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La pratica dell'omosessualità per un cattolico convinto è cosa buona è giusta?

Ultimo Aggiornamento: 05/01/2011 12:08
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Come promesso anch'io mi accingo partecipare a questa discussione, che sfortunatamente non è riuscita a tenere fede al suo obiettivo di parlare in astratto senza fare processi alle singole persone. Cercherò dunque di tirare quelle che mi sembrano le fila del discorso. C'è chi ha affermato che sarebbe lecito contestare una dottrina non infallibile, ma tuttavia non sarebbe lecito violare nella pratica quella dottrina e che occorrerebbe dunque attenersi alle disposizioni anche se non infallibili della Chiesa finché esse non vengano modificate. A questo proposito si replicherà che la divisione tra le dottrine infallibili e non infallibili non esiste per divertimento, ma proprio per il fatto che la Chiesa non si impegna nel caso di dottrine fallibili a dire che quella è certamente la verità. C'è dunque il rischio che una persona viva ottant'anni seguendo una ipotetica dottrina di castità, per poi sentirsi dire, quando è ormai giunto nella vecchiaia e ha rinunciato all'amore nella sua giovinezza, che quella dottrina era sbagliata e dunque agli occhi di Dio non sarebbe stato un peccato se lui avesse amato. Questa situazione è semplicemente aberrante, e ricorda molto quella dei testimoni di Geova con i trapianti d'organo. Sul sito di Achille c'è la testimonianza di una persona che per aver accettato un trapianto di cornea negli anni in cui testimoni di Geova vietavano i trapianti è stata disassociata, ma che poi, una volta che l'intendimento fu modificato, si è visti arrivare i suoi ex-confratelli all'uscio di casa per dirgli che l'intendimento era appena cambiato, e dunque poteva essere riammessi in congregazione. Quella persona ovviamente non è diventata nuovamente testimoni di Geova, rendendosi conto che se avesse ascoltato gli intendimenti della Torre di Guardia a quell'ora sarebbe diventata cieco, e avrebbe rinunciato alla vista nel nome di una dottrina fasulla: beh, per alcuni l'amore può essere anche più importante della vista.
La differenza tra la Chiesa cattolica è la Torre di Guardia e che la Chiesa cattolica non ti scomunica, non ti espelle, se vai contro un intendimento suo che non è coperto dall'infallibilità, mentre tra i testimoni di Geova nulla è infallibile, e infatti lo schiavo dice di non essere ispirato, e che dunque tutto potrebbe cambiare, eppure tutto è obbligatorio. Sebbene dicano di non essere infallibili, scomunicano chi non si attiene ai loro comandamenti, che essi stessi però hanno definito non infallibili. Questa è una contraddizione clamorosa in cui non cade la Chiesa cattolica, infatti non scomunica chi sia in dissenso su punti non coperti dall'infallibilità.
Questa argomentazione da me presentata porta però a una conseguenza che in logica si chiama “argomento del pendio sdrucciolevole”. Vale a dire che se iniziamo a dire che qualsiasi cosa non coperta dall'infallibilità potrà modificarsi, allora la condanna dell'omosessualità potrebbe non essere l'unica dottrina che in futuro cambierà, e dunque un cattolico potrebbe violare anche altre cose e continuare a dire che è cattolico. Bisogna dunque innanzitutto renderci conto di quali sono queste dottrine aleatorie che potrebbero cambiare, visto che qualcuno, evidentemente spiritoso, ha pensato di dire che la condanna dell'omicidio, o del furto, non è coperta dall'infallibilità.
Qui c'è un equivoco di fondo: quando ho detto che c'è un magistero infallibile che sta nelle definizioni di morale e di fede all'interno dei concili ecumenici, e che esiste anche un magistero fallibile che sta al di fuori di ciò, non stavo certo dicendo che tutto ciò che deve credere un cattolico si limiti ai pronunciamenti fallibili o infallibili che siano della Chiesa. Infatti la parola di Dio non si limita alla tradizione, cioè ai pronunciamenti della Chiesa, in seno al cattolicesimo, bensì c'è anche tutta la Bibbia, che dalla prima all'ultima parola considerata comandamento di Dio. L'omicidio, il furto, e altre cose elencate, sono condannate nel decalogo, e dunque su di essi vige una condanna infallibile che non ha nulla a che vedere col fatto che la Chiesa si sia pronunciata o meno su di essi. Si potrà però replicare che i cattolici non applicano qualsiasi comandamento scritto nella Bibbia, soprattutto quelli presenti nell'antico testamento che ripugnano la nostra coscienza, ad esempio delle leggi arcaiche sulla schiavitù, e sulla modo corretto di vendere le proprie figlie. Una risposta protestante questa argomentazione sarebbe che i cristiani non sono sotto la legge mosaica, come San Paolo spiega, per la banalissima ragione che non sono ebrei, e non perché la legge mosaica sia stata abolita, infatti non lo è. Sicché è un comandamento della legge mosaica sarebbe valido per il cristiano soltanto si fosse recepito anche all'interno del nuovo testamento. Questa però, come ripeto, è una risposta protestante. La risposta cattolica invece è che la parola di Dio è infallibile, ma soltanto la Chiesa ha le chiavi per interpretarla, e dunque soltanto la Chiesa ti può dire quale lo spirito che stava dietro certe comandamenti. Ad esempio un’ipotesi è che nel passo del Levitico che condanna uomini che giacciono con altri uomini, lo spirito nascosto dietro al testo sarebbe che in quei passi l’agiografo stesse in realtà parlando degli uomini che si prostituivano nei templi, cioè della prostituzione sacra. Questa mia osservazione è molto interessante perché se dico che la parola di Dio è infallibile, ma soltanto la Chiesa può interpretarla, allora automaticamente mi si dovrebbe chiedere perché non dovrebbe essere corretta l'interpretazione che la chiesa dà oggi dell'omosessualità ,desumendo questa condanna da alcuni passi che sembrano condannare l'omosessualità.
La risposta, assai ovvia, e che i pronunciamenti della Chiesa che spiegano la Bibbia sono anch'essi divisi tra pronunciamenti fallibili e pronunciamenti infallibili. Vale a dire che per alcuni passaggi della Bibbia, la Chiesa ha dato un'interpretazione infallibile, come ad esempio del passo del Vangelo di Matteo in cui Gesù conferisce il primato a San Pietro, che è stato oggetto di più di un concilio ecumenico. Dobbiamo dunque chiederci se i comandamenti presentati nel decalogo ricadano sotto questa casistica, vale a dire se la Chiesa in concili ecumenici abbia decretato che essi sono validi anche per il cristiano. La risposta è si.
Come ricorda anche il Catechismo, il Concilio di Trento insegna che i dieci comandamenti obbligano i cristiani e che l'uomo giustificato è ancora tenuto ad osservarli. Si leggano questi canoni:

19. Chi afferma che nel Vangelo non si comanda altro, fuorché la fede, che le altre cose sono indifferenti, né comandate, né proibite, ma libere; o che i dieci comandamenti non hanno nulla a che vedere coi cristiani: sia anatema.
20. Se qualcuno afferma che l’uomo giustificato e perfetto quanto si voglia non è tenuto ad osservare i comandamenti di Dio e della chiesa, ma solo a credere, come se il Vangelo non fosse altro che una semplice e assoluta promessa della vita eterna, non condizionata all’osservanza dei comandamenti: sia anatema.
(Concilio di Trento, Sess. 6a, Decretum de iustificatione, canoni 19-20)

possiamo dunque dire che il “non uccidere!” è una dottrina cattolica infallibile, sebbene non sia un dogma della Chiesa bensì un comandamento biblico, e possiamo dire che un comandamento biblico perché la Chiesa, che è l'unica interprete ufficiale delle scritture, si pronuncia infallibilmente in un concilio ecumenico su questo argomento, di cui io vi ho portato solo due canoni, ma che ha trovano nel testo conciliare una dissertazione molto lunga.
Una prima risposta al quesito precedente, cioè perché non s’è tenuti ad osservare tutto quello che il magistero ordinario non universale interpreta nella Bibbia, potrebbe dunque consistere nel dire che se anche la Chiesa attuale traesse una condanna dell'omosessualità da alcuni versetti della Bibbia, tuttavia questa interpretazione biblica non è coperta da infallibilità perché nessun concilio ne tratta, vale a dire non è mai stata portata a tema o anatemizzata una posizione contraria. Ed è naturale che sia così, visto che il concetto di omosessualità ha soltanto due secoli, e dunque la Chiesa non poteva pronunciarsi sull'omosessualità per la banalissima ragione che non sapeva che esistesse. Nel mondo antico non c'era l'idea di "orientamento sessuale", si credeva per ciò che chi andava a letto con un altro uomo lo facesse per vizio, e dunque la trasgressione stava nel fatto che pur essendo "eterosessuali” queste persone andavano senza alcun motivo a letto con persone dello stesso sesso. Inoltre, è errato dire che la Chiesa attuale tragga la sua condanna dell'omosessualità dalla lettura di alcuni passi della Bibbia. Le motivazioni cattoliche sono più che altro prese da argomenti di antropologia filosofica, anche se è vero che alcuni ecclesiastici, non particolarmente conosci del problema che ho appena menzionato di cui parla nei testi biblici, si illudono di trovare una condanna dell'omosessualità nella Bibbia, non rendendosi conto che San Paolo non sapeva neppure cosa fosse un omosessuale, e che stava solo condannando dei festini orgiastici così tipici nel mondo romano. Non è dunque corretto dire che tutti gli ecclesiastici usino questi versetti per condannare l'omosessualità, ad esempio il cardinale Carlo Maria Martini, che forse è il maggior neotestamentarista cattolico, in “Conversazioni notturne su Gerusalemme Sul rischio della fede “ha dichiarato: "non mi sarebbe mai venuto in mente di giudicare le coppie omosessuali. l’omosessualità condannata dalla Bibbia era motivata dalla prassi problematica dell’antichità, quando gli uomini avevano, accanto alla famiglia, amanti di sesso maschile, a volte anche ragazzi. Nel rapporto con l’omosessualità, tuttavia, nella chiesa dobbiamo rimproverarci di essere spesso stati insensibili".

Esistono poi dottrine che sono vincolanti anche se non sono dei dogmi definiti, vale a dire le dottrine del cosiddetto magistero ordinario universale. Le dottrine del magistero ordinario universale sono quelle dottrine insegnate da tutti i vescovi collegialmente che, secondo una nota definizione, sono state insegnate sempre, ovunque, e da tutti. Ciò significa che anche altri comandamenti etici che sono ben noti in casa cattolica, e che stanno fuori dal decalogo, devono essere osservati come vincolanti. La definizione di magistero ordinario universale che dà il Concilio Vaticano I è la seguente:

“"Con fede divina e cattolica deve credersi tutto ciò che è contenuto nella parola di Dio scritta o tramandata, e che è proposto dalla chiesa come divinamente rivelato sia con giudizio solenne, sia nel suo magistero ordinario universale".

Ora possiamo chiederci se la condanna dell'omosessualità rientra in questa seconda tipologia di magistero: la risposta è no. La prima motivazione che la condanna dell'omosessualità non ha affatto l'antichità che si pretende. Come già detto la dottrina per far parte di questo tipo di magistero dovrebbe essere la dottrina creduta da sempre, ma, come ripeto, l'omosessualità è un concetto che ha meno di due secoli, motivo per cui tutte le dichiarazioni della Chiesa negli ultimi 2000 anni che parlano di uomini che giacciono con uomini non sono attinenti con l'omosessualità, e vanno inquadrate nella prospettiva secondo cui questi padri della Chiesa condannano ciò che vedono, o meglio ciò che credono di percepire, cioè rapporti viziosi di uomini eterosessuali che nonostante questo scelgono di andare per vizi con altri uomini. La loro condanna, una volta inquadrate nel suo contesto, resta tutt'ora valida, ma ovviamente non ha alcuna attinenza col problema di cosa debbano fare gli omosessuali, che sono una categoria sconosciuta alle antiche fonti ecclesiastiche.
Il Concilio Vaticano II inoltre illustra in maniera precisa il Magistero ordinario ed universale e stabilisce le condizioni per le quali un istruzione sia infallibile :

“Quantunque i vescovi, presi a uno a uno, non godano della prerogativa dell'infallibilità, quando tuttavia, anche dispersi per il mondo, ma conservando il vincolo della comunione tra di loro e col successore di Pietro, si accordano per insegnare autenticamente che una dottrina concernente la fede e i costumi si impone in maniera assoluta, allora esprimono infallibilmente la dottrina di Cristo. La cosa è ancora più manifesta quando, radunati in Concilio ecumenico, sono per tutta la Chiesa dottori e giudici della fede e della morale; allora bisogna aderire alle loro definizioni con l'ossequio della fede..” (LG 25)

Cinque condizioni dunque: 1. Una azione collegiale. 2. In quanto "giudici". 3. Al servizio della fede dell'assemblea della Chiesa (cioè ascoltando il sensum fedelium) . 4. Riguardante la fede ed il costume 5. Un insegnamento consapevolmente imposto come ' definitivo' .

non esiste alcun pronunciamento della Chiesa che riguardi collegialmente vescovi a proposito dell'omosessualità che rispetti tutte queste cinque caratteristiche, motivo per cui non esiste una condanna dell'omosessualità né nella Bibbia, né nel magistero ordinario universale dei vescovi, né nel magistero infallibile del papa.

Tornando dunque al punto di partenza, possiamo dire che ci potremmo trovare nella prospettiva di vedere una persona che arrivi ad 80 anni, e si senta dire che ha rinunciato al legittimo diritto di amare per tutta la vita nella falsa idea che questo sarebbe dispiaciuto a Dio. Davanti a una prospettiva del genere, si capisce bene perché, essendo la questione di massima importanza, una persona debba agire in autonomia e poi vedersela con Dio. È vero che non si potrà mai sapere se una dottrina non infallibile cambierà o meno, ma proprio perché non si potrà mai sapere, una persona deve prendere la propria risoluzione e seguire la propria coscienza; se è davvero convinto che quello che egli professa è giusto, allora davanti al creatore non avrà nulla da temere, perché sarà automaticamente convinto che troverà Dio d'accordo con la propria posizione. Si tratta cioè di un passaggio dall'etica etero-noma, cioè la legge imposta dall'esterno, ad una legge auto-noma, vale a dire l'essere legge a se stessi. Del resto dice San Paolo che “Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé; contro queste cose non c'è legge.” (Gal 5,22) Già, non c’è legge contro l’amore, e dunque l’unico problema è far capire a qualcuno che qui di amore si tratta, amore che non danneggia alcun altro, e dunque è ben diverso dall’amore di un adultero per una sua nuova fiamma, che ferirà la moglie tradita.
l'omosessuale che faccia questa scelta d’amore sa che egli non è fuori della Chiesa perché non sta violando alcune dottrine infallibile, e sa altrettanto che se sta sbagliando ne risponderà a Dio. L'unica cosa di cui non si può accusare e di essere incoerente, perché non è una dottrina della Chiesa ciò che sta violando dal suo punto di vista, bensì una dottrina del clero, e neppure di tutto il clero bensì soltanto del clero di una determinata contingenza storica, non essendo quella dottrina coperta dall'infallibilità e dunque non essendo etichettabile come dottrina della Chiesa tout court. Il discorso che è stato portato avanti di un prete sposato che contesta il celibato e si sposa è del tutto diverso, perché non si sceglie di essere omosessuali mentre al contrario si sceglie di essere preti. E soprattutto si sceglie di essere preti casti. Nella Chiesa cattolica ch sono ben 18 riti, ed è il rito latino a chiedere la castità, non qualsiasi rito. In teoria una persona che voglia ordinarsi prete all’interno della Chiesa cattolica può sposarsi e farsi ordinare secondo il rito greco, che tra l'altro è presente anche in Italia. Ma se anche non esistesse la possibilità per nessun prete cattolico di sposarsi, ciò che conta è che è stato quel presbitero stesso a scegliere di fare voto di castità, e dunque il peccato consisterebbe nell'infrangere una decisione che lui stesso aveva preso. Al contrario l'omosessuale non ha fatto voto di castità né ha scelto di essere omosessuale. San Paolo riconosce che non tutti sono tagliati per la castità, e infatti dice che sebbene sarebbe meglio fossero con lui, cioè casti, tuttavia è meglio sposarsi che ardere, dunque gli riconosce le debolezze umane, riconosce che non sono necessariamente controllabili, e che è dunque del tutto lecito per una persona sposarsi qualora non abbia la vocazione alla castità. Il problema è che la Chiesa cattolica non concede di sposarsi agli omosessuali, ma il discorso di Paolo resta valido, vale dire che non tutti sono tagliati per la castità.
Se dunque il eterosessuali è offerta per la debolezza non controllabile della propria anima, che è poi la debolezza del maggior parte degli uomini, la possibilità di sposarsi, si dovrà concedere agli omosessuali un'analoga via per poter usufruire la propria sessualità, visto che non si vede proprio perché se san Paolo concede agli eterosessuali che non necessariamente siano tagliati per la castità, per i gay debba essere diverso. Quest’altra via da concedere ai gay, sarà però fuori dal matrimonio, che è un’istituzione eterosessuale. Una simile via va ancora ricercata e messa a punto nella speculazione teologica, ed è quella cui i nostri teologi stanno lavorando.
Si pone poi il problema, appurato il fatto che l'omosessualità non fa dei danni a terzi, se l'omosessualità fa dei danni a se stessi. In questo senso è stato giustamente detto che la Bibbia condanna la fornicazione come qualcosa che svilisce il proprio corpo in quanto tempio dello spirito Santo. Il problema, cari amici, e che la parola fornicazione non esiste nella Bibbia in quanto essa fu scritta in greco. Anche la sola parola italiana fornicazione si presta a 1000 interpretazioni, e non necessariamente a quella a cui sono stati abituati alcuni di voi dai testimoni di Geova, i quali chiamano fornicazione il “sesso fuori dal matrimonio”. In greco la faccenda è ancora più complessa. Chi è stato testimone di Geova si illude che il Vangelo di Matteo metta in bocca a Gesù una frase secondo cui sarebbe lecito divorziare in caso di "fornicazione", cioè, nell'esegesi di alcuni, in caso di adulterio. Gli esegeti cattolici sostengono invece che il termine greco “porneia” si riferisca ad unioni illecite proibite dalla Torah, come ad esempio quella incestuosa. Il versetto non starebbe cioè dicendo che se una persona tradisce il coniuge allora il coniuge è autorizzato a divorziare, bensì il versetto sta dicendo che se due persone che sono parenti stretti si sposano, allora quel matrimonio è un'unione illecita e quindi può essere sciolto perché non è mai avvenuto. La prassi cattolica infatti ancora oggi annulla i matrimoni qualora si scopra che quando furono celebrati non era lecito che si celebrassero, in questo caso infatti non si tratta di un vero annullamento di un matrimonio, bensì di un decretare che il matrimonio in realtà non è mai avvenuto. Motivo per cui quando si dice che la Bibbia condanna la fornicazione, bisogna rendersi conto che in realtà stiamo usando delle parole che nella Bibbia non esistono e forse il testo sacro stava condannando tutt'altro.
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Ά όταν έκτιζαν τα τείχη πώς να μην προσέξω.
Αλλά δεν άκουσα ποτέ κρότον κτιστών ή ήχον.
Ανεπαισθήτως μ' έκλεισαν απο τον κόσμο έξω
(Κ. Καβάφης)
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