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Sei concetti errati sul Cristianesimo"

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  • Elyy.
    00 23/09/2009 15:49
    Più che equivoco ha un plurisignificato, tra cui la parte spirituale e immortale del corpo dell'uomo, comprensione che venne a delinearsi nel tempo, anche per gli israeliti.

    E' proprio per questo che la wts ha fatto una gran sciocchezza traducendo SEMPRE "anima" quando incontravano nella lingua originale la parola "Nefesh", la traduzione di questa parola doveva essere in sintonia col contesto.


    [SM=g1916242] Ely


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    mauro.68
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    00 23/09/2009 16:12
    “Spirito” [ruah] è un termine equivoco, che designa l’aria, ossia uno dei quattro elementi: “E lo spirito di Dio aleggiava sulle acque” (Genesi 1,2). È un termine che designa pure il vento che soffia: “Lo spirito dell’est aveva portato le cavallette” (Esodo 10,13); “spirito del mare” (Esodo 10,19); e di questo vi sono molti esempi. È anche un termine che designa lo spirito animale: “Uno spirito che va e non si ferma” (Salmo 78,39); “ogni carne nella quale è uno spirito di vita” (Genesi 7,15) È anche un termine che designa cosa resta dell’uomo dopo la morte, e che non subisce la corruzione: “lo spirito tornerà a Dio che lo ha dato” (Ecclesiaste 12,7). È anche un termine che designa l’emanazione intellettuale divina che viene sparsa sui profeti e grazie alla quale essi profetizzano, come ti spiegheremo quando parleremo della profezia come conviene parlarne in questa opera: “Io prenderò lo spirito che è su di te e lo porrò su loro” (Numeri 11,17); “quando si posò su di loro lo spirito” (Numeri 11,25); “Lo spirito del Signore parla per mezzo mio” (2 Samuele 23,2), e di questo vi sono molti esempi. È anche un termine che designa l’intenzione e la volontà: “Lo stolto fa uscire tutto il suo spirito” (Proverbi 29,11), ossia la sua intenzione, la sua volontà; parimenti: “Lo spirito dell’Egitto sarà svuotato in mezzo ad esso, e renderò vano il suo consiglio” (Isaia 19,3) significa che le sue intenzioni saranno disperse ed il suo governo sparirà. Del pari “Chi comprende lo spirito del Signore e il Suo consiglio, ce lo insegni” (Isaia 40,13) vuol dire: Colui che sa la disposizione della Sua volontà, o comprende il Suo governo dell’esistenza così com’è, ce lo insegni, come spiegherò nei capitoli che dedicherò alla provvidenza. Ogni volta che “spirito” è riferito a Dio è usato nel quinto significato, e solo alcune volte nell’ultimo significato, ossia quello di volontà, come abbiamo spiegato. Lo si interpreti dunque in ogni passo secondo ciò che indica il contesto. [Mosé Maimonide, La Guida dei perplessi, Parte Prima, XL]

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    mauro.68
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    00 23/09/2009 16:19
    Sebbene il Vecchio Testamento enfatizzi più volte, in modo provocatorio, l'indebolimento delle potenzialità umane dopo la morte (Ecclesiaste 9,10 e Salmo 6,5) e, per un certo gusto del paradosso, metta talora addirittura in dubbio le possibilità di resurrezione (Giobbe 14,14), la fede nell'immortalità dell'uomo trova solidi fondamenti in tutta la Bibbia. Si vedano, ad esempio:

    1. 1 Samuele 28 (lo spirito di Samuele salì dal soggiorno dei morti e rimproverò Saul che lo aveva evocato);

    2. Siracide 46,20 (dopo la sua morte Samuele profetizzò, predicendo al re Saul la sua fine; anche dal sepolcro levò ancora la voce per allontanare con una profezia l’iniquità dal popolo);

    3. Giobbe 19,26 (Giobbe ebbe fede che, dopo la distruzione del corpo, senza la sua carne, avrebbe visto Dio);

    4. Giobbe 26,4 (le ombre tremano nel soggiorno dei morti);

    5. Salmo 16,10 (Davide intravide la resurrezione del giusto);

    6. Salmo 22,30 (A Dio solo si prostreranno quanti dormono sotto terra, davanti a Lui si curveranno quanti discendono nella polvere);

    7. Isaia 14,9-17 (nel soggiorno dei morti, le ombre dei principi della terra si svegliarono, presero la parola, guardarono ed interrogarono il re di Babilonia);

    8. Ezechiele 32,21 (i principi barbari caduti in battaglia accolsero il faraone nel soggiorno dei morti);

    9. Ezechiele 37 (una visione di ossa aride annunciò la restaurazione di Israele dopo la cattività babilonese e, in modo simbolico, la resurrezione alla fine dei tempi);

    10. Daniele 12,2 (parla della resurrezione alla fine dei tempi);

    11. 2 Maccabei 7 (sette fratelli torturati e martirizzati dalla persecuzione dei seleucidi annunciarono la resurrezione);

    12. 2 Maccabei 12,38-45 (Giuda Maccabeo offrì un sacrificio per i morti, nella speranza della resurrezione);

    13. 2 Maccabei 15,12-13 (il profeta Geremia defunto e il sommo sacerdote Onia assassinato pregarono per il popolo ebraico);

    14. Sapienza 3-4-5 (parla del giorno del giudizio finale);

    15. Matteo 17,3 (apparvero Mosé ed Elia: mentre di Elia era atteso il ritorno, Mosé era sicuramente morto da secoli);

    16. Matteo 22,23-33 (Cristo affermò la resurrezione dei morti di fronte ai sadducei);

    17. Matteo 25,31-46 (Cristo annunciò la resurrezione e il giudizio finale);

    18. Luca 16,19-31 (Abramo, il ricco e Lazzaro dialogarono tra loro, sebbene morti);

    19. Luca 23,43 (Gesù promise "oggi" il paradiso al buon ladrone);

    20. Giovanni 11 (parla della resurrezione finale e della resurrezione miracolosa di Lazzaro);

    21. 1 Corinzi 15 (Paolo approfondì il tema della resurrezione);

    22. 2 Corinzi 5,1-5 (parla della tenda del corpo e del desiderio di non essere spogliati ma sopravvestiti);

    23. 2 Corinzi 5,8-10 (parla della partenza dal corpo, del giudizio sulle opere compiute finché si era nel corpo e della vita presso il Signore dopo la morte);

    24. Filippesi 1,23 (parla della partenza dal corpo e della vita presso il Signore, dopo la morte);

    25. 1 Pietro 3,19-20 (Cristo morto andò a predicare ai morti);

    26. 1 Pietro 4,6 (Cristo morto andò a predicare ai morti);

    27. 2 Pietro 1,12-15 (parla della partenza dalla tenda del corpo);

    28. Ebrei 9,27 (dice che dopo la morte viene il giudizio);

    29. Ebrei 12,22-24 (parla della Gerusalemme celeste, città del Dio vivente, patria di Gesù Cristo, adunanza festosa delle miriadi di angeli e degli spiriti dei giusti portati alla perfezione);

    30. Apocalisse 6,11 (narra come ai tempi delle persecuzioni romane le anime dei martiri sotto l'altare pregassero, gridassero vendetta, chiedessero giustizia a Dio, ricevessero una veste bianca, dialogassero con il Signore ed attendessero con pazienza la fine della prova dei loro fratelli);

    31. Apocalisse 14,1-7 (davanti al trono di Dio, i 144.000 compagni dell'Agnello redenti dalla terra, cantano un canto nuovo);

    32. Apocalisse 20 (parla della prima e della seconda resurrezione alla fine dei tempi).



    Davanti a queste prove schiaccianti, come si può ancora sostenere, come i sadducei, che non esiste né resurrezione, né angeli, né spirito (Atti 23,89)?

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    mauro.68
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    00 23/09/2009 16:20
    "Sheol" è una parola di origine sconosciuta che designa le profondità della terra (Deuteronomio 32,22) dove i morti discendono (Genesi 37,35; Numeri 16,30; 1 Samuele 2,6; 1 Re 2,6; Proverbi 1,12; Proverbi 7,27) e dove buoni e cattivi terminano la loro esistenza (Salmo 89,49), hanno una tetra sopravvivenza (Ecclesiaste 9,10) e Dio non viene lodato (Salmo 6,6; Salmo 88,6-13; Salmo 115,19; Isaia 38,18). Le anime dei morti, comunque, conservavano là qualche consapevolezza e qualche pensiero e, alla luce di tutta la Bibbia (1 Samuele 28; Giobbe 26,4; Isaia 14,9-17; Ezechiele 32,21; Luca 16,19-31; 2 Corinzi 5,1-10; Filippesi 1,23; Apocalisse 6,11), non vanno incontro al totale annullamento ed al completo oblio. Nello “Sheol” scese Cristo per annunciare la salvezza ai morti, cioè agli spiriti che furono ribelli fin dai tempi di Noé e del diluvio universale (1 Pietro 3,19-20; 1 Pietro 4,6).



    L’autore di Qoèlet non nega la sopravvivenza dell’uomo subito dopo la morte. Non dice: “stai per andare nel nulla”, ma “stai per andare nello Sheol” ossia nella “regione delle ombre". Egli si limita a descrivere la vita dell’aldilà secondo le idee del suo tempo (III a.C.): una vita o modo di essere in forte contrasto con quella sulla terra. Senza attività, senza passioni, senza conoscenza. Non è comunque uno stato di inesistenza. In effetti, lo Sheol era immaginato come la fine delle attività terrene, anche della lode di Jahvé (Salmo 6, 6), la fine della potenza e prepotenza umana, ma non dell’esistenza in modo assoluto. Lo "Sheol" è anche detto "Terra dei Refaim" (Giobbe 26,5; Salmo 88,11; Proverbi 2,18; Proverbi 9,18; Proverbi 21,6; Isaia 14,9; Isaia 26,14; Isaia 26,19), dal nome di antica popolazione della Palestina praticamente sterminata (e spedita direttamente nel soggiorno dei morti) dal popolo ebraico. Si trattava di probabili discendenti degli antichi "Nefilim", giganti figli di donne e di angeli ribelli che furono travolti dal diluvio (Genesi 6,4; Numeri 13,33; Giuda 6). Erano già in Palestina al tempo di Abraamo, quando furono sconfitti dal re Chedorlaomer e i suoi alleati a Asterot-Carnaim (Gen 14,5 e Genesi 15,20). Ammon li scacciò dal loro paese (Deuteronomio 2,20-21) e Og di Basan fu l'ultimo dei Refaim. I "Refaim" furono infatti sconfitti da Giosué (Giosué 12,4-5 e Giosué 13,12) e vennero definitivamente eliminati ai tempi del Re Davide (2 Samuele 21,16-22). Il terrore suscitato da questo popolo è testimoniato chiaramente dalla Bibbia quando ricorda (Deuteronomio 3,11) come "Og, re di Basan, era l'unico rimasto della stirpe dei Refaim.... il suo letto, un letto di ferro ....è ...a Rabbat degli Ammoniti.... Ha nove cubiti di lunghezza e quattro cubiti di larghezza, secondo il cubito di un uomo" (Il cubito era pari a circa mezzo metro: il letto di Og doveva pertanto misurare circa 4,5 metri di lunghezza e circa 2 metri di larghezza).



    Un altro testo di Qoèlet dice: “La sorte degli uomini e quella delle bestie è la stessa; come muoiono queste muoiono quelli; c’è un soffio vitale per tutti. Non esiste superiorità dell’uomo rispetto alle bestie, perché tutto è vanità. Tutti sono diretti verso la medesima dimora: tutto è venuto dalla polvere e tutto ritorna alla polvere. Chi sa se il soffio vitale dell’uomo salga in alto e se quello delle bestie scenda in basso?” (Ecclesiaste 3, 19-21). Ciò che Qoèlet intende anche qui mettere in rilievo è la universalità della morte: ogni essere vivente sulla terra - uomo, bestia e anche pianta - è soggetto alla legge della morte. Da questo punto di vista, la sorte di tutti i viventi è, comune. Tutti sono diretti verso la terra o polvere, che è per tutti la medesima dimora. Ma da ciò non segue che dopo la morte vi sia per tutti il medesimo destino. L’autore alla fine ricorda, infatti, che "lo spirito torna a Dio che l’ha dato" (Ecclesiaste 12, 7) e conclude ammonendo: “Temi Dio e osserva i suoi comandamenti, perché questo è tutto per l’uomo. Infatti, Dio citerà in giudizio ogni azione, tutto ciò che è occulto, bene o male” (Ecclesiaste 12, 13-14).

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    lovelove84
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    00 24/09/2009 11:07
    i malvagi soffrono nell'inferno?
    Qual è l’origine di questo concetto?

    Di tutti i filosofi del periodo greco classico, quello che ha avuto l influenza maggiore preso l idea tradizionale dell’inferno, è Platone ..George Minua

    Dalla metà del II sec. d.c i cristiani che avevano una certa dimestichezza con la filosofia greca, cominciarono a sentire il bisogno di esprimere la loro fede in termini filosofici. la filosofia che trovavano più adatta era il platonismo. New enciclopedy britannica

    La chiesa nel suo insegnamento, afferma l ‘esistenza dell’inferno e della sua eternità, le anime di coloro che muoiono in stato di peccato mortale, dopo la morte discendono immediatamente negli inferi, dove subiscono le pene dell’inferno, il fuoco eterno. La pena principale dell’inferno, consiste nella separazione eterna da Dio. Catechismo della chiesa cattolica

    Cosa dice la bibbia?

    Quelli che sono vivi sanno che moriranno, mentre i morti non sanno nulla, poichè non c’e alcuna azione né progetto ne conoscenza ne sapienza nello Sceol dove tu stai andando. eccl. 9:5-10

    Il termine ebraico sceol, che si riferisce alla dimora dei morti, è tradotto inferno o inferi in alcune versioni della bibbia. Cosa rivela questo passo sulla condizione dei morti, vanno a soffrire nello sceol pre espiare i loro errori? No visto che non sanno nulla. Ecco perche il patriarca Giobbe, in preda a terribili sofferenze dovute alla grave malattia imploro Dio: ooh ti piacesse nascondermi nell’ inferno,. ebraico sceol! Giobbe 14:13 (versione sales)

    Questa richiesta non avrebbe senso se lo sceol fosse un luogo di tormento eterno . in senso bibblico l’inferno è semplicemente la comune tomba del genere umano, dove ogni attività cessa.
    Questa definizione di inferno non è forse più logica e in armonia con le scritture? Quale delitto potrebbe indurre, un Dio d’amore a torturare una persona in eterno .

    Ma se il concetto di inferno di fuoco è errato, che dire della vita in cielo? (ultimo argomento)

    Confrontate questi versetti bibblici, salmo 146:3-4; atti2:25-27; rom.7:6-23

    Verità : Dio non punisce le persone nell’inferno .
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    lovelove84
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    00 24/09/2009 14:18
    vediamo cosa dice la Chiesa sull inferno, se lo considera un luogo vero e proprio o uno stato:

    La dottrina della Chiesa riguardante l'Inferno, quindi, consiste in due proposizioni che si devono credere come verità di fede: 1) esiste l'Inferno, che non è un "luogo", ma uno "stato", un "modo di essere" della persona, in cui questa soffre la pena della privazione di Dio, che si chiama la "pena del danno" e nella quale consiste l'essenza propria dell'Inferno. Alla "pena del danno" si accompagna la "pena del senso", che è espressa con l'immagine del "fuoco", ma che non ha nulla a che vedere col fuoco di cui noi abbiamo esperienza: essa significa lo stato di sofferenza di "tutto" l'essere umano per il fatto di essere privato di Dio, che è la fonte della felicità di "tutto" l'essere umano, spirito incarnato. Perciò è fuorviante - anche se l'immagine popolare così si figura l'Inferno - pensare che Dio, per mezzo dei demoni, infligga ai dannati tormenti spaventosi, come quello del fuoco; 2) l'Inferno è eterno, non per il fatto che così voglia Dio, ma per il fatto che la decisione che l'uomo prende coscientemente nella sua vita e conferma in punto di morte - per Dio o contro Dio - è per sua natura definitiva e irrevocabile: dopo la morte l'essere umano non può pentirsi o tornare indietro. Invece la Chiesa non ha definito nulla circa il numero di coloro che volontariamente scelgono l'Inferno. Sant’Agostino parla di massa dannata di fronte al piccolo numero degli "eletti"; san Gregorio Magno e altri Padri e Dottori della Chiesa affermano che sono innumerevoli coloro che si dannano. La Chiesa nella sua dottrina ufficiale mantiene su questo punto un assoluto riserbo. Mentre, dichiarando autorevolmente la santità eroica di alcune persone - i martiri e i santi - afferma che tali persone sono salvate e godono eternamente la visione e l'amore di Dio, non ha mai dichiarato che una persona in concreto - neppure Giuda - si sia dannata. "Ma - osserva opportunamente la Commissione Teologica Internazionale nel suo documento Alcune questioni attuali riguardanti l'escatologia (1992) - poiché l'Inferno è una vera possibilità reale per ogni uomo, non è lecito, sebbene lo si dimentichi talora nella predicazione durante le esequie, presupporre una specie di automatismo della salvezza" (n. 10, 3) (cfr. Civ. Catt. 1992 I 492).

    La Chiesa fonda la sua dottrina dogmatica dell'esistenza dell'Inferno eterno sull'insegnamento del Nuovo Testamento. In molti luoghi si parla della "condanna" di coloro che non accettano Gesù e i suoi inviati (Mt 10,15) o non credono in Gesù: "Chi non crede nel Figlio è già stato condannato" (Gv 3,17). Nessuno sfuggirà al "giudizio di Dio", il quale "giudicherà i segreti degli uomini" (Rm 2,3.16), poiché "tutti ci presenteremo al tribunale di Dio" e "ciascuno di noi renderà conto a Dio di se stesso" (Rm 14,10.12). Gesù parla di un luogo di perdizione, la Geenna (Mt 10,28). San Paolo e san Giovanni parlano della "collera" di Dio che l'uomo attira su di sé: "Chi crede nel Figlio ha la vita eterna; chi non obbedisce al Figlio non vedrà la vita, ma l'ira di Dio incombe su di lui" (Gv 3,36). "Tu però con la tua durezza e il tuo cuore impenitente accumuli collera su di te per il giorno dell'ira e della rivelazione del giusto giudizio di Dio, il quale renderà a ciascuno secondo le sue opere: la vita eterna a coloro che perseverando nelle opere di bene cercano gloria, onore e incorruttibilità; sdegno e ira contro coloro che per ribellione resistono alla verità e obbediscono all'ingiustizia" (Rm 2,5-8).

    Gesù parla di un cammino "che conduce alla perdizione" e di una via che "conduce alla vita" (Mt 7,13-14); san Paolo parla dei nemici della croce di Cristo, la cui "fine sarà la perdizione" (Fil 3,19). La seconda lettera ai Tessalonicesi afferma che coloro che non obbediscono al Vangelo "saranno castigati con una rovina eterna, lontano dalla faccia del Signore e dalla gloria della sua potenza" (2 Ts 1,9). Nelle parabole del regno di Dio, Gesù usa l'immagine del banchetto, dal quale alcuni sono esclusi, "gettati fuori nelle tenebre", dove "sarà pianto e stridore di denti" (Mt 22,13). Infine Gesù, a quelli che non hanno fatto opere di carità, dirà: "Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli. [...] E se ne andranno, questi al supplizio eterno, e i giusti alla vita eterna" (Mt 25,41.46).

    Ma qui sorge il problema che angustia molti cristiani: come conciliare l'infinita bontà e misericordia di Dio con l'esistenza dell'Inferno eterno? Se Dio è infinito Amore - essi dicono - come può condannare a una sofferenza eterna esseri umani che egli ha creato per amore e per la cui salvezza Cristo è morto sulla croce? Se Dio è infinitamente giusto - essi aggiungono - come può punire con un castigo eterno esseri umani peccatori, ma nello stesso tempo creature fragili e misere? Non c'è proporzione tra i peccati degli uomini, anche assai gravi, e la loro punizione eterna. Per tali motivi - cioè per salvare la bontà e la giustizia di Dio - molti cristiani negano l'esistenza dell'Inferno eterno.

    Per risolvere questo grave problema è necessario mettere in chiaro che non è Dio che condanna l'uomo all'Inferno, ma è l'uomo che liberamente si autocondanna alla perdizione eterna; non è Dio che infligge all'uomo una sofferenza eterna, ma è l'uomo che se la infligge, rifiutando la salvezza che Dio gli offre.

    Dio è sempre e soltanto Amore e la sua attività è sempre e soltanto attività salvatrice. Dio cioè non condanna né castiga, ma vuole solamente la salvezza di tutti, e a questo fine è indirizzata la sua attività. Per lui non è indifferente che l'uomo si salvi o si danni. Egli vuole solo la salvezza dell'uomo. Perciò impegna tutta la sua infinita sapienza e potenza per salvare gli uomini, dando a tutti la grazia necessaria per salvarsi; grazia che l'uomo nella sua libertà può rifiutare, rendendo vana in tal modo la volontà salvifica di Dio. In realtà la salvezza non è un fatto automatico: la grazia della salvezza cioè dev'essere accettata e accolta liberamente. Dio non vuole imporre la salvezza, costringendo l'uomo a salvarsi e quindi ad amarlo, perché la salvezza comporta, da parte dell'uomo, un atto di amore di Dio, e Dio non vuole costringere nessuno ad amarlo, perché l'amore non può essere imposto.
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    lovelove84
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    00 28/09/2009 14:52
    Tutti i buoni vanno in cielo?
    Qual’e l’ origine di questa credenza?

    Dopo la morte degli apostoli di Gesù, verso l’inizio del II sec. d.c, i primi padri della chiesa acquistarono priminenza. Descrivendone il pensiero, un enciclopedia dice: secondo l insegnamento prevalente, la beatitudine celeste è concessa all’anima disincarnata subito dopo qualsiasi necessaria purificazione successiva alla morte. Nuova enciclopedia cattolica

    Cosa dice la bibbia?

    Felici quelli che sono di indole mite, poiché erediteranno la terra. Matteo 5:5

    Anche se promise ai discepoli che avrebbe preparato per loro un luogo in cielo, Gesù indico che i giusti non ci vanno automaticamente. Giv. 3:13 ; 14:2-3
    Non pregò forse che la volontà di Dio fosse compiuta come in cielo, anche sulla terra? Matteo 6:9-10
    In realtà i giusti saranno ricompensati in due modi diversi, una minoranza regnerà in cielo con Cristo , ma la maggioranza vivrà per sempre sulla terra. Riv. 5:10

    Nel corso del tempo la chiesa primitiva ha cambiato opinione in merito al ruolo sulla terra.. il risultato: la chiesa istituzionale sostituì sempre più l’atteso regno di Dio. Dichiara un opera di consultazione. New Enciclopedy Britannica.

    La chiesa iniziò a consolidare il suo potere immischiandosi nella politica e ignorando cosi le esplicite dichiarazioni di Gesù secondo cui i suoi seguaci non dovevano far parte del mondo Gv. 15:19; 17:15-16; 18:36
    Sotto l’influenza dell’imperatore romano Costantino, la chiesa scese a compromessi riguardo ad alcune credenze

    Confrontate questi versetti Salmo 37:10-11 e 29;Gv 17:3; 2Tim. 2:11-12

    Verità: la maggioranza dei buoni vivrà per sempre sulla terra no in cielo.


    Fine
    [Modificato da lovelove84 28/09/2009 14:54]
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  • Elyy.
    00 02/10/2009 12:19
    Prima di commentare l'ultima parte della trattazione dei tdg (tutti i buoni vanno in cielo?) vorrei evidenziare un pezzo della spiegazione sull'inferno, che mi ha colpita maggiormente ed ha confermato il concetto di bontà che ho di Dio e il libero arbitrio dell'uomo:




    esiste l'Inferno, che non è un "luogo", ma uno "stato", un "modo di essere" della persona, in cui questa soffre la pena della privazione di Dio, che si chiama la "pena del danno" e nella quale consiste l'essenza propria dell'Inferno. Alla "pena del danno" si accompagna la "pena del senso", che è espressa con l'immagine del "fuoco", ma che non ha nulla a che vedere col fuoco di cui noi abbiamo esperienza: essa significa lo stato di sofferenza di "tutto" l'essere umano per il fatto di essere privato di Dio, che è la fonte della felicità di "tutto" l'essere umano, spirito incarnato.



    Per risolvere questo grave problema è necessario mettere in chiaro che non è Dio che condanna l'uomo all'Inferno, ma è l'uomo che liberamente si autocondanna alla perdizione eterna; non è Dio che infligge all'uomo una sofferenza eterna, ma è l'uomo che se la infligge, rifiutando la salvezza che Dio gli offre.

    Dio è sempre e soltanto Amore e la sua attività è sempre e soltanto attività salvatrice. Dio cioè non condanna né castiga, ma vuole solamente la salvezza di tutti, e a questo fine è indirizzata la sua attività. Per lui non è indifferente che l'uomo si salvi o si danni. Egli vuole solo la salvezza dell'uomo. Perciò impegna tutta la sua infinita sapienza e potenza per salvare gli uomini, dando a tutti la grazia necessaria per salvarsi; grazia che l'uomo nella sua libertà può rifiutare, rendendo vana in tal modo la volontà salvifica di Dio. In realtà la salvezza non è un fatto automatico: la grazia della salvezza cioè dev'essere accettata e accolta liberamente. Dio non vuole imporre la salvezza, costringendo l'uomo a salvarsi e quindi ad amarlo, perché la salvezza comporta, da parte dell'uomo, un atto di amore di Dio, e Dio non vuole costringere nessuno ad amarlo, perché l'amore non può essere imposto.



    Quanto sopra dovrebbe rendere abbastanza chiaro l'errore che i tdg (e non solo loro) fanno nel ritenere che la Chiesa insegni l'inferno di fuoco.



    Grazie Lovelove per aver riportato questi chiarimenti.


    [SM=g1902224] Ely




    [Modificato da mlp-plp 03/10/2009 14:29]
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