolamo nel IV secolo. Questo Enoch, diventato così un libro “segreto”, non ufficiale, ha
avuto “una grande influenza” sugli scritti del N.T., come oggi è assodato. La profezia del
Deuteroisaia contiene un passo su un servo di Dio sofferente che offre la propria vita come
espiazione e che viene schiacciato da Jahwe. Egli viene colpito a morte per i peccati altrui; non
possiede “né figura né bellezza” e “non ha un volto che attiri i nostri sguardi” [Isaia LIII, da 3 a
12]: “Egli era disprezzato e schivato dagli uomini, era un uomo che conosceva il dolore; odiato
come uno davanti al quale ci si copre il volto, tenuto in nessun conto. Ma in verità egli ha caricato
su di sé le nostre malattie e i nostri dolori; eppure noi lo ritenevamo un uomo finito, che Dio ha
colpito e piegato. Egli fu trafitto dai nostri peccati, schiantato dai nostri delitti; la punizione
gravava su di lui per la nostra pace; dai suoi lividi ci è venuta la guarigione. Noi eravamo come
pecore smarrite, ognuno per la sua strada. Ma Jahwe lo colpì con i peccati di tutti noi. Egli fu
maltrattato, eppure si chinò. Non aprì bocca. Come un agnello che viene condotto al macello, come
una pecora ammutolita al cospetto del tosatore, non aprì bocca. Egli fu preso con la forza e
giudicato [...] fu strappato dalla terra dei vivi; per i nostri peccati fu giudicato reo di morte. Si
decise di seppellirlo insieme agli assassini e ai ricchi, sebbene non avesse mai fatto torto e non ci
fosse inganno nella sua bocca. Jahwe si compiacque di schiacciarlo sotto il dolore; se egli offrirà
la propria vita come espiazione, vedrà la sua discendenza e molti giorni di vita, e il piano di Jahwe
si attuerà per sua mano. Dopo le pene della sua anima, egli vedrà la luce e si sazierà. Con il suo
dolore il mio servo giustificherà molti, assumendosi le loro colpe. Per questo voglio dargli le
moltitudine come assegnazione e i potenti gli aspettano come preda perché egli ha sacrificato con
la morte la sua vita ed è stato contato tra i malfattori, mentre portava le colpe di molti e si faceva
garante per i peccatori”. Gesù, afferma Otto, avrebbe citato espressamente Isaia, avrebbe essere
considerato il concepimento di questa figura, l'avrebbe “riconosciuta fin dall'inizio come profezia
su se stesso” [cfr. Otto R.: «Reich Gottes und Menschensohn» (II Ed.), München, 1940]. Allora,
forse, sarebbe stato ciò che [...] Holl mette in dubbio, e cioè un “intellettuale tormentato” [cfr Holl
A.: «Jesus in schlechter Gesellschaft», Stuttgart, 1971]. Solo con molto sforzo ci si può immaginare
che uno dominato da questa idea fissa abbia potuto trovare discepoli. Ma forse non ha avuto alcun
discepolo, o soltanto molto pochi; forse, come pensa Bultmann, solo “una piccola schiera” [cfr.
Bultmann R.: «Das Verhältnis der urchristichen Christusbotschaft zum historischen Jesus”,
Heidelberg, 1960]. Questo famoso passo di Isaia (LIII, da 3 a 12) rivela unicamente, come effettivo
punto d'appoggio per un Gesù che volesse compiere la profezia, che doveva avercela messa tutta
per farsi uccidere da certi nemici. Aveva una prospettiva del genere? Burrows [...] ritiene
effettivamente che Gesù abbia “trovato in Isaia LIII il modello per la sua vita di sacrificio, per la
sua morte di rappresentanza e per la vittoria finale” [cfr. Burrows M.: «Mehr Klarheit über die
Schriftrollen», München, 1958]. Vogliamo solo annotare rapidamente che questo singolare passo
dell'A.T. è stato messo in rapporto, dall'esegesi giudaica, con il popolo d'Israele. Il profeta scrive a
Babilonia, dove erano stati deportati molti israeliti. Quindi, questo “servo di Dio dolorante”
sarebbe Israele. La seconda profezia considerata esemplare da Otto, nel cui schema “Gesù avrebbe
pensato sé stesso” [cfr. Otto R.: Op. cit., München, 1940], è il libro redatto con il nome di Enoch,
pieno di figure e di immagini apocalittiche, certo più difficilmente accessibile, ai tempi di Gesù, del
Deuteroisaia. Enoch, come Daniele, è un eroe dei tempi più remoti. Secondo il primo libro di Mosè,
visse 365 anni, quindi probabilmente rispecchia antiche immagini del dio del sole. Come più tardi il
profeta Elia, anch'egli non muore, ma Dio lo prende con sé in maniera misteriosa, e Otto non fa
mistero, nella sua tesi, che Gesù avrebbe avuto davanti agli occhi fino alla morte “una dipartita e
una elevazione come quella di Enoch” (“Non mirava alla morte e a un ritorno alla vita corporea
successiva alla morte o alla resurrezione, bensì a una sottrazione ed elevazione simili a quelle di
Enoch e, dal momento in cui seppe che il figlio dell'uomo doveva soffrire, alla morte stessa come
passaggio diretto all'elevazione”) [cfr. Otto R.: Op. cit., München, 1940] Tutte queste apocalissi
promettono al giusto che si pente una vita beata, ma ai peccatori incalliti e ai pagani una fine tra
interminabili terrori. Enoch [...] viaggia, istruito dagli angeli, per il mondo e per il regno dei morti.
Incontra gli spiriti dei giusti trapassati e quelli degli angeli caduti nelle loro carceri; apprende
un'infinità di misteri cosmici e predice l'avvento del Messia-figlio dell'uomo, chiamato anche “il
Giusto” e “l'Eletto”; Messia e figlio dell'uomo quindi si fondono. Nella parte centrale, Enoch
stesso diventa figlio dell'uomo, quindi torna sulla terra e racconta le sue visioni al figlio
Matusalemme. [...]. Il ruolo del Messia-figlio dell'uomo è descritto con abbondanza. I suoi nemici
sono i re e i potenti di questa terra e su di loro, bestie pagane ed uccelli da rapina, peserà il suo
giudizio, per loro si approntano gli strumenti di tortura [!!]. I pagani (sono nominati espressamente i
Medi ed i Parti) si scagliano contro Gerusalemme, ma vengono indotti a sterminarsi
reciprocamente. La loro fine è uno spettacolo per i giusti. La spada di Dio fa strage della presenza
del figlio dell'uomo e s'inebria del sangue delle vittime. Il figlio dell'uomo fa sparire e cancellare
dalla faccia della terra tutti i peccatori e tutti coloro che hanno traviato il mondo. I giusti trapassati
risorgeranno e la diaspora giudaica tornerà in patria. Il figlio dell'uomo, che già prima della
creazione del mondo era vicino a Dio, diverrà per sempre il bastone dei giusti e dei santi e la luce
dei popoli [...]. Non si riesce bene a capire come un ebreo o un uomo qualsiasi possa aver creduto
che questo figlio dell'uomo sia stato ambedue le cose: il servo dolorante di Dio che si lascia
condurre al macello senza opporre resistenza ed il preesistente dominatore della giustizia nelle
fantasticherie di Enoch. Ma non possiamo ignorare che, al pari di Otto, anche l'altrettanto esperto
Burrows afferma che Gesù si sarebbe rivolto “deliberatamente e coerentemente” [cfr. Burrows M.:
Op. cit., München, 1958] a ciò che del figlio dell'uomo era stato scritto, e cioè che avrebbe dovuto
soffrire molto e sarebbe stato disprezzato. È quello che effettivamente troviamo in Marco (IX, 12),
ma qui l'evangelista sembra già aver condensato l'Enoch e il Deuteroisaia. Il Messia-figlio
dell'uomo di Enoch non è sofferente, né tanto meno disprezzato, anzi il suo aspetto, come quello del
Messia del Libro di Daniele, è “pieno di grazia come uno degli angeli celesti” (XLVI, 1). Egli è
preesistente [...]. L'ebreo che si fosse considerato il Messia-figlio dell'uomo dell'Enoch avrebbe
dovuto averci, diciamolo chiaro, un ramoscello. Come sono arrivati dei seri eruditi a collegare il
figlio dell'uomo dell'Enoch con un servo di Dio pieno di dolori? Un equivoco, spiegabile in un testo
come l'Enoch confuso e tradotto tre volte, può chiarire l'errore. [...]. Forzando molto il senso
figurato del discorso, si può commentare che il Giusto, il cui sangue viene versato [...] si identifichi
con il figlio dell'uomo. [...]. Anche sorvolando sul fatto che in tempi precristiani il Messia-figlio
dell'uomo non è un “sofferente”, pure negli strati più antichi della tradizione, ad esempio in tutto il
Vangelo di Marco, manca qualsiasi accenno al titolo di “servo di Dio” che si trova in Isaia; e
ancora in Matteo (VIII, 17), che cita Isaia (LIII, 4), manca il riferimento al servo di Dio sofferente
sia “fondamentale” per la consapevolezza di sovranità di Gesù. Vedremo invece che anche gli
evangelisti si sono attenuti, in modo diverso, all'Enoch, quindi si può dedurre che essi, e non Gesù,
abbiano avuto presente il Deuteroisaia. Il Messia-figlio dell'uomo divenne un sofferente [...] dopo
che era morto soffrendo...» (cfr. Augstein R.: «Jesus Menschensohn», München-Gütersloh-Wien,
1972), cioè dopo che la storicizzazione evangelica lo ha voluto tramandare, per riprovevoli
necessità politiche, come morto atrocmente torturato!
NOTE
(1) Per quanto riguarda il concetto di “profeta” e di “profezia” nell’antico pensiero giudaico cfr. Meignan R.: «Les
Prophétes d’Israel et le Messie», Paris, 1894; Caillard V.: «Jesus Christ et les prophéties messianiques», Paris, 1905;
Brierre-Narbonne I.: «Les prophéties messianiques de l’A.T. dans la littérature juive en accord avec le N.T.», Paris,
1933; Gerster T.V.: «Jesus in ore prophetarum», Roma, 1934; Ceuppens C.: «De prophetis messianicis in A.T.», Roma,
1935; Boson G.: «I profeti d’Israele», Brescia, 1948; Bacht H.: «Wahares und falsches Prophetentum», Biblica, 53,
237, 1951; ecc.
(2) All’epoca di Yeschuah Bar-Yosef (Gesù [il “Cristo”] Figlio di Giuseppe) il titolo di “Figlio di Dio”, come attesta
Wetter (1916), non costituiva nulla di eccezionale (cfr. Wetter G.P.: «“Der son Gottes”. Eine Untersuchung über den
Charakter und die Tendenz des Johannes-Evangeliums. Zugleich ein Beitrag zur Kenntnis der Heilandsgestalt der
Antike», Leipzig, 1916), in quanto fin dalla più remota antichità molti personaggi erano già stati ritenuti “figli di Dio”
ed erano venerati come tali, quali, ad esempio, Pitagora, Platone, L’imperatore Augusto, Apollonio di Tiana, ecc.
D’altra parte, si deve ricordare che Yeschuah Bar-Yosef (Gesù [il “Cristo”] Figlio di Giuseppe) per i primi suoi seguaci
non è né “figlio di Dio” né, tanto meno, Dio egli stesso, in quanto viene ufficialmente nominato a rango di “figlio di
Dio”, successivamente, con la discesa verso di lui dello “Spirito Santo” sotto forma di colomba. Infatti, se fosse stato
altrimenti, il montaggio di questa scena sarebbe stato superfluo!
(3) Yeschuah Bar-Yosef (Gesù [il “Cristo”] Figlio di Giuseppe), sicuramente per dissimulare la sua pretesa di dominio,
non si è mai direttamente autoattribuito il titolo di “Padrone” ― che la comunità cristiana fin dall’inizio gli attribuisce
preferenzialmente, come attesta Schaöul (Paolo di Tarso): «…ei\" Kuvrio" jIhsou`" Cristov", ou` taV pavnta kaiV
hJmei`" aujtou`…» («…un solo Padrone Gesù Cristo, di cui [sono] tutte le cose e di cui [siamo] noi stessi…» (I Cor.
VIII, 6) ―, quantunque ne faccia chiaro autoriferimento allorché, come riferiscse l’Evangelista che scrive a nome di
Luca egli risponde al diavolo che lo tenta «…oujk ejkpeiravsei" tovn Kuvrion Qeovn sou…» («…non tenterai il
Padrone Dio tuo…) (IV, 12) ― connotando di essere anche Dio egli stesso: tipico delirio teomegalomanico! ― e
sebbene lo accetti volentieri, come si deduce da quanto riferisce l’Evangelista che scrive a nome di Giovanni: «…uJmei`"
fwnei`teV me: […] oJ Kuvrio", kaiV kalw`" leVgete: gavr eiJmiV…» («…voi chiamate me […] il Padrone, e dite bene:
infatti [lo] sono…») (XIII, 13).
(4) La “dissimulazione” (necessità di nascondere le proprie intenzioni) è un sintomo caratteristico dei paranoici con
delirio religioso, come è stato ben evidenziato da Soliman (1886), che si manifesta con la continua esigenza di
assicurarsi silenzio e segretezza su quanto concerne il proprio delirio poiché «...essi temono di esporsi allo scherno...»
(cfr. Soliman N.: «Contribution à l'étude de la folie religieuse», Paris, 1886). Orbene, tale sintomo specifico fatto
manifestare a Yeschuah Bar-Yosef (Gesù [il “Cristo”] Figlio di Giuseppe) risulta chiaramente documentato in tutti i tre
Vangeli sinottici dalle seguenti iterate espressioni: «...diesteivlato aujtoi`", i{na mhdeiV" gnw/` tou`to...»
(«...raccomandò loro insistentemente, affinché nessuno lo sapesse...» (Marco V, 43), «...diesteivlato aujtoi`", i{na
mhdeniV levgwsin...» («...raccomandò loro, affinché non lo dicessero a nessuno...» (Marco VII, 36), «...ejpetivmhsen
aujtoi`", i{na mhdeniV levgwsin periV aujtou`...» («...ordinò loro, affinché non parlassero di lui a nessuno...» (Marco
VIII, 30), «...oujk h[qelen i{na ti" gnoi`...» («...non voleva che loro sapessero…» (Maeco IX, 30), «...ejnebrimhvqh
aujtoi" oJ jIhsou`"levgwn: oJra`te, mhdeiV" ginwskevtw...» («...il Gesù li ammonì dicendo: guardate, nessuno deve
sapere...» (Matteo IX, 30), «...ejqeravpeusen aujtouV" pavnta", kaiV ejpetivmhsen aujtoi`", i{na mh faneroVn aujtoVn
poihvswsin...» («...li curò tutti, e proibì loro, affinché non lo facessero manifesto...» (Matteo XII, 15), «...tovte
diesteivlato toi`" maqhtai`", i{na mhdeniV ei[pwsin o{ti aujtoi`" ejstin oJ Cristov"...» («...allora raccomandò ai
discepoli, affinché non dicessero a nessuno che egli era il Cristo [l'Unto]...» (MatteoXVI, 20), «...oJ deV ejpitimhvsa"
aujtoi`" parhvggeilen mhdeniV levgein tou`to...» («...ma egli ordinò loro severamente di non dirlo a nessuno...») (Luca
IX, 21), ecc. Tuttavia, con tipica “ambivalenza” (Cfr. Bleuler E.: «Die Dementia Praecox oder Gruppe der
Schizophrenien» in Aschaffenburg G.: «Handbuch der Psychiatrie», Leipzig und Wien, 1911), altro sintomo
caratteristico fatto manifestare a Yeschuah Bar-Yosef (Gesù [il “Cristo”] Figlio di Giuseppe). Infatti, la sua ossessiva
esigenza di silenzio e segretezza cessa all'improvviso quando spavaldamente si rivela alla Samaritana: «...levgei aujtw/`
hJ gunhv: oi\da o{ti Messiva" e[rcetai, oJ Cristov": o{tane[lqh/` ejkei`no", ajnaggelei` hJmi`n a{panta. levgei aujth/` oJ
jIhsou`": ejgwv ejijmi, oJ lalw`n soi...» («...dice a lui la donna: so che verrà il Messia [l'Unto], il denominato Cristo
[Unto]: dunque quando verrà, ci annuncerà ogni cosa. Le dice il Gesù: io sono, che sto parlando con te...» (Giovanni IV,
25-26). D'altra parte, al pari di tutti i paranoici, Yeschuah Bar-Yosef (Gesù [il “Cristo”] Figlio di Giuseppe) quando si
trova in presenza di vari testimoni eterogenei non dice mai esplicitamente con chiarezza chi crede di essere. Quindi, in
tali evenienze preferiva parlare di se stesso esclusivamente in maniera allusiva e misteriosa. Conformemente a questa
sua esigenza egli escogita, tra l'altro, di indicare se stesso con l'espressione convenzionale aramaica “Bar-nasha”
(“Figlio di uomo”) che nei Vangeli redatti in greco si riscontra tradotta con la corrispondente espressione “uiJoV" tou`
ajnqrwvpou”. Tale espressione risulta pronunziata stereotipatamente esclusivamente da Yeschuah Bar-Yosef (Gesù [il
“Cristo”] Figlio di Giuseppe) medesimo, quasi sempre in terza persona come usano fare i paranoici, un numero
notevole di volte tanto che nei soli tre Vangeli sinottici si riscontra oltre sessanta volte! D'altra parte, come fa notare
Binet-Sanglé (1912), Yeschuah Bar-Yosef (Gesù [il “Cristo”] Figlio di Giuseppe) «...fino all'età di trenta anni ha
dissimulato ai suoi compatrioti la sua pretesa messianità; la rivelazione che ne fa loro, dopo il suo primo accesso di
vagabondaggio, li riempie di stupore tanto che d'indignazione (cfr. Binet-Sanglé Ch.: «La folie de Jésus», Tome III,
Troisième éd., Paris, 1912).

www.fernandoliggio.org/art88.pdf
flabot
00domenica 18 ottobre 2009 18:42
In aramaico quando la parola bar "figlio" viene unita ad altre parole, queste parole cambiano significato.
Per esempio, barabba tradotto alla lettera significa figlio del padre, ma in realtà tradotto nel modo giusto significa egli assomiglia a suo padre
Bargara tradotto alla lettera significa figlio del tetto, ma tradotto correttamenta significa un pazzo
Bar-zauga, figlio del giogo alla lettera, ma amico o compagno nel modo corretto
Bar-hila, figlio del potere alla lettera, ma soldato nel modo corretto
Bar-yolpana, figlio dell'istruzione alla lettera, ma discepolo nel modo corretto.
Quindi bar-nasha, figlio dell'uomo alla lettera, ma uomo o essere umano nel modo corretto

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lovelove84
00domenica 18 ottobre 2009 19:38
ma figlio dell'uomo non viene espesso quando si identifica con l'essere diventato umano??????
quindi non cambia molto, tra figlio dell uomo ed essere umano, perchè è diventato essere umano, incarnandosi....

[SM=g9508]
Elyy.
00domenica 18 ottobre 2009 20:46


Forse sarebbe stato più preciso se si fosse identificato come "figlio della donna" [SM=g6815]

A parte gli scherzi, come dice Lovelove, identificarsi "figlio dell'uomo" o "essere umano" non fa molta differenza.
Gesù voleva mettere forse in risalto che da essenza di Dio che era, ora era di carne ed ossa come gli uomini, l'unico dal reame spirituale che si fece carne e nacque da una donna umana.

Altrimenti non avrebbe avuto senso specificare che era un essere umano, in quanto tutti quelli che lo ascoltavano lo erano.


Ciao,Ely


cavdna
00lunedì 19 ottobre 2009 00:52
Re:
vi saluto in CRISTO SIGNORE

mio caro fratello "flabot" che scrivi :
flabot, 18/10/2009 18.28:

Nei tre linguaggi semitici più importanti, l'aramaico, l'ebraico e l'arabo, l'espressione "figlio dell'uomo" significa "essere umano".
Nel linguaggio di tutti i giorni, Gesù si definiva un essere umano. Secondo i vangeli, egli usa l'espressione " figlio dell'uomo" approssimativamente ventotto volte.
Per gli occidentali l'espressione "figlio dell'uomo" suona piuttosto strana e ha causato molta confusione in coloro che hanno cercato di interpretare i Vangeli senza conoscere il linguaggio aramaico.
La parola esatta in aramaico è bar-nasha, una parola composta bar significa figlio e . Ma è sbagliato tradurre letteralmente l'aramaico bar-nasha con figlio dell'uomo, la traduzione corretta è essere umano.
Tuttavia molti traduttori biblici hanno tradotto e ancora traducono, questa espressione alla lettera.



Cosa ne pensate di questo ragionamento fatto da un professore universitario? [SM=g1916242] [SM=g1916242]



R I S P O S T A

mio caro fratello


dice bene la cara sorella "lovelove"???

GESU' CRISTO (ove CRISTO Non E' il cognome)

era un Ebreo

fu presentato al Tempio, fu circonciso fu...., tutto nel rispetto delle nobili tradizioni Ebraiche

e la Cristianità non è un nuovo modelllo di pensiero Religioso

ma tutto al più, potrebbe ritenersi un "NUOVO ABITO" che il POPOLO di DIO avrebbe indossato

infatti CRISTO non ha cambiato neppura una VIRGOLA della LEGGE e ....
(non sono venuto per abolire, ma per portare a compimento...)

allora viene da chiedersi se l'affermazione "FIGLIO DELL'UOMO" sia solo presente nei Vangeli oppure E' stata ripresa dal Vecchio Testamento (A. T.) Danile per esempio e altri riferimenti???

sia stata Ripresa a conferma che era già stata annunciata tale figura (un DIO che si fa Uomo per condividere con l'Uomo tutto eccetto il Peccato) - quasi a siggillo di garanzia di un DIO che aveva già annunciato la SALVEZZA attraverso tale figura.


il Vangelo è la realizzazione dell'Antico Testamento

ed allora dobbiamo ricercare nel Vecchio ciò che si realizzerà nel nuovo
(da approfondire????)

grazie [SM=g1902224]

vi saluto in CRISTO RISORTO





flabot
00lunedì 19 ottobre 2009 10:31
Quello che capisco io dall'alto della mia ignoranza, è che siamo di fronte ad una traduzione fatta in modo arbitrario, nel senso che figlio dell'uomo significa essere umano oppure uomo, come ribadisce chiaramente il professore nel libro da me citato, quindi perchè tradurlo alla lettera, come non è stato fatto negli altri casi portati come esempi?
Ogni volta che viene citata, in una delle ventotto volte in cui appare nel N.T., questa "dicitura" io restavo, ora non più, sorpreso perchè pensavo, ma non sta dicendo che è un uomo? Invece sentendo anche dalle prediche in chiesa, con questa misteriosa formula, sembrava che si stesse confermando di una qualche provenienza divina invece no.


RIEPILOGANDO: POSSIAMO ALLORA DIRE CHE GESU' SI E' PIU' VOLTE DEFINITO SEMPLICEMENTE UN ESSERE UMANO?


[SM=g1916242] [SM=g1916242] [SM=g1916242] [SM=g1916242]
cavdna
00lunedì 19 ottobre 2009 22:57
vi saluto in CRISTO SIGNORE

miei caro fratelli e sorelle

ERRATA CORRIGE:

allora viene da chiedersi se l'affermazione "FIGLIO DELL'UOMO" sia solo presente nei Vangeli oppure E' stata ripresa dal Vecchio Testamento (A. T.) Daniele per esempio e altri riferimenti???

grazie [SM=g1902224] [SM=g7321]

vi saluto in CRISTO RISORTO
Elyy.
00lunedì 19 ottobre 2009 23:12
Re:
cavdna, 19/10/2009 22.57:

vi saluto in CRISTO SIGNORE

miei caro fratelli e sorelle

ERRATA CORRIGE:

allora viene da chiedersi se l'affermazione "FIGLIO DELL'UOMO" sia solo presente nei Vangeli oppure E' stata ripresa dal Vecchio Testamento (A. T.) Daniele per esempio e altri riferimenti???

grazie [SM=g1902224] [SM=g7321]

vi saluto in CRISTO RISORTO




Scusa Michele, ma dov'è la correzione? La frase qui sopra mi sembra uguale a quella nel contesto del tuo pen'ultimo post. Mi sfugge qualcosa??

Ciao e buona serata


Ely






cavdna
00lunedì 19 ottobre 2009 23:16
Re:
vi saluto in CRISTO SIGNORE

mio caro fratello "flabot" che scrivi :

flabot, 19/10/2009 10.31:

Quello che capisco io dall'alto della mia ignoranza, è che siamo di fronte ad una traduzione fatta in modo arbitrario, nel senso che figlio dell'uomo significa essere umano oppure uomo, come ribadisce chiaramente il professore nel libro da me citato, quindi perchè tradurlo alla lettera, come non è stato fatto negli altri casi portati come esempi?



R I S P O S T A

mio caro fratello


come contraddire colui che ha sempre e solo visto il solo durante il tramonto??

egli dirà che il sole è visibile in maniera GRANDE (il doppio di come lo si vede durante l'arco della Giornata)
egli dirà che è di colore arancione/rosso (e sfumature simili???)

esatto contrario di come lo si potrebbe tentare di intravedere durante l'arco della Giornata

ma egli lo conosce così.

però noi tutti sappiamo che la realtà non è ciò che viediamo a occhio nudo durante le varie fasi del giorno (dall'alba al tramonto), non è vero???





flabot, 19/10/2009 10.31:


Ogni volta che viene citata, in una delle ventotto volte in cui appare nel N.T., questa "dicitura" io restavo, ora non più, sorpreso perchè pensavo, ma non sta dicendo che è un uomo? Invece sentendo anche dalle prediche in chiesa, con questa misteriosa formula, sembrava che si stesse confermando di una qualche provenienza divina invece no.

RIEPILOGANDO: POSSIAMO ALLORA DIRE CHE GESU' SI E' PIU' VOLTE DEFINITO SEMPLICEMENTE UN ESSERE UMANO?

[SM=g1916242] [SM=g1916242] [SM=g1916242] [SM=g1916242]




R I S P O S T A

la CHIESA ha sempre riconosciuto a CRISTO sia la NATURA Umana che quella DIVINA

vero Uomo e vero DIO

"....Pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con DIO, ma spogliò se stesso...."

forse è per questo motivo che tu durante le varie omelie percepisci che dall'altare molte volte viene sottolineato la natura DIVINA del CRISTO


inoltre, (o infatti???)

affidandomi alla tua intelligenza ti chiedo di provare a pensare cosa significhi simile affermazione del MAESTRO:

dal Vangelo di Giovanni 12, :
"32 Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me”. 33 Questo diceva per indicare di qual morte doveva morire. 34 Allora la folla gli rispose: “Noi abbiamo appreso dalla Legge che il Cristo rimane in eterno; come dunque tu dici che il Figlio dell’uomo deve essere elevato? Chi è questo Figlio dell’uomo? ”. 35 Gesù allora disse loro: “Ancora per poco tempo la luce è con voi. Camminate mentre avete la luce, perché non vi sorprendano le tenebre; chi cammina nelle tenebre non sa dove va. 36 Mentre avete la luce credete nella luce, per diventare figli della luce”.
Gesù disse queste cose, poi se ne andò e si nascose da loro.
"



prova a chiederti perché il MAESTRO pone un parallelo tra il Figlio dell'Uomo e la LUCE???

chi identifica come Figlio dell'Uomo e chi identifica per LUCE???


questo ovviamente solo per porgerti un solo parallelo

grazie [SM=g1902224]

vi saluto in CRISTO RISORTO


cavdna
00lunedì 19 ottobre 2009 23:18
Re: Re:
vi saluto in CRISTO SIGNORE

mia cara sorella "Elyy" che scrivi :

Elyy., 19/10/2009 23.12:

Scusa Michele, ma dov'è la correzione? La frase qui sopra mi sembra uguale a quella nel contesto del tuo pen'ultimo post. Mi sfugge qualcosa??

Ciao e buona serata Ely




R I S P O S T A

mia cara sorella


nel precedente post avevo sbagliato il nome del Profeta

infatti nella correzione lo scritto in maniera più "evidente"

grazie [SM=g7321]

vi saluto in CRISTO RISORTO



flabot
00martedì 20 ottobre 2009 18:13




RIEPILOGANDO: POSSIAMO ALLORA DIRE CHE GESU' SI E' PIU' VOLTE DEFINITO SEMPLICEMENTE UN ESSERE UMANO?




Alla mia domanda che ripropongo sopra, è possibile rispondere con un semplice si o no oppure non so, penso che non sia per niente disdicevole, dire ogni tanto non so.
Caro Cavdna dal tuo postare mi sembra di capire che tu rispondi no!
Ho capito bene?
Se riusciresti a dire in tre parole quello che annacqui con un sacco di frasi risulteresti più comprensibile e quindi più gradevole da leggere [SM=g1916242] [SM=g1916242] [SM=g1916242] [SM=g1916242]
Elyy.
00martedì 20 ottobre 2009 18:42


Lo "stile" di Michele è unico, è come il suo carattere, non gli si può chiedere di cambiare stile, nè carattere.

E' pur vero che spesso risulta enigmatico nelle sue spiegazioni, ma dà modo di meditare.
Penso che non si rifiuterebbe di dare maggiori specificazioni se glie lo si chiedesse, ma non possiamo chiedergli di cambiare stile.

Chiedo comunque a te, Michele, di tener conto che molti di noi sono a digiuno dalla complicata esegesi e profonda spiritualità che a quanto pare tu possiedi. Tieni conto di questo perchè, per quanto ci possiamo sforzare di capire, alcune tue spiegazioni risultano per noi ermetiche, inpenetrabili.

Fai finta di trovarti davanti a bambini quando dai le tue spiegazioni, pur mantenedo il tuo stile, perchè di fronte a certi concetti, almeno
io, tale mi sento di essere



Saluti, Ely



cavdna
00martedì 20 ottobre 2009 23:22
Re:
vi sakluto in CRISTO SIGNORE

mia cara sorella "Elyy" che scrivi :

Elyy., 20/10/2009 18.42:

Lo "stile" di Michele è unico, è come il suo carattere, non gli si può chiedere di cambiare stile, nè carattere.



R I S P O S T A

mia cara sorella


quello che mi viene difficile da comprendere
è il perché qualcuno per argomentare le sue "ERESIE" può farlo attraverso scritti altrui e condirlo dei suo pensieri

mentre il sottoscritto deve limitarsi ad una semplice affermazion (si o no)

che rispetto E' questo??
(ove tra l'altro si aggiunge anche annacquare!)



Elyy., 20/10/2009 18.42:


E' pur vero che spesso risulta enigmatico nelle sue spiegazioni, ma dà modo di meditare.



R I S P O S T A

per gli enigmi che lascio - attendo solo qualche vostro richiamo per poter meglio adentrami (non voglio appesantire con argomenti che non interessano)

per le riflessione te ne sono grato




Elyy., 20/10/2009 18.42:

Penso che non si rifiuterebbe di dare maggiori specificazioni se glie lo si chiedesse, ma non possiamo chiedergli di cambiare stile.

Chiedo comunque a te, Michele, di tener conto che molti di noi sono a digiuno dalla complicata esegesi e profonda spiritualità che a quanto pare tu possiedi. Tieni conto di questo perchè, per quanto ci possiamo sforzare di capire, alcune tue spiegazioni risultano per noi ermetiche, inpenetrabili.

Fai finta di trovarti davanti a bambini quando dai le tue spiegazioni, pur mantenedo il tuo stile, perchè di fronte a certi concetti, almeno
io, tale mi sento di essere
Saluti, Ely




R I S P O S T A

in questo specifico 3d pare che siano rimasti in sospeso due richieste:
"prova a chiederti perché il MAESTRO pone un parallelo tra il Figlio dell'Uomo e la LUCE???

chi identifica come Figlio dell'Uomo e chi identifica per LUCE??? "


ed allora cerco di procedere con ordine
in Genesi 1, 1 - 5:"1 In principio Dio creò il cielo e la terra. 2 Ora la terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l’abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque.
3 Dio disse: “Sia la luce! ”. E la luce fu. 4 Dio vide che la luce era cosa buona e separò la luce dalle tenebre 5 e chiamò la luce giorno e le tenebre notte. E fu sera e fu mattina: primo giorno.
"


cosa E' questa LUCE che DIO genera nel primo Giorno???
(siccuramente non sono il sole o la luna (Creazione del 4° Giorno))

poiché la Sacra Scrittura si spiega con la Trazione che l'ha composta e con la stessa Sacra Scrittura, richiamo la spiegazione con i Sacri Testi

dal Vangelo di Giovanni 1, 1 - 14:
"1 In principio era il Verbo,
il Verbo era presso Dio
e il Verbo era Dio.
2 Egli era in principio presso Dio:
3 tutto è stato fatto per mezzo di lui,
e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che
esiste.
4 In lui era la vita
e la vita era la luce degli uomini;
5 la luce
splende nelle tenebre,
ma le tenebre non l’hanno accolta.
6 Venne un uomo mandato da Dio
e il suo nome era Giovanni.
7 Egli venne come testimone
per rendere testimonianza alla luce,
perché tutti credessero per mezzo di lui.
8 Egli non era la luce,
ma doveva render testimonianza alla luce.
9 Veniva nel mondo
la luce vera,
quella che illumina ogni uomo.

10 Egli era nel mondo,
e il mondo fu fatto per mezzo di lui,
eppure il mondo non lo riconobbe.
11 Venne fra la sua gente,
ma i suoi non l’hanno accolto.
12 A quanti però l’hanno accolto,
ha dato potere di diventare figli di Dio:
a quelli che credono nel suo nome,
13 i quali non da sangue,
né da volere di carne,
né da volere di uomo,
ma da Dio sono stati generati.
14 E il Verbo si fece carne
e venne ad abitare in mezzo a noi;
e noi vedemmo la sua gloria,
gloria come di unigenito dal Padre,
pieno di grazia e di verità."


ecco spiegato cosa E' la LUCE - la LUCE E' CRISTO (Seconda PERSONA della TRINITA')
(ho grassettato per rendere più evidente)

ma sopratutto la LUCE E' ciò che viene riportato al principio ....era il verbo, era presso DIO, era DIO == la LUCE E' DIO - TRINITA'

la LUCE E' DIO (vero DIO) - il Figlio dell'Uomo E' l'umano (vero Uomo) questo E' il CRISTO il grande sconosciuto a qualcuno


ecco perché almeno io non riesco ad accettare un CRISTO solo Umano

e comunque,
sempre a vostra disposizione per ulteriori approfondimenti

grazie [SM=g7958] [SM=g1902224] [SM=g7958]

vi saluto in CRISTO RISORTO


Elyy.
00mercoledì 21 ottobre 2009 01:06

3 Dio disse: “Sia la luce! ”. E la luce fu. 4 Dio vide che la luce era cosa buona e separò la luce dalle tenebre 5 e chiamò la luce giorno e le tenebre notte. E fu sera e fu mattina: primo giorno.



Scusa, io capisco che Giovanni forse prese queste parole per dimostrare a tutti chi era la VERA luce, cioè il Cristo, e le tenebre coloro che non lo vollero accettare, ma sei sicuro che chi scrisse quel passo della Genesi pensava al Cristo?
Quel passo fu scritto nel contesto della creazione, e penso che gli scrittori non erano ancora a conoscenza della seconda persona della Trinità. La conoscenza si è evoluta nel tempo con l'aiuto di Dio, ma "in principio" questa conoscenza non c'era.

Giovanni (o chi per esso) era un teologo e il suo vangelo è un concentrato di Cristologia. Non potrebbe darsi che prese spunto da elementi familiari a chi leggeva la Torah, per dimostrare che la luce del mondo è il Cristo Gesù che loro rigettarono?

Comunque, mi sa che sto andando fuori tema col discorso della luce.


Mi sembra in tema invece affermare che la figura del "Figlio dell'uomo" era già stata preannunciata sin dai tempi della stesura del libro di Daniele, e forse di Ezechiele, non ricordo bene.

Quindi, i contemporanei di Gesù, sentendo che lui chiamava se stesso "figlio dell'uomo" capivano che lui si riteneva il messia, colui che loro, come popolo, aspettavano da sempre.
Ma non l'hanno voluto riconoscere.


Ciao, Ely


cavdna
00venerdì 23 ottobre 2009 00:16
Re:
vi saluto in CRISTO SIGNORE

mia cara sorella "Elyy." che scrivi :

Elyy., 21/10/2009 1.06:

Scusa, io capisco che Giovanni forse prese queste parole per dimostrare a tutti chi era la VERA luce, cioè il Cristo, e le tenebre coloro che non lo vollero accettare, ma sei sicuro che chi scrisse quel passo della Genesi pensava al Cristo?
Quel passo fu scritto nel contesto della creazione, e penso che gli scrittori non erano ancora a conoscenza della seconda persona della Trinità. La conoscenza si è evoluta nel tempo con l'aiuto di Dio, ma "in principio" questa conoscenza non c'era.



R I S P O S T A

mia cara sorella


il primo capitolo della Gensi è si incastonato in quel Libro
ma non appartiene alla Genesi nè come redazione nè come autore

esso fa parte dell'epoca che si avvicina al profeta Isaia
e ha una "esperienza" Sacerdotale
è una "forma di preghiera"

quel : e fu sera e fu mattino e come una litania???


e sicuramente i Profeti, ispirati da DIO anche se non sapevano in maniera "chiara" ciò che annunciavano, era pur sempre DIO a ISPIRARLI e ti pare poco???

ma volendo a piccole dosi si potrebbe ancora approfondire







Elyy., 21/10/2009 1.06:


Giovanni (o chi per esso) era un teologo e il suo vangelo è un concentrato di Cristologia. Non potrebbe darsi che prese spunto da elementi familiari a chi leggeva la Torah, per dimostrare che la luce del mondo è il Cristo Gesù che loro rigettarono?



R I S P O S T A

che Giovanni sia stato un teologo nella misura che noi oggi chiamiamo coloro che studiano tale materia io personalmente ho qualche dubbio


Giovanni ha fatto sicuramente "esperienza di CRISTO"

è il Discepolo AMATO

era presente a tutti gli avvenimenti più significati del Maestro

sarà questo il motivo della profonda conoscenza del Maestro???

ma anche qui - da approfondire??

grazie [SM=g7958] [SM=g1902224] [SM=g7958]

vi saluto in CRISTO RISORTO









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