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"Viaggiando" nella Bibbia..cosa si "Scopre"?..cosa dicono gli Esegeti?

Ultimo Aggiornamento: 27/06/2013 17:09
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[SM=g6198] [SM=g6198] CAP. VIII (terza parte) [SM=g6198] [SM=g6198]


Sapienza:

Ansia di vivere..
Necessità di morire..





5. La fede in Dio squarcia il velo che nasconde il futur
o

La coscienza critica della realtà cresce e il problema diventa sempre più grave:
qual è il futuro che ci aspetta?
La morte o la vita?

Le promesse del passato, dirette ad Abramo, si concretizzavano in proposte di felicità terrena:
popolo, terra, benedizione (Gen. 12, 1-3).

Dio lo aveva promesso e nessuno dubitava della sua fedeltà nel compiere le promesse.

Ma la realtà era proprio l'opposto;
invece di raggiungere il futuro promesso da Dio, i giusti soffrivano sempre più l'oppressione (Eccle. 4, 1-2), mentre quelli che non si curavano di Dio se la passavano bene (Eccle. 8, 10).

La situazione concreta di ogni giorno sembrava negare la giustizia di Dio e contraddire la sua fedeltà.

L'Ecclesiaste aveva dunque ragione.
Perché allora continuare a credere in questo Dio?

Il conflitto fra fede e realtà, che ne derivava, li minacciava di disperazione totale.

Metteva in dubbio la vita, la morte, Dio, e ogni altra cosa.

Il problema si presentava in questi termini:
il bene presente non totalizza né colma il desiderio di vita e di felicità suscitato dalla promessa.

Invece di vita e di felicità, la promessa aveva portato la frustrazione e la delusione.

L'espressione della crisi è vivamente descritta nel libro dell'Ecclesiastico.

Ma la situazione di conflitto tra fede e realtà, espressa e accresciuta dalle riflessioni dell'Ecclesiaste) sboccò in una nuova conquista.

La crisi fu causa del loro bene, perché li spinse a cercare nuove soluzioni.

La nostalgia di Dio e la fede nella sua fedeltà e giustizia furono più forti dell'apparente contraddizione della realtà.

Se Dio ha promesso, deve pure esistere un mezzo per vedere la promessa realizzata.

Se la vita presente nega la promessa, a causa delle contraddizioni e della morte, Dio deve pure essere più forte della morte, deve pure avere una potenza tale da conservare la vita degli uomini anche dentro la morte.

L'audacia della fede portò a spezzare la barriera della morte che stava soffocando la speranza.

A causa della loro fede nel Dio forte e fedele, riuscirono a rompere il circolo chiuso delle riflessioni e si aprirono alla realtà più vasta di una vita con Dio, per sempre, garantita dalla potenza e dalla fedeltà di Dio.

Nasce la fede nella resurrezione dei morti e nella vita con Dio dopo la morte.

Non fu un decreto a rivelare questa verità, ma la dolorosa riflessione dell'uomo, dal tempo di Abramo fino agli ultimi secoli prima di Gesù Cristo.

Le prime timide espressioni di speranza in una vita senza fine appaiono nei Salmi lO, 7; 16, 15; 22, 6; 26, 4.

Soprattutto il Salmo72 offre una formulazione più nitida di quello che cominciava a delinearsi nella mente dei sapienti:
veramente in mezzo alla mia amara rivolta, io mi comportavo come un animale, senza la coscienza di stare vicino a Te:
la tua mano mi difende, la tua provvidenza mi guida, e mi introduce nella felicità.

Perché, di fatto, che cosa può bastarmi sia in cielo come in terra, se io sto lontano da te, Signore?
Possono assalire il mio corpo e spezzarmi il cuore.

Ben altro è il fondamento della mia vita!
Il futuro che mi aspetta è Dio eterno.

Lontano da te non mi riesce vivere.
L'infedeltà verso di te è l'inizio della morte.
La felicità s'incontra camminando verso il Signore.

La certezza della mia vita è Dio per sempre» (Sal. 72, 21-28).

La fede infonde il coraggio di affrontare la realtà presente, e la pretesa sembra a prima vista assurda, ma alla fine, s'illumina:
è giusto sperare, perché Dio risuscita l'uomo.

L'espressione chiara di questa verità la incontriamo nel libro della Sapienza (capp. 1-5), là dove parla del destino degli uomini:
Le anime dei giusti (che sono morti) stanno nelle mani di Dio e nessun tormento le raggiungerà.

Sembra che siano morti agli occhi degli insensati; il loro passaggio è giudicato una disgrazia e la loro morte una distruzione, ma essi stanno veramente nella pace... Dio li ha provati e li ha trovati degni di sé (Sap. 3, 1-3.5).
Si tratta di una importantissima conquista, lungo la strada della vita.


Più tardi nel Nuovo Testamento, Cristo verrà a completare ciò che i sapienti avevano insegnato della vita dopo la morte, sulla vita che non muore, ma vince con la forza della fede e con la speranza.

A causa della fede, la vita che non muore e che vince la morte è già una realtà.

Il futuro è già in atto, già si trasforma, fa risorgere il mondo e l'umanità dai disastri del male e della morte.

Credere nella vita che non muore è credere alla possibilità di rinnovamento del mondo:
da vecchio diventerà nuovo.




6. Considerazioni finali

Da tutto quanto abbiamo detto, traspare un'esperienza umana molto profonda e molto nostra.
Nessuno riesce a vivere solo.

Ogni uomo ha bisogno di far dipendere il suo Io da qualcuno che lo sostiene e che gli dà coscienza del suo valore e gli fa sentire la soddisfazione di fare qualcosa di utile.

Le sue forze ne sono motivate.

Molti fanno dipendere il loro lo dalla forza dell'amicizia che «e-duca» e dalla forza dell'amore umano.
Ma, pensandoci bene, ogni uomo sa che un giorno l'altro uomo morirà.

Se cade il sostegno, cade pure chi a lui si appoggiava.
L'amicizia e l'amore umano non sono così forti da poter vincere la morte.

Chi prende coscienza dei suoi limiti cerca di far dipendere il suo lo da qualcosa che oltrepassi la morte e lo faccia 'sopravvivere:

1/ dal lavoro e dal contributo al bene comune, perché il suo contributo continua ad esistere ed anche dopo la morte può essere una maniera di sopravvivere, ma l'Io sparisce nella collettività del gruppo e non esiste più.
Così pensavano anticamente i vecchi egizi ani e fu proprio la forza della speranza in una sopravvivenza nell'opera realizzata in vita che li portò a costruire le piramidi, ancora oggi in piedi.
Senza dubbio è un modo di sopravvivere.

2/ Dalla razionalità, che fa della vita un assurdo e chiede all'uomo di accettarla così; sarebbe davvero uomo colui che riuscisse a conformarsi all'assurdo della vita, accettando di vivere per poi sparire, tranquillamente nell'ora della morte.

3/ Dai figli, che continuano la vita e prolungano il nome del padre;
è un'occasione di sopravvivenza, in cui però l'Io sparisce.
La conquista della vita attraverso la procreazione è arrivata a degenerare nel culto della fertilità, praticato dai popoli della Palestina nei tempi antichi.


Tutte queste forme di sostenere l'Io e dargli continuità, perché la vita abbia un senso, con l'andare del tempo non soddisfano più, perché l'Io, la persona che interroga e vuol vivere, sparisce.

Nella Bibbia, questo circolo chiuso, dentro il quale l'uomo non trova via d'uscita per sopravvivere, si spezza.

Una Voce gratuita raggiunge l'uomo, voce che viene da una sfera di vita che non è più soggetta alla morte.
Una voce di amore, che stabilisce un dialogo.

La voce di Dio, che chiama ciascuno per nome, sveglia l'uomo e gli fa intuire una forza che lo fa vivere e che è capace di restituirgli la viti nell'ora della morte.

È la forza dell'amore e dell'amicizia, che chiama l'altro per nome e lo valorizza; questa forza sarà sempre vitale, perché l'amore, intuito e vissuto, è un amore eterno.

L'uomo si e messo a parlare con Dio e Dio ha svegliato in lui la volontà di vivere, e adesso che è aperto e mosso dall'amore di Dio, vuole andare oltre la morte e vivere sempre.

Desiderio giusto e normale, confermato più tardi dalla risurrezione di Cristo.

Solo questa amicizia e questo amore sono capaci di dare valore di eternità ad ogni amore e ad ogni amicizia umana.

Niente si perde.
Tutto diventa espressione della fede e della speranza, che fanno vivere per sempre.




SEGUE..



una stretta di [SM=g1902224]



Pierino




contatto skype: missoltino 1
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