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SCIENZA

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Motore a Batteri

Arriva il motore a batteri
di Giuseppe Sisinni (del 22/02/2009 @ 16:11:18, in Scienza.
batteriTrovare un modo per mettere al lavoro i batteri, come fossero animali da soma microscopici per sfruttare l'energia del loro movimento. E farlo nel modo più semplice possibile, in modo da renderne fattibile l'uso in apparati ad alta miniaturizzazione. È questa la direzione indicata dal risultato del lavoro dei ricercatori di INFM-CNR (Istituto Nazionale per la Fisica della Materia - Consiglio Nazionale delle Ricerche), che simulando sistemi di batteri in soluzione hanno individuato un modo per creare “motori batterici” dal funzionamento prevedibile, costante, ed in grado di avviarsi senza intervento umano.

Curiosità scientifica fino a pochissimo tempo fa, i motori batterici sono diventati un campo di intensa ricerca da quando nel 2006 se ne è dimostrata la fattibilità in Giappone. Si spera di poterne sfruttare le potenzialità in un futuro prossimo, per alimentare tutta una serie di apparecchi microscopici, come impianti micromedicali o nanodispositivi ancora tutti da inventare, per i quali i motori batterici potrebbero fornire una fonte di energia economica e di dimensioni ridottissime.

Un motore batterico è composto, oltre che di microrganismi, di due altri ingredienti: la soluzione in cui sono immersi, e particolari microingranaggi che i batteri possono mettere in movimento. È proprio da questi ingranaggi (come dall'albero di un motore automobilistico) che si progetta di estrarre energia. E le difficoltà per farlo nel modo più semplice possibile sono state superate da Luca Angelani, del laboratorio SMC di INFM-CNR, e Roberto di Leonardo e Giancarlo Ruocco, del laboratorio SOFT di INFM-CNR. Se nel 2006 si sono utilizzati batteri geneticamente modificati e microingranaggi con leganti biochimici, con costi altissimi e rese bassissime, oggi grazie al loro lavoro si inverte il risultato: costi azzerati, e rendimento moltiplicato.

La soluzione consiste nell'utilizzo di microingranaggi di una particolare forma asimmetrica, con denti di lunghezze differenti e orientati nella medesima direzione, simili a stelle lievemente sbilenche. È sufficiente immergere questi ingranaggi in una soluzione di batteri, perché questi ultimi col loro movimento spontaneamente li facciano girare a velocità costante (nella simulazione, batteri di escherichia coli imprimevano ai microingranaggi una velocità costante di due giri al minuto). La somma di batteri e ingranaggi asimmetrici è l'unica vincente: particelle inanimate soggette al moto casuale non causano il movimento, e lo stesso accade per batteri al “lavoro” su ingranaggi simmetrici.

I ricercatori hanno identificato il modo più semplice per “costringere” i batteri a compiere lavoro utile da cui estrarre energia. Alcune applicazioni resteranno certo fantasia (i calcoli, ad esempio, suggeriscono che con i batteri presenti in un metro cubo di soluzione si può generare potenza sufficiente per accendere una normale lampadina), ma moltissime altre possono venire immaginate: che siano apparecchiature mediche, di misurazione, controllo o altro, la strada è aperta perché i batteri possano alimentare i microdispositivi del futuro.

Fonte: www.infm.it

Ciao
Franco
[Modificato da francocoladarci 29/06/2009 14:26]

“Quando si vuol cercare la verità su una questione
bisogna cominciare col il dubbio.
(S. Tommaso d’Aquino)”

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PUR di VINCERE

Viagra, nuova frontiera del doping sportivo
di Giuseppe Sisinni (del 23/11/2008 @ 19:04:55, in Scienza.
viagraPresso la Marywood University è in atto uno studio che prevede la somministrazione di viagra a giovani atleti. Lo studio, finanziato dall'Agenzia Mondiale Anti-Doping, non riguarda le prestazioni in camera da letto, ma quelle sul campo di gioco. Si vuole scoprire se la famosa pillola blu crea dei vantaggi dilatando i vasi degli atleti e, quindi, aumentando la capacità di trasporto di ossigeno. Se così fosse l'Agenzia metterebbe al bando il Viagra, almeno per gli atleti.

Il Viagra è stato inventato per il trattamento dell'ipertensione polmonare, o alta pressione nelle arterie del polmone. Il farmaco inibisce un enzima che controlla il flusso sanguigno, permettendo ai vasi di rilassarsi e dilatarsi. Lo stesso mecanismo si riproduce nel pene, causando così l'erezione.
Negli atleti, un aumento del gettito cardiaco ed un più efficiente trasporto di sangue ossigenato ai muscoli può migliorare di molto la resistenza fisica.

"Essenzialmente, ti permette di competere al livello del mare come se avessi una capacità aerobica da alta quota" afferma Kenneth W. Rundell, il direttore del "Human Performace Laboratory" di Marywood.

Alcuni esperti sono scettici verso questa possibilità offerta dal viagra. Antony Butch, direttore del laboratorio Olimpico che testa i vari farmaci presso la U.C.L.A., afferma che potrebbe essere "molto difficile, se non impossibile" provare che il Viagra fornisce un aumento di competitività, visto che le differenze di performance degli atleti potrebbero essere molto piccole, e gli atleti stessi probabilmente assumerebbero il Viagra in combinazione con altri farmaci. Gli scienziati hanno le stesse incertezze anche sull'incremento di performance del GH, l'ormone della crescita, che tuttavia è al bando. "Ma alcuni atleti non hanno bisogno di certezze" dice il dott. Butch, gli basta credere che un farmaco funziona per prenderlo".

Alcuni anni fa, era opinione diffusa che il Viagra venisse somministrato ai cani impegnati in una gara. Inoltre non mancano altri studi ufficiali e pubblicati, come quello della Stanford University pubblicato nel 2006 su "The Journal of Applied Physiology". Lo studio indicava che alcuni atleti che facevano uso di Viagra aumentavano la propria performance del 40% in una gara di cliclismo lunga 10 chilometri ad una altitudine simulata di 3800 metri, quota sufficientemente lontana da tutte le competizioni. Secondo questo studio il Viagra non aumenta le prestazioni atletiche al livello del mare.

Nel 2004 uno studio tedesco, pubblicato in "The Annals of Internal Medicine" si occupò di scalatori sul Monte Everest. Anche in quel caso, ad un'altitudine media di 5000 metri il Viagra aumentava la capacità massima allo sforzo fisico.

Fino a questo momento non ci sono prove di un uso diffuso del Viagra negli atleti professionisti. Per il momento, perchè il farmaco non è nell'elenco di quelli proibiti, quindi non è ricercato nei vari test e non c'è modo di sapere quanto sia effettivamente diffuso.

Liberamente tradotto da "The New York Times"
Autore Jerè Longman

Ciao Franco
[Modificato da francocoladarci 29/06/2009 14:24]

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Re: Motore a Batteri
francocoladarci, 29/06/2009 14.19:


Arriva il motore a batteri
di Giuseppe Sisinni (del 22/02/2009 @ 16:11:18, in Scienza.
batteriTrovare un modo per mettere al lavoro i batteri, come fossero animali da soma microscopici per sfruttare l'energia del loro movimento. E farlo nel modo più semplice possibile, in modo da renderne fattibile l'uso in apparati ad alta miniaturizzazione. È questa la direzione indicata dal risultato del lavoro dei ricercatori di INFM-CNR (Istituto Nazionale per la Fisica della Materia - Consiglio Nazionale delle Ricerche), che simulando sistemi di batteri in soluzione hanno individuato un modo per creare “motori batterici” dal funzionamento prevedibile, costante, ed in grado di avviarsi senza intervento umano.

Curiosità scientifica fino a pochissimo tempo fa, i motori batterici sono diventati un campo di intensa ricerca da quando nel 2006 se ne è dimostrata la fattibilità in Giappone. Si spera di poterne sfruttare le potenzialità in un futuro prossimo, per alimentare tutta una serie di apparecchi microscopici, come impianti micromedicali o nanodispositivi ancora tutti da inventare, per i quali i motori batterici potrebbero fornire una fonte di energia economica e di dimensioni ridottissime.

Un motore batterico è composto, oltre che di microrganismi, di due altri ingredienti: la soluzione in cui sono immersi, e particolari microingranaggi che i batteri possono mettere in movimento. È proprio da questi ingranaggi (come dall'albero di un motore automobilistico) che si progetta di estrarre energia. E le difficoltà per farlo nel modo più semplice possibile sono state superate da Luca Angelani, del laboratorio SMC di INFM-CNR, e Roberto di Leonardo e Giancarlo Ruocco, del laboratorio SOFT di INFM-CNR. Se nel 2006 si sono utilizzati batteri geneticamente modificati e microingranaggi con leganti biochimici, con costi altissimi e rese bassissime, oggi grazie al loro lavoro si inverte il risultato: costi azzerati, e rendimento moltiplicato.

La soluzione consiste nell'utilizzo di microingranaggi di una particolare forma asimmetrica, con denti di lunghezze differenti e orientati nella medesima direzione, simili a stelle lievemente sbilenche. È sufficiente immergere questi ingranaggi in una soluzione di batteri, perché questi ultimi col loro movimento spontaneamente li facciano girare a velocità costante (nella simulazione, batteri di escherichia coli imprimevano ai microingranaggi una velocità costante di due giri al minuto). La somma di batteri e ingranaggi asimmetrici è l'unica vincente: particelle inanimate soggette al moto casuale non causano il movimento, e lo stesso accade per batteri al “lavoro” su ingranaggi simmetrici.

I ricercatori hanno identificato il modo più semplice per “costringere” i batteri a compiere lavoro utile da cui estrarre energia. Alcune applicazioni resteranno certo fantasia (i calcoli, ad esempio, suggeriscono che con i batteri presenti in un metro cubo di soluzione si può generare potenza sufficiente per accendere una normale lampadina), ma moltissime altre possono venire immaginate: che siano apparecchiature mediche, di misurazione, controllo o altro, la strada è aperta perché i batteri possano alimentare i microdispositivi del futuro.

Fonte: www.infm.it

Ciao
Franco





Chissà perchè ho l'impressione che anche questa "trovata" verrà presto abbandonata: tutto ciò che fa risparmiare soldi viene accantonato.

L'uomo dimostra di avere un'intelligenza e un ingegno fenomenale, peccato che troppo spesso viene represso dall'avidità!



Grazie Franco per le informazioni che inserisci in questo forum, sono tutte molto interessanti, soprattutto quelle scientifiche mi interessano particolarmente.


CIAO CIAO, Ely




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Nanorobot a tutta forza

Le Scienze, luglio 2009.

Nuovi motori catalitici potrebbero permettere a macchine piccolissime di ricavare il propellente dall'ambiente circostante, superando i limiti imposti dalla fisica del mondo microscopico. Di Thomas E. Mallouk e Ayusman Sen

Le nanotecnologie promettono robot microscopici che trasportano farmaci alle cellule, assemblano altre nanomacchine, rilevano sostanze chimiche e fanno operazioni chirurgiche dall'interno. A scale molto piccole, tuttavia, la fisica pone problemi non indifferenti: i fluidi diventano densi come la melassa e i moti browniani rendono instabile qualsiasi movimento. Ispirandosi ai motori biologici presenti nelle cellule, i chimici stanno imparando come muovere micro e nanomacchine grazie a reazioni catalitiche.

(25 giugno 2009)

Ciao
Franco

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Perché le donne hanno solo due seni, mentre altri animali di più?
Allattamento al seno

Nei mammiferi il numero delle mammelle varia secondo il numero di figli da allattare. Le donne hanno due seni perché in genere nutrono solo un figlio alla volta. Nelle altre specie di mammiferi, invece, forma e numero di mammelle variano secondo il numero e le esigenze dei piccoli.

In rari casi, alcune donne possiedono un terzo seno. In pratica si tratta di una mammella extra sotto il seno sinistro. Un tempo era indice di grande bellezza. Il terzo seno è presente nello 0,4 per cento delle donne inglesi e nel 5 delle giapponesi. Quale la ragione di questa "intrusione"? Forse perché in un passato lontano i nostri progenitori avevano più mammelle.

Questioni di misure. Il seno delle donne ha dimensioni molto variabili. Esistono canoni classici cui si riferiscono i chirurghi plastici. Nel seno ideale le mammelle devono avere pari dimensioni, pari altezza e stesso tipo di attaccatura. Compreso tra la seconda e la settima costola, dovrebbe avere una forma a goccia e un volume compreso tra i 150 e 350 cc.

Maggiorate naturali. Le mammelle più grosse sono quelle della balenottera azzurra. Sono due (perché come gli uomini, normalmente partoriscono un figlio alla volta), nascoste sotto uno strato di grasso, misurano 2,4 metri per 50 centimetri e possono produrre fino a 72 litri di latte al giorno che vengono "sparati" dal capezzolo direttamente nella bocca del piccolo.
Le più numerose sono quelle del tenrec, un insettivoro del Madagascar che assomiglia a un riccio. Ne ha 12 paia. Le più piccole sono quelle del toporagno: misurano 2 millimetri. Le più strane, infine, sono quelle dell'ornitorinco: sono ghiandole senza mammella. Il latte esce dai pori e scende lungo peli che i piccoli leccano.
Da Focus

Franco
[Modificato da mauro.68 02/07/2009 19:23]

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Metti in "carica" il cervello
Questa tecnica in fase di sperimentazione potrebbe contribuire ad alleviare i molteplici problemi di soffre di " Demenza Temporanea".


Venti minuti di "ricarica" del cervello con la corrente potrebbero essere sufficienti per incrementare notevolmente le sue prestazioni.


Un giorno, gli elettrodi collegati alla testa potrebbero essere usati non solo per gli esami diagnostici (qui un elettroencefalogramma), ma anche per rendere i pensieri più veloci.

In un laboratorio del Maryland (Usa) ci sono 103 crani collegati alla corrente con elettrodi e una persona, poco più in là, pronta a trasmettere loro la scossa. Potrebbe sembrare la scena di un film, ma non è una notte senza luna, Meenakshi Iyer non è una scienziata pazza e i suoi volontari non somigliano a Frankestein. Il laboratorio è dell'Istituto per la prevenzione dei disturbi neurologici e l'esperimento serve per capire quanto una piccola quantità di corrente immessa nel nostro cervello possa incrementarne l'attività.
Una piccola scossa. Inizialmente le persone scelte per il test, forse un po' suggestionate dai film di fantascienza, erano visibilmente preoccupate, ma poi Iyer è riuscita a convincerli che non c'erano rischi e così ha collegato le loro teste alla corrente.

I volontari a questo punto sono stati invitati a nominare più parole possibile che iniziassero con una certa lettera. Passati 90 secondi, la maggior parte delle persone aveva dato 20 parole. Ma dopo che la Iyer ha trasmesso loro una piccola scossa di 2 millesimi di ampere (una frazione di quella che serve per far funzionare un orologio digitale) per 20 minuti, ha scoperto che la loro capacità di nominare era cresciuta del 20 per cento, senza alcun effetto collaterale.
Una scoperta elettrizzante. Nonostante il lavoro sia ancora in fase di studio, Iyer pensa che la corrente elettrica possa incrementare significativamente l'attività dei neuroni nella corteccia pre frontale e vorrebbe riprovare l'esperimento sui pazienti colpiti da demenza temporanea, malattia che causa problemi al linguaggio. "Non dovrebbe essere la cura - afferma Iyer - ma potrebbe essere usata insieme ai farmaci".

L'idea che la corrente elettrica possa in qualche modo aiutare l'attività del cervello, era alla base di alcuni esperimenti che furono fatti già negli anni '50. Ma l'ipotesi non incontrò molto favore, poiché rischiava di essere confusa con la tanto contestata terapia dell'elettroshok, usata sui pazienti sofferenti di gravi forme di depressione.
da "Focus"

Franco

[Modificato da francocoladarci 05/07/2009 15:50]

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Maschi e femmine: la differenza in un gene
Articolo tratto da " Focus"

Importanti differenze strutturali nel cervello di maschi e femmine determinano le specificità di ciascun sesso. Le differenze sono il risultato della morte selettiva di alcune cellule prodotta da un singolo gene durante lo sviluppo.

Sesso e morte nel cervello. La morte di alcune cellule determina le principali differenze tra maschi e femmine a livello neuronale.
Sesso e morte nel cervello. La morte di alcune cellule determina le principali differenze tra maschi e femmine a livello neuronale.

Che cosa determina le specificità dei sessi? Secondo una nuova ricerca dell'Università del Massachusetts Amherst, il responsabile potrebbe essere addirittura un unico gene che interviene nello sviluppo del cervello.

Nei primi mesi di vita dei mammiferi, uomo compreso, entrambi i sessi possiedono lo stesso numero di cellule nervose. Ma quando con lo sviluppo entrano in campo gli ormoni sessuali, come il testosterone, il cervello del maschio e quello della femmina prendono due strade differenti. Il cervello maschile si sviluppa maggiormente in una regione detta “letto della stria terminale (BNST)”. Viceversa, quello femminile cresce soprattutto nella zona nota come “regione periventricolare anteroventrale (AVPV)”. Perché avviene tutto questo?
L'harakiri dei neuroni. “Durante lo sviluppo del sistema nervoso, si verifica prima una sovrapproduzione di cellule nervose seguita da un periodo in cui molte cellule muoiono” afferma Nancy Forger che ha guidato la ricerca “dal 20% all'80% dei neuroni, che sono stati inizialmente generati, muoiono”.

Il responsabile della strage sarebbe proprio il testosterone che scatenerebbe la morte programmata, o apoptosi, delle cellule nervose. In altre parole, l'ormone indurrebbe al suicidio i neuroni di alcune regioni del cervello.

Maschi e femmine uguali. I ricercatori hanno esaminato il cervello di alcuni topi privati del gene Bax, coinvolto proprio nell'apoptosi, è non hanno trovato alcune differenze nelle due regioni abitualmente diverse tra i sessi. Sembra dunque che il testosterone non sia l'unico responsabile della “potatura” del cervello. La proteina Bcl-2 che promuove la sopravvivenza delle cellule e Bax che invece guida la loro autodistruzione sarebbero direttamente coinvolti nel modellamento del nostro sistema nervoso. Il prossimo passo? Seguire i topi transgenici nel loro sviluppo, per capire se le mancate differenze neuronali si ripercuoteranno anche nel loro comportamento.

(Notizia aggiornata al 10 settembre 2004)

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La super tela del ragno: metallica e resistentissima
Tratto da " Focus"


Un solo filo della tela di ragno modificata sostiene 27,5 gr. (© foto Max Planck Institute)

Un nuovo processo messo a punto in Germania permetterà di indurire sostanze naturali di origine proteica. L’obiettivo è quello di realizzare materiali chirurgici e ossa sintetiche leggere e resistenti.(Franco Severo, 11 maggio 2009)

La tela dell’uomo ragno esiste: è più leggera dell’acciaio e molto più resistente. L’ha realizzata un team di ricercatori tedeschi del Max Planck Institute di Halle, aggiungendo ioni di zinco, titanio e alluminio alla seta naturale prodotta da un ragno. Gli ioni metallici, anche se in piccolissime quantità sono normalmente presenti in artigli, denti e pungiglioni, che devono essere resistenti e forti. Gli scienziati tedeschi sono riusciti ad aggiungere queste sostanze alla tela di un regno grazie ad un metodo noto come atomic layer deposition (deposizione atomica di strati) comunemente utilizzato per rivestire alcune sostanze solide.
Bagno di gas. Il materiale da ricoprire viene alternativamente esposto all’azione di due gas che interagiscono tra loro. Il primo avvolge il materiale e deposita su di esso un sottile film di atomi, questo strato cattura le molecole di un secondo gas e le trattiene così da formare un secondo strato di rivestimento. Il processo può essere ripetuto più volte, così da avere più pellicole alternate di film atomici diversi.

Ragno metallizzato. Mato Knez, responsabile del progetto, e i suoi colleghi sono andati oltre: hanno fatto penetrare i gas all’interno della tela del ragno così da farli legare alla struttura proteica di cui è formata. Il risultato ottenuto è un materiale dalle prestazioni fisiche e meccaniche di gran lunga superiori a quelle della sostanza di partenza. Obiettivo degli scienziati è ora quello di applicare questo processo ad altre proteine e mettere a punto altri supermateriali da utilizzare per la realizzazione di tessuti extrastrong, fili di sutura e anche ossa sintetiche di nuova concezione.

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Psicologie e scienze cognitive
Tratto da " Le Scienze"

Il silenzio dei neuroni

Perché ci addormentiamo? Forse perché parti del nostro cervello sono già assopite. Questo sonno non sarebbe guidato da un centro cerebrale specifico, ma da gruppi di cellule nervose che si disattivano indipendentemente dopo un intenso lavoro. Di Joachim Marschall
La nostra necessità di dormire rimane un enigma. Certo è che il riposo notturno è vitale per l'organismo, e privarsene va a scapito della nostra salute, forse perché abbiamo bisogno di alcune fasi di stacco affinché il sistema immunitario si attivi e le nuove connessioni tra le cellule cerebrali si stabilizzino.
La scienza ancora non sa spiegare che cosa succede dentro la nostra testa quando ci addormentiamo, e fino a poco tempo fa il sonno era considerato uno stato riguardante l'intero cervello: o siamo svegli, o dormiamo.
Recentemente è nata una teoria che mette in discussione questa concezione, secondo la quale singole regioni del cervello possono addormentarsi indipendentemente. L'ha proposta non molto tempo fa un gruppo di studiosi del sonno, guidati da James Krueger e Jaak Pankseep, della Washington State University a Pullman.

(22 luglio 2009)

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